La Corte d'Appello di Genova si pronuncerà oggi sull'eventualità di rinviare o meno a giudizio Anna Lucia Cecere, indagata per il delitto di Nada Cella, la segretaria uccisa nello studio del commercialista per il quale lavorava, il 6 maggio del 1996 a Chiavari.
L'ultimo atto nel cold case sull'omicidio che scosse tutta la Liguria, rimasto irrisolto per ventotto anni, dopo il non luogo a procedere risalente allo scorso marzo quando il gup aveva ritenuto insufficienti gli elementi raccolti per rinviare a giudizio l'ex insegnante di Cuneo e con lei il commercialista Marco Soracco, presso il quale lavorava la ragazza allora ventiquattrenne, e l'anziana madre oggi novantenne, entrambi accusati di favoreggiamento.
I giudici d'appello in camera di consiglio decideranno se quella di oggi sarà la prima nuova pagina o l'ultima in un giallo che dura da trent'anni, sul quale manca una verità giudiziaria.
L'indagine era stata riaperta tre anni fa grazie allo spunto di una criminologa che aveva ristudiato a distanza di anni tutte le carte, Antonella Delfino Pesce, approfondimento dal quale erano sorti nuovi elementi rilevanti, primo tra tutti incentrato sulla figura di Cecere, mai approfondita e mai ufficialmente indagata nel 1996.
Nada Cella venne uccisa il 6 di maggio, trovata agonizzante nello studio dove lavorava come segretaria dal titolare, Marco Soracco. I soccorsi disperati, l'arrivo del 118 e dei medici per cercare di salvare la ragazza trovata con il cranio sfondato, la corsa in ospedale, la scena del crimine che viene prima inquinata per ragioni di emergenza, mentre c'è una vita da salvare, e subito dopo, quando la giovane si spegne in ospedale e lo studio viene poco dopo ripulito interamente, cancellando la possibilità di trovare prove fondamentali nella ricostruzione di quanto accaduto all'interno degli uffici di via Marsala a Chiavari, dove si consumò il delitto.
Tutte le prove tranne una, un frammento di dna rinvenuto, isolato e ristudiato a trent'anni di distanza, un bottone che secondo l'accusa apparterrebbe alla donna indagata. E poi l'arma mai ritrovata e il movente che secondo l'accusa avrebbe scatenato la furia omicida.
Nada Cella viene colpita, alla testa e al pube, con un oggetto contundente, forse un fermacarte, che comunque sparisce nel nulla. La mano che agisce, stando ancora all'accusa, è quella di Cecere, che avrebbe ucciso per gelosia, forse perché invaghitasi del commercialista, e che avrebbe voluto il posto di Nada nello studio. Soracco in questi anni ha sempre negato relazioni o rapporti con la donna, il cui velato riferimento spunta anche da alcune intercettazioni telefoniche in cui una voce femminile mai identificata parlando al telefono con l'uomo avanzerebbe sospetti proprio su Cecere.
Dopo la pronuncia del gup la procura si era appellata per ribaltare la sentenza dello scorso marzo della giudice per l’udienza preliminare. Questa mattina in aula non ci sarà la madre di Nada, ma ci saranno i legali della famiglia Cella.
"L'aspettativa è che qualcuno rispetti le norme, questa sentenza non le rispetta - spiega l'avvocato Sabrina Franzone, legale di Silvana Smaniotto, mamma di Nada - doveva esprimersi su un rinvio a giudizio e non su una colpevolezza. Vedremo se reggerà l'appello, abbiamo già presentato una memoria, ci sarà anche il procuratore generale che ha studiato con intensità e passione questa vicenda". L'udienza non sarà breve, seguirà la camera di consiglio e poi la pronuncia.