Attualità - 17 gennaio 2025, 08:00

L'invasione dei mini market etnici in città non si ferma. E Ascom chiede nuove regole

Nel 2023 i negozi di ortofrutta a Genova erano 513, di cui 241 gestiti da stranieri. Nel 2024 siamo saliti a 550 ortofrutta, di cui 267 gestiti da stranieri

L'invasione dei mini market etnici in città non si ferma. E Ascom chiede nuove regole

Alcuni li chiamano deli, altri mini market: fatto sta che i piccoli punti vendita (in alcuni casi piccolissimi) gestiti da stranieri a Genova hanno registrato un incremento più che importante negli ultimi anni, allargandosi dal centro storico, dove sono nati i primi negozi, sino ormai a tutte le delegazioni della città, da Ponente a Levante.

Sono generalmente classificati come attività di frutta e verdura, ma poi dentro vendono un po’ di tutto: dalle bibite alla cioccolata, dalle penne alle lamette da barba. E, aspetto non secondario, rimangono aperti sino a notte inoltrata: alcuni hanno l’insegna e mantengono un certo tipo di decoro, ma i più non sono riconoscibili, sono scarsamente illuminati, hanno arredi fatiscenti e operano in condizioni igieniche discutibili.

È una situazione, per farla in breve, ampiamente sfuggita di mano e i commercianti aderenti ad Ascom iniziano - dopo aver sopportato a lungo - a far sentire la loro voce, "perché adesso siamo onestamente preoccupati, perché questa liberalizzazione selvaggia non va bene e perché la regola è diventata il fatto che non ci sono regole, se non per noi", attacca Oscar Cattaneo, che di Ascom Genova è il vicepresidente vicario.

È proprio Ascom, dopo apposita ricerca, a fornire le cifre del fenomeno deli: "Nel 2023 i negozi di ortofrutta a Genova erano 513, di cui 241 gestiti da stranieri. Nel 2024 siamo saliti a 550 ortofrutta, di cui 267 gestiti da stranieri. Tra un anno e l’altro, quindi, gli ortofrutta sono aumentati complessivamente di 37 unità, di cui 26 gestiti da stranieri".

L’ortofrutta è una delle poche attività in crescita da un anno all’altro, a fronte di un crollo di altre categorie: gli alimentari tradizionali, le mercerie, le cartolerie, le librerie, le macellerie e i negozi di pasta fresca.

Il mini market generalista in chiave etnica viaggia invece al contrario: "È il settore nel quale si richiedono meno investimenti - spiega Cattaneo - e nel quale non servono attrezzature particolari. Non c’è un grande impegno dal punto di vista economico e questa crescita esponenziale ci preoccupa perché è scesa la qualità e perché tutto questo sta cambiando la geografia dei quartieri di Genova".

Con la legge Bersani, secondo Ascom, "non c’è modo di fermare questa ascesa dei market etnici, ma ci sarebbe modo, a livello regionale e comunale, di normare altre situazioni, come ad esempio gli orari di apertura e la limitazione delle aperture nei giorni festivi. Si possono trovare contingentamenti zona per zona ed è questa la direzione nella quale intendiamo muoverci, prima che la situazione peggiori ulteriormente".

"Vedere tutti questi negozi la cui immagine è spesso scadente - aggiunge Umberto Solferino, presidente della Consulta dei Civ di Ascom - non è certo un bel biglietto da visita per Genova. Non ne faccio una questione personale: chi ci lavora e ci sta dentro quindici ore al giorno merita rispetto come tutti gli altri. Semplicemente andrebbero strette un po’ le maglie sul decoro e su come viene presentata ed esposta la merce, oltre che conservata. Sarebbe almeno un punto di partenza".

L’Ascom annuncia di aver avviato, in tal senso, "una interlocuzione con il Comune di Genova. Servono meno chiacchiere e più soluzioni. Noi, come sempre, siamo disponibili a collaborare".

Alberto Bruzzone

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