Un po’ di comprensibile emozione e un po’ di altrettanto comprensibile poca esperienza nel parlare in pubblico. Se poi il pubblico è della ‘sua’ Genova, alla quale chiedere fiducia per un voto che apra “un orizzonte nuovo”, è naturale che Silvia Salis si sia aggrappata a un discorso scritto, seguito passo passo, per il lancio della sua campagna elettorale. Pochissimo lo spazio per l’improvvisazione in quel dei Magazzini del Cotone, solo qualche flebile stoccata al centrodestra. Per il resto, copione seguito alla lettera.
Gaber e Marracash a mo’ di sigle, la candidata dell’ampia coalizione di centrosinistra ha iniziato la sua corsa parlando di una Genova “chiusa in una gabbia”, “ferita più volte dal tempo e dalla negligenza di chi l’ha tradita”, che “merita di più” e “non è destinata al declino”. E poi i temi cardine di ogni corsa alle urne: giovani, futuro, lavoro, inclusione, servizi sociali.
Salis, prima di andare al clou con un’anteprima del programma, ha respinto al mittente le accuse di chi la ritiene inesperta, definendo l’esperienza come “una gabbia se diventa paura del nuovo” e sottolineando come possa essere “la scusa di chi non ha interesse a cambiare”. “Ogni rivoluzione è iniziata con chi non ha avuto paura di essere il primo - ha aggiunto - il domani non appartiene a chi ha più anni, ma a chi ha più sogno”.
Poco lo spazio a liste e partiti, prima di lanciare due “no” che faranno da slogan: “No alla funivia del Lagaccio e no allo Skymetro”. Ora, dopo settimane di impasse, l’ha detto chiaramente. Dal palco ha definito la funivia “devastante e non funzionale”, mentre al posto dello Skymetro Salis vede “un progetto sostenibile in sede ferroviaria che non impatti sul Bisagno, che non preveda lo smantellamento de la desertificazione urbanistica della Bassa Val Bisagno e che sia a servizio degli abitanti”.
Non un “no” generico alle infrastrutture, c’è un “sì” al prolungamento della metropolitana da Rivarolo e fino a San Martino e la proposta di portare avanti i cantieri ma “confrontandosi con chi vive i territori”. Però, per la prima volta, viene messa nero su bianco la posizione in merito ai progetti che maggiormente dividono la politica cittadina. Ora resta solo da capire se e come divideranno la coalizione progressista che porta in seno anche movimenti come Azione e Italia Viva, da sempre fortemente favorevoli alle nuove infrastrutture.
Il resto è un minestrone alla genovese dei consueti temi da campagna elettorale: il lavoro, con un futuro da dare a chi vuole rimanere in città; welfare e sociale con una Genova inclusiva; sicurezza e qualità della vita, una città a misura di cittadino; cultura, con la stoccata ai “grandi eventi del centro” e spazi gratuiti per chi vuole creare; la già citata mobilità con l’intento di portare a termine “le opere che davvero servono”; la scuola e la ricerca, per una Genova che sia “a misura di studente”; l’abitare, con la lotta alla gentrificazione e un diritto alla casa che non sia “lasciato esclusivamente al mercato”; porto e infrastrutture che mettano “fine alla logica commissariale” con la responsabilità delle opere che “deve tornare in capo ai soggetti competenti”; la pulizia di Genova per “un nuovo ciclo dei rifiuti”, il rilancio di Amiu e “riportare la Tari a un livello sostenibile”; infine, la partecipazione e i diritti con una dichiarazione di intenti di istituire nuovamente il patrocinio per il Pride.
Nulla di inedito, nulla di mai sentito prima. E così l’elemento di novità si appoggia tutta su quelle infrastrutture che non mancheranno di tornare nella narrazione della campagna elettorale tra i “sì” e i “no” che separeranno le due principali coalizioni. Il resto, al netto dell’emozione della prima volta, restano gli evergreen della proposta politica per le amministrative.