Cronaca - 01 ottobre 2024, 08:00

Cronache nere diventate storie - Bargagli, quel 'mostro' che attraversa quattro decenni e lascia dietro di sé ventisette vittime

Tanti i delitti senza un colpevole: una lunga scia di sangue iniziata nel 1944 con l'uccisione di due carabinieri e andata avanti sino al 1985

Cronache nere diventate storie - Bargagli, quel 'mostro' che attraversa quattro decenni e lascia dietro di sé ventisette vittime

Prosegue questo martedì, e ci terrà compagnia per tutti i martedì successivi, ‘Cronache nere diventate storia’, un ciclo di articoli dedicati a misteri, casi irrisolti, casi riaperti dopo anni, episodi e vicende che hanno interessato la nostra regione e che sono diventati, nel tempo, memoria collettiva, passando dalle pagine dei giornali alle trasmissioni televisive, sino ai libri e ai podcast. Ad aprire le finestre sul passato è Valentina Carosini, la nostra giornalista da anni impegnata tra cronaca nera e palazzo di giustizia per agenzie e testate nazionali. 

Un assassino o più assassini? È il primo dubbio ma non l'unico quando si approccia una storia come quella del mostro, o dei mostri, di Bargagli, una catena di misteri che affonda le radici in un'altro tempo e che lascia dietro di sé una catena di vittime che hanno insanguinato quella parte di Genova che si arrampica su ripida per la Val Bisagno. Una storia che inizia nel 1944 ma che ancora oggi sopravvive nel ricordo dei pochissimi testimoni dell'epoca e nei racconti della vallata. Racconti fatti di poche parole, brevi accenni dopo i quali si cambia presto argomento, come si fa con qualcosa che non si vorrebbe ricordare. E invece eccolo ancora qua, il racconto di quella storia, partito ottant'anni fa esatti, in una Genova affamata dalla guerra, in una valle che diventa Appennino teatro della lotta partigiana di liberazione ma anche luogo appartato per le attività illecite e via di fuga per i nazisti verso il Nord. Il mostro di Bargagli attraversa quattro decenni e lascia dietro di sé ventisette vittime, in qualche modo tutte o quasi collegate l'una all'altra.

La prima storia, che risale al 1944, oggi è quasi un aneddoto ingiallito dal tempo che però non ne ha attenuato la brutalità, molti la ricordano come un racconto tramandato in famiglia dai vecchi e arrivato fino ad oggi. È la storia dell'assassinio di due carabinieri, Carmine Scotti e Candido Cammereri, che erano sulle tracce della 'banda dei vitelli', contrabbandieri di carne che vendevano clandestinamente al mercato nero. I due militari erano sulle loro tracce, arrestarono i membri della banda, ma due anni dopo Scotti, che nel frattempo aveva aderito alla Resistenza, venne rapito e ucciso, dopo essere stato torturato a lungo. Stesso destino venne riservato a Cammereri, la cui morte inizialmente attribuita ad uno scontro a fuoco con i tedeschi, rimase misteriosa. Finita la guerra iniziarono le indagini, tutti i membri della banda - quelli che erano stati arrestati - tornarono in libertà, e fu il becchino del paese, Giuseppe Federico Musso, a far ritrovare il corpo di Scotti che lui stesso aveva nascosto. 

Passerà un decennio e nel 1961 Musso venne ritrovato senza vita, in fondo a un burrone. Morte archiviata come incidente, ma non rimarrà la sola. Ancora negli anni '60 nel perimetro del paese e delle sue frazioni, ricominciano gli omicidi. Alla ex staffetta partigiana Assunta Balletto sfondano la testa a bastonate, mano ignota, forse la stessa che assale anche il campanaro del paese, Cesare Moresco. Qualche mese dopo Maria Ricci, che aveva trovato il cadavere di Balletto, viene aggredita a sprangate, si salva ma dice di non ricordare più nulla. Anche Gerolamo Canobbio sopravvive ad un'aggressione a colpi di spranga una prima volta, racconta di non aver riconosciuto l'aggressore. Pochi mesi dopo verrà trovato ucciso anche lui, così come Giulia Viacava, che sarebbe stata la sua amante. L'unico indagato, Pietro Cevasco, si toglie la vita. Saranno una ventina i mandati di comparizione, sei gli arresti effettivi tutti per il delitto del carabiniere Scotti, ma l'indulto del 1953 li rimetterà in libertà.

Negli anni '80 anche Telefono Giallo, trasmissione tv della Rai condotta da Corrado Augias e Donatella Raffai che teneva incollati i telespettatori al Grundig dell'epoca, si interessò al caso e con una troupe inviata a Bargagli tentò di fare luce sul mistero, non senza scontrarsi con le polemiche di chi, in paese, non voleva essere etichettato come omertoso rispetto al giallo e agli omicidi compiuti in un microcosmo dove ci si conosce tutti.

La serie di morti in circostanze misteriose si conclude nel 1985, con il suicidio contestato di Francesco Pistone. Ma due anni prima la storia nella storia passa attraverso un altro omicidio, sempre a colpi di spranga. È quello di Anita De Magistris, baronessa e neo arrivata a Bargagli, dove si inserisce nella comunità, collabora con la parrocchia e dà lezioni di musica. È vedova quando arriva in paese e nessuno conosce la ragione del suo arrivo proprio a Bargagli. Quando viene ritrovata con il cranio fracassato, dell'ennesima vittima di un killer sconosciuto si ricostruisce la storia. De Magistris era vedova di un ufficiale tedesco, di stanza a Bargagli e poi nel levante, ucciso nel bosco della Tecosa, teatro di un altro mistero che fu quello della sparizione del cosiddetto tesoro trafugato ai nazisti in fuga che vennero sorpresi sull'Appennino e trucidati. Esistito o no, il tesoro non venne mai ritrovato ma di lui parlano ancora come di un altro dei misteri sepolti nella storia della Val Bisagno.

Valentina Carosini

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