L’essenza di Genova ha molteplici forme: i caruggi del centro storico, dove la luce di tanto in tanto filtra fra le case; i sapori della cucina tradizionale, dal pesto alle specialità delle sciamadde; gli antichi mestieri, legati spesso e volentieri al mare. A raccontare alcuni di questi aspetti, sotto forma di opere d’arte, è Gabriele Carlini, meglio conosciuto con il nome GAB Arte, che proprio tra gli stretti vicoli incastonati dietro a Palazzo San Giorgio, in piazza De Marini, ha il suo laboratorio creativo. Qui nascono quadri, sculture, piccole e grandi opere che hanno un unico soggetto: le acciughe. “Per me l’acciuga è sempre stata un punto di riferimento, non solo a livello gastronomico, ma anche per la sua bellezza. Viene considerato un pesce povero, ma nella storia ha sfamato migliaia di famiglie. Ho sempre amato anche l’aspetto, sottolineato anche da Fabrizio De Andrè, che le vede unirsi, ‘fare il pallone’, per difendersi dagli attacchi dell’alalunga, il tonno che vuole mangiarle… Se si mettono tutte insieme riescono a sembrare più grandi, a incutere timore. Questo aspetto mi ha sempre fatto riflettere. E poi, fin da piccolo, mi ha sempre affascinato anche l’aspetto visivo: mi incantavo davanti alle cassette di acciughe in pescheria, sembra che continuino a guardarti fisso anche se sono prive di vita”.
Nei dipinti di GAB Arte troviamo tanta genovesità, e non solo per i soggetti dipinti: in alcune opere i colori degli sfondi richiamano quelli delle facciate delle case dei pescatori, dall’arancio al giallo e al verde, che si possono incontrare ancora oggi nei borghi marinari come Camogli o Boccadasse. In altre, invece, l’atmosfera cupa richiama la pietra simbolo della città, l’ardesia, in una scala di bianchi e neri che sembrano voler dare ancora maggior potenza visiva al quadro. Le cornici di legno, realizzate con vecchi bancali riciclati, sono un ulteriore segno del legame di Carlini con la sostenibilità e il recupero, un approccio che richiama il passato e si proietta nel futuro.
Impossibile non citare poi la serie chiamata ‘Acciughe al Secolo’, dipinte direttamente sulla carta di giornale. L’ispirazione viene dal ricordo di quando, da bambino, vedeva le acciughe avvolte proprio nelle pagine del quotidiano genovese. Per Carlini, questo non è solo un gesto artistico, ma un ricordo olfattivo e visivo che rievoca l’odore del pesce fresco e l’inchiostro del giornale. Un omaggio a una tradizione antica, quella di 'fasciare le acciughe', che oggi acquista nuova vita e diventa una riflessione sull’arte, lo scorrere del tempo e la memoria.
Più che artista, Carlini si definisce un 'artigianista', per attitudine e per la sua storia artistica: dopo aver portato avanti gli studi in ambito artistico e aver iniziato a frequentare la facoltà di Architettura, ha intrapreso un percorso da scenografo e costumista al teatro della Tosse come allievo di Emanuele Luzzati. La collaborazione è proseguita fino alla sua morte, e portata avanti anche nel museo di Porta Siberia. “Da quell’esperienza ho capito che avevo delle capacità, e ho deciso di provare a ‘buttare giù’ queste acciughine - spiega GAB -. Era il 2018: da allora ho esposto le mie opere in diversi luoghi, dal Piemonte all’antica via del Sale, a Lavagna e Bogliasco”. Ma è la città di Genova, il suo centro storico, a essere la vera ‘casa delle acciughe’. Un punto di passaggio, riferimento per i clienti affezionati e simpatica scoperta per turisti distratti, che talvolta si soffermano ad ammirare quanto esposto.
Nel suo percorso artistico si intrecciano anche riferimenti ai grandi cantautori genovesi come Ivano Fossati, Luigi Tenco e ancora una volta De Andrè, con quel loro modo di raccontare una città "in direzione ostinata e contraria”: alcune frasi delle loro canzoni trovano spazio nelle tele esposte, e un’acciuga tra quelle dipinte si può sempre trovare, appunto, girata al contrario rispetto alle altre. Un’attitudine, un’intenzione, un modo per sopravvivere.
Oltre alla pittura, Carlini svolge il lavoro di educatore: “Un mestiere che è come una vocazione”. Il suo impegno con i ragazzi a rischio è per un altro modo di dare un contributo alla sua comunità, di fare la differenza in una città che, come le acciughe nei suoi quadri, è tanto fragile quanto forte.