Ogni domenica 'La Voce di Genova', grazie alla rubrica ‘Gen Z - Il mondo dei giovani’, offre uno sguardo sul mondo dei ragazzi e delle ragazze di oggi. L'autrice è Martina Colladon, laureata in Scienze della Comunicazione, che cercherà, settimana dopo settimana, di raccontare le mode, le difficoltà, le speranze e i progetti di chi è nato a cavallo del nuovo millennio.
I social network hanno rivoluzionato il modo in cui interagiamo, informiamo e intratteniamo. Ma se da un lato offrono opportunità, dall’altro stanno diventando sempre più un ambiente tossico, difficile da gestire e pericoloso, soprattutto per le fasce più giovani.
Uno dei problemi principali è la mancanza di controllo sui contenuti. Video violenti, immagini inappropriate, disinformazione e messaggi d’odio si diffondono rapidamente, raggiungendo anche chi non ha ancora gli strumenti per comprendere e difendersi da certi messaggi. Spesso i social sono frequentati da bambini o adolescenti senza una supervisione adeguata, esposti a contenuti che possono influenzare la loro percezione della realtà in modo distorto.
Un altro aspetto critico è il ruolo degli influencer. Se una parte di loro sta cercando di promuovere messaggi positivi, la maggioranza alimenta un ciclo infinito di consumismo e standard irrealistici. Dai prodotti di lusso alle diete miracolose, il messaggio implicito è sempre lo stesso: “Se vuoi essere accettato, devi avere questo, sembrare così, vivere in questo modo.” Questo porta a un’insicurezza diffusa, specialmente tra i più giovani, che si trovano costantemente a confrontarsi con vite perfette e inarrivabili.
Forse l’aspetto più inquietante dei social è la cattiveria gratuita che si manifesta nei commenti, nei video di derisione e negli attacchi personali. L’anonimato e la distanza dello schermo danno a molti il coraggio di dire cose che mai direbbero nella vita reale.
Il problema è che spesso si pensa che la negatività nei social sia causata solo dai giovani, ma in realtà molti commenti offensivi e denigratori arrivano anche da adulti. Non è raro vedere persone più grandi sminuire o insultare i più giovani, sottovalutando i loro problemi e attaccandoli in modo personale. Frasi e commenti si trasformano spesso in critiche distruttive e offensive che, invece di stimolare un confronto, alimentano solo una spirale di odio e divisione generazionale.
Il body shaming, gli insulti gratuiti e le critiche possono avere conseguenze gravi: ansia, depressione, isolamento e, nei casi più estremi, anche spingere a gesti estremi. I numeri di vittime legate al cyberbullismo sono in crescita, ma il problema è che molti continuano a considerarlo qualcosa di meno grave rispetto al bullismo “reale”. La verità è che le parole possono ferire tanto quanto (o persino più di) un pugno, e ignorare questa realtà non fa altro che peggiorare la situazione.
Affrontare la tossicità dei social non è una responsabilità solo delle piattaforme: anche la scuola e le famiglie hanno un ruolo fondamentale. I genitori dovrebbero educare i figlia un uso consapevole della rete, insegnando loro a riconoscere i pericoli, a non cadere nelle trappole dei contenuti dannosi e a sviluppare un senso critico verso ciò che vedono online. La scuola, dal canto suo, dovrebbe integrare l’educazione digitale nei programmi scolastici, fornendo strumenti per navigare il mondo virtuale in modo più sicuro e responsabile.
Per ridurre la tossicità dei social, servirebbe un monitoraggio più rigido sui contenuti e sui commenti, ma anche un impegno collettivo: piattaforme più attente, utenti più consapevoli e un’educazione che parta dalla famiglia e dalla scuola. I social non spariranno, ma possono (e devono) diventare un luogo più sicuro per tutti.