Attualità - 26 marzo 2025, 12:00

Il Comune disegna il futuro di Marassi sul libro dei sogni: promesse, demolizioni e ‘ricuciture urbane’, ma resta il nodo dei soldi e del confronto con chi vive il quartiere

Nel masterplan approvato dalla giunta del candidato sindaco Piciocchi si immagina un quartiere con Skymetro, nuovo stadio, spazi del carcere riqualificati e senza l’istituto ‘Firpo-Buonarroti’. Tutto sulla carta e in pasto alla campagna elettorale

Un po’ visione del futuro, un po’ libro dei sogni. La delibera di giunta numero 44 disegna la Marassi che verrà, quella che, nelle intenzioni del centrodestra genovese, vedrà passare lo Skymetro lungo il Bisagno, uno stadio ridisegnato, la nuova viabilità all’insegna della ‘città dei 15 minuti’, il tutto sotto il grande tetto della “ricucitura urbana”. Altra cosa sono i tempi, le priorità, il confronto con i cittadini che tutti i giorni vivono il quartiere e quotidianamente attraversano quelle strade ora al centro dei piani comunali.
In città c’è aria di campagna elettorale, ma intanto le intenzioni dell’amministrazione ora sono nero su bianco nel masterplan analizzato dalla giunta.

Lo Skymetro

Il cuore del progetto (e della narrazione del Piciocchi candidato sindaco) è lo Skymetro: la nuova infrastruttura sopraelevata (per ora solo sulla carta) di trasporto pubblico locale, lunga circa sette chilometri, da Brignole fino alle Gavette, con fermate intermedie a Sant’Agata, Stadio, Parenzo, Staglieno. È diversa da come era stata presentata, adesso è più corta e i costi stanno lievitando. Ma si tira dritto. Sempre sulla carta.
Nelle intenzioni, lo Skymetro si affianca agli “Assi di Forza” della mobilità cittadina: linee preferenziali per autobus elettrici, ricariche rapide, priorità semaforiche. Un sistema progettato nato con l’intenzione di decongestionare il traffico e favorire il trasporto collettivo.
Funziona, ancora e sempre sulla carta. Nella realtà, però, restano da chiarire l’impatto ambientale e visivo dell’opera (che corre sopraelevata lungo l’asse del Bisagno) e la capacità di integrarsi davvero con la vita urbana. Ogni fermata promette una piazza, un giardino, un’occasione. Ma chi frequenta Marassi sa quanto sia difficile trasformare una promessa in spazio pubblico vivo e vivibile.

Il carcere

Uno dei passaggi più significativi del piano riguarda il carcere di Marassi. Edificio imponente e centrale, oggi rappresenta una cesura materiale e simbolica nel tessuto del quartiere. Il Comune propone di delocalizzarlo, di liberare le mura, di restituire l’area alla città. La nuova destinazione? Un mix di funzioni pubbliche: spazi sportivi, laboratori, verde attrezzato, forse un campus universitario.
È un’idea di largo respiro, ma priva (per ora) di concretezza. Non è noto dove verrà costruito il nuovo carcere, né con quali risorse, né in che tempi. Anche la brevissima discussione sul tema in consiglio regionale ha fatto emergere tutte le lacune di un’idea che ha ancora bisogno di lavoro. La riconversione dell’edificio, soggetto a vincoli storici, sarà lunga e complessa. E intanto, la sua presenza continua a segnare il quartiere.

Lo stadio

Altro nodo cruciale: lo stadio ‘Luigi Ferraris’. Il masterplan lo definisce “polarità urbana” e ne prevede la riqualificazione in chiave multifunzionale: non solo calcio, ma anche cinema, palestre, biblioteca, commercio. L’obiettivo è trasformare lo stadio in un polo di aggregazione, capace di dialogare con il quartiere e di vivere anche nei giorni senza partite. Il rischio, però, è doppio. Da un lato, snaturare un simbolo della città in nome della multifunzionalità; dall’altro, fermarsi a un maquillage che non affronta le criticità strutturali e urbanistiche dell’impianto. L’orizzonte dichiarato è l’Europeo 2032, ma il percorso non è ancora partito. Intanto il Comune a gennaio ha accolto l’accordo per la realizzazione del nuovo stadio tra Cds Holding, come sviluppatore immobiliare, e le società di Genoa e Sampdoria. L’offerta vincolante dovrebbe arrivare entro fine marzo e il tempo stringe.

L’istituto ‘Firpo-Buonarroti’

Il piano della nuova Marassi prevede anche lo spostamento dell’Istituto ‘Firpo-Buonarroti’, scuola superiore oggi ospitata in un edificio costruito nel 2000 sull’area della ex conceria Bocciardo e la cui demolizione rientrerebbe nelle opere propedeutiche alla costruzione dello Skymetro. Una struttura giudicata inadatta: scomoda, energivora, sovradimensionata rispetto al contesto. La proposta è spostare l’istituto in un nuovo campus in zona Giusti, sopra un deposito della metropolitana.
Anche qui, il principio è comprensibile. Ma demolire un edificio relativamente recente, realizzato con fondi pubblici, lascia perplessi. È davvero questa la priorità, in una città con edifici scolastici fatiscenti e carenze croniche di manutenzione? Quale sarà la destinazione dell’area liberata? E soprattutto: quanto costerà questa operazione?
Per il momento la politica risponde solamente garantendo che non ci sarà “nessuna demolizione prima che la nuova struttura sia completata”.

In controluce, il piano per Marassi racconta molto di Genova. C’è la volontà di superare decenni di immobilismo urbanistico, di investire sul trasporto pubblico, di restituire spazi alla collettività. Ma ci sono anche le ambiguità tipiche della programmazione urbana: tempi incerti, risorse da reperire, scelte calate dall’alto che spesso incontrano più di qualche difficoltà una volta presentate agli occhi dei cittadini.
La delibera prevede un percorso partecipativo con i cittadini. Sarà decisivo. Perché un piano può essere anche ben fatto, ma se non incontra le persone, se non raccoglie le voci di chi il quartiere lo vive ogni giorno, rischia di restare un esercizio su carta. Marassi ha bisogno di futuro. Ma anche di verità, cifre, tempi certi. E, forse, il periodo della corsa elettorale non è il migliore per portare al tavolo verità che, talvolta, non sono così redditizie in termini di voti. Più probabile che se ne parli a elezioni finite, quando il tutto (masterplan compreso) finirà nelle mani del nuovo sindaco. E le visioni dei due principali contendenti sono, come noto, agli antipodi.

Pietro Zampedroni

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