Prosegue oggi, e andrà avanti per tutti i martedì successivi, “La Genova che canta”, un servizio seriale de “La Voce di Genova” dedicato ai cori genovesi che, dalle piazze ai teatri, rappresentano da sempre un punto di riferimento per la comunità. Ogni martedì andremo alla scoperta di una tradizione musicale che ci lega alle nostre radici e ci racconta chi siamo. Come sempre, buona lettura!
Convivialità, condivisione, passione: a legare i membri del Coro A.N.A. Soreghina non è soltanto l’armonia musicale, ma anche quella tra le persone che hanno deciso di farne parte. Nato nel 1982 da un gruppo di alpini in congedo, il coro è diventato una realtà solida e vivace che, nel corso dei suoi quarantuno anni di attività, non ha mai perso le sue caratteristiche principali. “Far parte del coro non è solo cantare, ma è creare una compagnia di persone", afferma Renato Callà, presidente del coro, spiegando quanto sia fondamentale la dimensione sociale e il legame tra i membri per riuscire a creare un ambiente stimolante. “Le cene, le gite e le occasioni di incontro contribuiscono a rafforzare i legami tra i coristi e a creare un vero spirito di gruppo”, che vede al suo interno una quarantina di persone, tutte di sesso maschile, con età comprese tra i ventotto e gli ottant’anni. Questa varietà generazionale rappresenta una delle sue caratteristiche principali, creando un gruppo ricco di esperienze e prospettive diverse, unite dalla comune passione per il canto alpino: “Le prove non sono mai vissute come un impegno in agenda, ma piuttosto come un appuntamento di condivisione, a cui si partecipa con il cuore leggero”.
Soreghina, coro ufficiale della Sezione genovese dell'A.N.A., trova nel suo repertorio il suo cuore pulsante: è infatti composto da circa novanta brani, di cui una trentina vengono eseguiti regolarmente durante i concerti. La scelta delle canzoni è affidata al maestro Gian Carlo Oliveri, ex alpino, coadiuvato dal consiglio musicale, composto da alcuni coristi. "L'idea è quella di riuscire a presentare un repertorio che non sia solo 'buttato lì', ma che cerchi di far emergere la bellezza del canto popolare e alpino", sottolinea Michele Barbieri, il vicepresidente del coro. La figura del maestro è centrale, ecco perché la scelta di Oliveri non è casuale: “Riesce a comprendere meglio determinate dinamiche della storia del corpo, a esprimere pienamente la drammaticità e l'intensità di quei canti”.
La selezione dei brani è attenta e mirata a garantire un'elevata qualità musicale e un'interpretazione fedele allo spirito originale dei canti: molti dei brani del repertorio sono stati armonizzati da compositori di fama, come Arturo Benedetti Michelangeli e Mascagni, garantendo un'esperienza di ascolto di alto livello. Per rendere l’esecuzione impeccabile, il gruppo si riunisce due volte alla settimana per le prove all’interno della sede dell'Associazione Nazionale Alpini in via Mura delle Cappuccine, dove si preparano i brani, si organizza il fitto calendario di concerti e ci si occupa della parte socialmente utile del gruppo.
Al centro resta comunque e sempre la bellezza del canto, che ha affascinato il vicepresidente fin da bambino, spingendolo a unirsi al Coro Soreghina per non lasciarlo più. “Quello che mi ha colpito, all’età di undici anni, è stata la bellezza dell’intreccio delle voci - spiega ancora Michele Barbieri -, la musicalità che emerge dai canti di montagna. Può trasmettere emozioni di ogni genere, dall’amore alla tragedia, dall’allegria al dramma, aspetti che da piccolo non riuscivo a cogliere pienamente, ma che comunque riuscivano a toccarmi. Mio padre era appassionato di musica classica e mi ha sempre educato all’ascolto attento, forse anche grazie a questo sono riuscito a cogliere certe sfumature”.
Oggi Barbieri, oltre a essere vicepresidente, è anche uno dei solisti. E non è l’unico giovane del gruppo: “Con la sospensione dell’obbligo di leva e il conseguente calo del numero di veri alpini, le sfide riguardano chiaramente il trovare giovani interessati a questo mondo", spiegano il presidente e il vicepresidente. “Per questo abbiamo aperto le porte anche a persone che non hanno prestato servizio militare, mantenendo comunque un forte legame con la tradizione alpina”. Tengono a sottolineare che, contrariamente a quanto si possa pensare, il canto popolare non è ‘roba da anziani’, anzi: “Il canto popolare e alpino nasce dai giovani, dai ragazzi che erano in guerra. Racconta storie d’amore, di lontananza, di una guerra ancora sconosciuta che faceva paura. Col tempo, certo, diventa più pesante, ma parla dello stato d’animo di chi c’era e ha vissuto momenti terribili”. Non un repertorio di canzoni aggressive, ma racconti di uomini, di errori commessi, di amori e famiglie lontane e dell’orrore che la guerra porta inevitabilmente con sé.
In attesa del maggio 2026, quando Genova ospiterà la 97ª Adunata Nazionale Alpini, il Coro è in gran fermento: “Dovremo intanto pensare all’appuntamento di Biella nel 2025, ma siamo già in moto per organizzarci al meglio per l’accoglienza: sono attesi più di quattrocentomila partecipanti e vogliamo che tutto sia impeccabile”.
Il prossimo appuntamento con il Concerto di Natale del Coro Soreghina sarà il 21 dicembre alla Chiesa di San Bartolomeo a Savignone, alle ore 20.45: “Sarà il gran finale di un mese molto intenso di appuntamenti”.