Attualità - 13 gennaio 2025, 12:19

Lo scolmatore del Bisagno: ora Genova aspetta quel “mai più” già sentito troppe volte

Slitta di un mese l’arrivo della ‘talpa’ dalla Cina e si allungano i tempi del progetto da duecento milioni che la città attende per non rivivere il dramma delle alluvioni che ne hanno segnato la storia

Lo scolmatore del Bisagno: ora Genova aspetta quel “mai più” già sentito troppe volte

Genova, spazi stretti e geografia capricciosa, da sempre in balia della sua stessa fragilità. Le alluvioni che l’hanno colpita negli ultimi decenni sono ferite ancora aperte: il 1970, il 2011, il 2014. Ogni volta la stessa storia: acqua e fango che invadono le strade, vite spezzate, negozi e case distrutti, un senso di impotenza che si mischia alla rabbia e a un “mai più” che, sistematicamente, viene disatteso.
Da queste ferite nasce il progetto dello scolmatore del Bisagno, una promessa di sicurezza per una città che ha imparato a convivere con la paura. La sua importanza va oltre la prevenzione.

Cos’è lo scolmatore del Bisagno

Pensatelo come un grande bypass: quando il Bisagno si gonfia d’acqua, invece di travolgere il cuore della città, viene deviato in un tunnel sotterraneo. Un’infrastruttura che nasce per essere più di un semplice tunnel, è un’opera ingegneristica che vuole combinare tecnologie all'avanguardia e una visione di lungo termine. Le dimensioni e la portata dell’opera ne fanno uno dei progetti idraulici più complessi mai realizzati in Italia. Ogni segmento della galleria è stato progettato per garantire che l’acqua fluisca senza ostacoli, riducendo il rischio di intasamenti e danni.

Contesto storico e progettuale

L’idea di mettere in sicurezza il Bisagno non è nuova. Già negli anni Settanta si parlava di interventi strutturali, ma come spesso accade, le parole non si sono trasformate in fatti. Negli Ottanta e Novanta si sono moltiplicati i progetti, ma mancavano i soldi, la visione, la determinazione. Poi è arrivato il 2011. L’acqua che sommergeva le strade di Genova è diventata un grido collettivo: “mai più”, appunto. Da quel momento, la politica è stata costretta a rispondere. Nel 2016, finalmente, il primo colpo di pala. Una partenza, un’illusione di velocità, frenata subito da ritardi, intoppi, costi che lievitano. Il percorso verso lo scolmatore è stato segnato da controversie e ostacoli burocratici, ma anche da un crescente consenso sull’urgenza di intervenire.

Stato attuale dei lavori

Oggi lo scolmatore è un cantiere aperto. Gran parte della galleria è stata scavata, con tecnologie che si pongono l’obiettivo (nella teoria) di ridurre al minimo i rischi per i lavoratori e l’impatto sull’ambiente. Ma non è tutto rose e fiori. I ritardi si accumulano, i costi crescono, il 2026 sembra una meta lontana. Uno degli ostacoli più recenti è legato al ritardo nell’arrivo della ‘talpa’ meccanica, gigantesco macchinario in viaggio dalla Cina, fondamentale per completare lo scavo della galleria. Prevista inizialmente per la fine del 2024, la ‘talpa’ (nome tecnico TBM, Tunnel Boring Machine) è ancora in attesa di essere consegnata, a causa di complicazioni nella produzione e nella logistica internazionale. Imprevisto che ha ulteriormente rallentato i lavori, aumentando le preoccupazioni tra i cittadini e le istituzioni locali. Era stata annunciata per metà gennaio, ora la data segnata sul calendario è il 9 febbraio, sperando che non ci siano ulteriori rinvii. Circostanza che ha spinto la struttura commissariale di governo a inviare una lettera formale di contestazione al consorzio Research, responsabile dei lavori per lo scolmatore.

Finanziamenti e costi

Parliamo di cifre importanti: circa duecento milioni di euro. Una parte arriva dall’Europa, che con il Fondo per lo sviluppo regionale ha messo sul piatto fondi dedicati alla prevenzione dei disastri. Il resto è frutto di un mix di risorse nazionali e regionali. Un investimento che, se tutto andrà come previsto, si ripagherà evitando danni ben più costosi. Sulla carta, ogni euro speso rappresenta una scommessa sul futuro, un impegno a non lasciare che le tragedie del passato si ripetano. Almeno nelle intenzioni. È anche un banco di prova per le capacità delle istituzioni di gestire opere complesse e per la capacità della città di credere in una visione di lungo termine. Una risposta a chi, spalando nel fango, ha chiesto aiuto e si è sentito inascoltato per troppo tempo.

Critiche e punti di vista

Non mancano le voci critiche. Gli ambientalisti puntano il dito contro la scelta di un’opera così invasiva, chiedendo più attenzione alla rinaturalizzazione dei torrenti. I residenti, soprattutto quelli che vivono vicino ai cantieri, lamentano i consueti disagi quotidiani di chi convive con interventi di tale portata. E poi ci sono gli esperti, divisi tra chi vede nello scolmatore una soluzione necessaria e chi lo considera solo un palliativo, incapace di affrontare il problema più grande del dissesto idrogeologico. Dibattito che riflette una tensione più ampia: quella tra il bisogno di risposte immediate e la necessità di un approccio più sostenibile e integrato.

Sguardo al futuro

Lo scolmatore del Bisagno è una promessa di sicurezza, di protezione, di futuro. E deve essere mantenuta. Genova conosce il peso dell’acqua e del fango e non si accontenta più delle parole. Vuole fatti e ogni giorno che passa, l’attesa diventa più carica di significato. Per Genova lo scolmatore è una speranza, un riscatto, un simbolo di una città che, dopo troppa acqua, ora vuole proteggere il suo futuro.

Pietro Zampedroni

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