#ILBELLOCISALVERÀ - 16 febbraio 2025, 11:01

Lucio Corsi sul podio al Festival di Sanremo: la dolcezza come vera trasgressione

Con la sua poesia e autenticità, Lucio Corsi ha incantato il pubblico di tutta Italia. Un artista raffinato e anticonformista, capace di trasformare la delicatezza in una forza rivoluzionaria

Foto dal profilo Instagram di Lucio Corsi

Foto dal profilo Instagram di Lucio Corsi

Tappa a Sanremo questa settimana per la rubrica #ILBELLOCISALVERÀ, per omaggiare Lucio Corsi, il cantautore toscano che, con il suo brano “Volevo essere un duro”, si è classificato al secondo posto al 75° Festival di Sanremo, vincendo il premio Mia Martini e regalandoci poesia, dolcezza e gentile trasgressione.

Un artista fuori dal tempo, capace di evocare suggestioni di altre epoche con una naturalezza disarmante. Il suo stile, un mix di glam rock e cantautorato visionario, incanta e sorprende. La sua performance sanremese è stata una boccata d’aria fresca: si è presentato con abiti disegnati da lui stesso, percorrendo a piedi la strada verso l’Ariston, rompendo con la tradizione delle grandi entrate scenografiche. Un gesto semplice ma potentissimo, specchio della sua essenza artistica e umana.

La serata delle cover, sul palco dell'Ariston, ha visto Corsi protagonista di un duetto inaspettato con un pupazzo. Ma non un pupazzo qualunque. Ha duettato con Topo Gigio. Un’esibizione nostalgica, surreale, che ha conquistato il pubblico. Perché Topo Gigio? Il cantautore ha spiegato che "Topo Gigio mi ha insegnato come non diventare una marionetta". Una risposta che racchiude tutto il suo mondo poetico, fatto di immagini evocative e riflessioni sottili. La sua partecipazione al Festival, d'altra parte, è andata oltre l’esibizione musicale: è stata un vero e proprio manifesto artistico: un invito alla libertà, alla dolcezza e all’autenticità. Non una scelta studiata, ma la sua autentica natura.

Ma di cosa parla la sua canzone? Volevo essere un duro racconta qualcosa di universale, in fondo: tutti, prima o poi, proviamo a mostrarci e desideriamo essere forti e invincibili, ma la realtà ci mette alla prova. Crediamo di avere obiettivi chiari, poi ci accorgiamo che serve cambiare rotta. E va bene così. Non dobbiamo essere perfetti a tutti i costi.

Lo hanno definito "un menestrello dei nostri giorni", e non a torto. Lucio Corsi, così sottile eppure così potente, sembra un alieno atterrato sul palco dell'Ariston con un immaginario che mescola sogno e realtà. Il suo look, curato nei minimi dettagli, ha raccontato tanto quanto la sua musica: dalla tuta di pelle color panna con basco verde e la t-shirt di Gatto Silvestro alla mise glam rock della finale, con spalline architettoniche (con pacchetti di patatine nascosi per tenerle su). Un’estetica che attinge effettivamente dal passato, per creare qualcosa di unico e attuale.

Ma la sua forza non risiede solo nell’immagine. Lucio Corsi è un musicista poliedrico, un polistrumentista di talento con una scrittura raffinata e una sensibilità poetica fuori dal comune. Classe 1993, cresciuto tra Grosseto e la Maremma, ha respirato sin da piccolo un’aria creativa, tra l’arte della madre pittrice e l’artigianato del padre. La sua musica nasce da un immaginario ricco, influenzato dai Genesis, da Ivan Graziani e dalla letteratura di Gianni Rodari.

Dopo i primi passi con la band Velutonia, si trasferisce a Milano e inizia un percorso solista che lo porta a pubblicare Ep e album sempre più apprezzati dalla critica e dal pubblico. Da “Bestiario Musicale” (2017) a “Cosa faremo da grandi?” (2020), fino a “La gente che sogna” (2023), ogni suo lavoro è un viaggio tra favola e realtà, tra speranze e disillusioni, tra sogni e quotidianità.

Il suo percorso artistico lo ha portato a esibirsi nei contesti più diversi, dai club alle piazze fino al prestigioso Premio Tenco, dove il suo talento è stato riconosciuto tra i migliori della nuova generazione cantautorale italiana. La sua presenza scenica, la sua musica e il suo approccio alla carriera sono una boccata d’aria fresca in un panorama musicale spesso appiattito su mode effimere.

Oltre alla musica, il cantautore ha recentemente fatto incursione anche nel mondo del cinema e della televisione, partecipando come guest star alla serie “Vita da Carlo” di Carlo Verdone e componendo brani per la colonna sonora. Una carriera eclettica che dimostra come il suo talento, a soli 31 anni, possa esprimersi in molteplici forme senza perdere autenticità.

Corsi ci ricorda che l’arte può ancora essere un viaggio personale, sincero e appassionato. La sua presenza a Sanremo ha rappresentato un soffio di leggerezza e bellezza, un ritorno alla dimensione autentica della musica e della poesia.

Grazie Lucio Corsi per averci mostrato che la dolcezza è ancora un valore apprezzato e che oggi, in fondo, è la vera trasgressione.
#ILBELLOCISALVERÀ

Maria Gramaglia

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