Attualità - 06 agosto 2024, 08:30

Cronache nere diventate storie - Sebastiana Melis, il delitto irrisolto di via Casata Centuriona

Si parla di un prestito, mai circostanziato meglio, che la donna avrebbe fatto a un amico, di circa mille euro, soldi mai restituiti. Ma il suo assassino, ancora oggi, rimane senza nome

Cronache nere diventate storie - Sebastiana Melis, il delitto irrisolto di via Casata Centuriona

Prosegue questo martedì, e ci terrà compagnia per tutti i martedì successivi, ‘Cronache nere diventate storia’, un ciclo di articoli dedicati a misteri, casi irrisolti, casi riaperti dopo anni, episodi e vicende che hanno interessato la nostra regione e che sono diventati, nel tempo, memoria collettiva, passando dalle pagine dei giornali alle trasmissioni televisive, sino ai libri e ai podcast. Ad aprire le finestre sul passato è Valentina Carosini, la nostra giornalista da anni impegnata tra cronaca nera e palazzo di giustizia per agenzie e testate nazionali. 

Una telefonata e un'agenda, forse un diario, scomparsa misteriosamente. E poi una porta di casa, che si apre per far entrare qualcuno di tutt'altro che sconosciuto, che poi si rivela un omicida.

È un'indagine chiusa e poi riaperta più volte nel tentativo di dare un nome ad un assassino rimasto nell'ombra, quella sulla morte di Sebastiana Melis, sessantanove anni, ex infermiera uccisa a colpi di martello in una notte di febbraio di quattordici anni fa a Genova, nel quartiere di Marassi.

Vive sola, la signora Melis, vedova da pochi anni, in un appartamento di via Casata Centuriona, poco distante dallo stadio. Condividono con lei l'abitazione un gatto e un cagnolino, che la accompagnano nelle lunghe giornate da pensionata ancora attiva, in cui si divide tra le faccende quotidiane e l'assistenza ad alcuni anziani della zona.

È proprio uno di loro, di cui Sebastiana si prendeva cura, ad insospettirsi quando manca all'improvviso ad un appuntamento, senza avvisare. Non è il tipo da non avvertire, quindi scatta la telefonata al vicino di casa della donna, che è un medico ed è anche imparentato seppure in via indiretta con l'anziana.

L'uomo bussa alla porta, non apre nessuno. Gli viene lo scrupolo di controllare in strada, per vedere se la donna avesse preso l'auto e fosse fuori casa. Ma l'auto è posteggiata e, dal piano terra, il medico nota le luci accese nell'appartamento. Risale, allarmato, prende la copia di chiavi che proprio Melis gli aveva consegnato 'per ogni evenienza', apre e quello che vede basta per bloccarlo sull'uscio, richiudersi dietro la porta e chiamare il 112. 

In pochi minuti sul posto arrivano i carabinieri che trovano la donna uccisa, in un lago di sangue. L'appartamento è in ordine, la porta di casa non è forzata, non ci sono segni di effrazione né di colluttazione. Il corpo presenta delle profonde ferite alla testa, sotto la folta chioma bionda intrisa di sangue.

L'autopsia stabilirà che ad uccidere sono stati cinque o sei colpi inferti con un martello, con ogni probabilità, o con una chiave inglese. L'arma, però, non verrà mai ritrovata.
Gli inquirenti cominciano a scandagliare la vita della donna, alla ricerca di possibili contatti stretti, che potrebbero avere notizie o spiegare il mistero di una morte così atroce e violenta. 

Le piste battute sono diverse, dapprima si pensa a un delitto con movente economico: la donna era benestante e dalla casa non è scomparso nulla, nemmeno il denaro contante che la sessantanovenne deteneva nell'abitazione. I sospetti saltano fuori subito e riguardano principalmente il fatto che l'assassino conoscesse la vittima, talmente bene da farsi accogliere senza problemi all'interno dell'abitazione di Melis, donna conosciuta nel quartiere, con una cerchia di conoscenti e amici che ne conoscevano superficialmente le abitudini, ma riservata nei suoi aspetti più intimi. Apparentemente senza segreti, Melis non avrebbe aperto la porta ad uno sconosciuto.

Eppure è stata uccisa, trucidata a martellate da qualcuno che prima di lasciare la sua abitazione ha nascosto l'arma, e ha portato via un'agenda, rossa, che la vittima custodiva. Cosa ci fosse all'interno è difficile poterlo ipotizzare ma l'oggetto doveva rivestire un interesse particolare anche per il suo assassino.

L'ultima traccia è quella di un'amicizia, un debito, e una telefonata. Sebastiana, che ha stretto amicizia con la commessa di un supermercato, racconta di frequentare un maneggio sulle alture della Valbisagno, di proprietà di un amico o forse un frequentatore.

Si parla di un prestito, mai circostanziato meglio, che la donna avrebbe fatto a questo amico, di circa mille euro, soldi mai restituiti. Potrebbe essere legata a questo la telefonata ricevuta poche settimane prima del delitto, una chiamata che avrebbe lasciato 'scossa' la vittima che per una volta si confida con un'amica dicendo di essere stata da lui strattonata da un uomo.

Due settimane dopo, in una notte di febbraio, il suo corpo viene trovato senza vita nella sua abitazione. Il suo assassino, ancora oggi senza nome, sparisce avvolto nel buio delle strade di Marassi.

Valentina Carosini

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