Attualità - 06 settembre 2024, 15:10

L’ombra dell’uva turca su Genova e i suoi parchi, parola all’esperto: “Sempre più presente con caldo e umidità, un pericolo per le altre specie”

Parla Matteo Frulio, direttore del parco di Villa Duchessa di Galliera: “Se non controllata può provocare la perdita di un sottobosco stabilizzato nel tempo”

La Phytolacca americana (Foto di Goran Horvat da Pixabay)

La Phytolacca americana (Foto di Goran Horvat da Pixabay)

A un occhio poco attento passa quasi del tutto inosservata, ma per chi si occupa del verde pubblico sta diventando un’autentica piaga.
L’uva turca (nome comune della Phytolacca americana) non è una novità nei giardini genovesi, ma negli ultimi anni la sua presenza si è fatta notare sempre di più fino a rappresentare un pericolo per le specie autoctone che colorano parchi, giardini, ma anche piccoli spazi di verde pubblico urbano.

Nota come ‘turca’ nel gergo popolare, in realtà proviene dal continente americano e fu introdotta in Europa per la coltivazione delle sue bacche che, una volta mature, assomigliano a un grappolo d’uva: da qui il suo nome gergale. In passato, inoltre, veniva utilizzata per creare un colorante da usare nella produzione del vino.
Ma, elemento di primaria importanza, è catalogata come ‘infestante’. Definizione che Genova sta conoscendo da circa cinque anni a questa parte quando l’uva turca ha iniziato a proliferare come mai prima d’ora in spazi pubblici, a bordo delle strade ma, soprattutto, in parchi di prestigio come quella di Villa Duchessa di Galliera.

Qui sta mettendo a rischio il resto delle piante che per anni hanno decorato lo spazio verde esterno alla villa, come spiega ai nostri microfoni Matteo Frulio, direttore del parco: “Quello dell’uva turca non è un problema nuovo, ma posso dire con certezza che la sua diffusione è notevolmente aumentata negli ultimi quattro o cinque anni. La estirpiamo in continuazione, ma si ripresenta in quantità sempre maggiore. Si tratta di una pianta estremamente resistente con una radice notevole, difficile da estirpare anche a seconda della grandezza che raggiunge. Può tranquillamente superare i due metri di altezza e con la sua diffusione rischia di soppiantare le altre specie all’interno del parco, significa la perdita di un sottobosco che si era stabilizzato nel tempo. Crea problemi nella manutenzione, quando la estirpi porta via molta terra”.

Una presenza infestante che, come detto, non risparmia gli spazi pubblici. “Anche nei giardinetti ne trovo tanta, specie dove la manutenzione non è costante - aggiunge Frulio - se si riesce a togliere quando è ancora piccola, anche con un decespugliatore, la si può controllare, altrimenti diventa complesso toglierla quando è ben sviluppata”.

Le tempistiche della sua recente maggiore diffusione portano a pensare che l’innalzamento delle temperature e dell’umidità siano condizioni favorevoli per la sua proliferazione, un’altra conseguenza collaterale dei cambiamenti climatici che sta sempre più influenzando il territorio.

C’è poi un altro quesito particolarmente diffuso: le sue bacche sono tossiche?Produce piccole bacche nere apparentemente molto invitati - spiega il direttore del parco - ma sono molte le piante che potenzialmente lo sono, come anche il tasso con le sue bacche viola che sembrano caramelle. Il suo problema non è la tossicità, ma l’impatto sul piano manutentivo. Se la si lascia crescere per un paio di settimane, si formano gruppi che diventano poi difficili da eliminare”.

Qual è la soluzione, quindi? “Non bisogna farla fruttificare ed eliminarla quando è molto piccola, basta anche solo una zappa - conclude Frulio - i maggiori diffusori sono i volatili, infatti inizialmente l’avevamo notata solo in un angolo del parco e poi l’abbiamo ritrovata ovunque. Siamo passati da una nicchia a una diffusione molto più ampia”.

Pietro Zampedroni

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