Attualità - 30 luglio 2024, 13:34

Nuovo regolamento sulle arti di strada, il presidente della Federazione Nazionale Giuseppe Boron: “Continuiamo a farci sentire, Milano non è esempio virtuoso”

Dalle 13 di oggi, martedì 30 luglio, presidio dei buskers a Palazzo Tursi per manifestare contro il nuovo regolamento che sarà approvato durante la seduta del consiglio comunale. “I divieti portano via i veri artisti dalle strade”

Nuovo regolamento sulle arti di strada, il presidente della Federazione Nazionale Giuseppe Boron: “Continuiamo a farci sentire, Milano non è esempio virtuoso”

Artisti ancora sulle barricate contro il nuovo regolamento che disciplina l’esercizio delle arti di strada nel territorio comunale genovese con una serie di restrizioni e normative. Alle 13 di oggi, martedì 30 luglio, i buskers si sono dati appuntamento sotto a Palazzo Tursi, proprio nella giornata in cui verrà votata la nuova regolamentazione. Presente, fra gli altri, anche Giuseppe Boron, il presidente della FNAS (Federazione Nazionale Arti in Strada), che ha raggiunto il capoluogo ligure da Milano per unirsi al coro di protesta dei ‘colleghi’ liguri. 

Tra le novità introdotte vengono infatti contestate, fra le altre,  l'interdizione a una distanza inferiore a 5 metri dagli accessi di immobili pubblici e privati e l'istituzione di postazioni predeterminate con prenotazione tramite una nuova app, oltre alla regolamentazione degli orari e delle emissioni sonore. 

Come viene regolamentata l’attività degli artisti di strada a Milano? 

A Milano le cose funzionano male da due anni a questa parte. Le prenotazioni delle postazioni in cui suonare avvengono tramite una piattaforma, ma con l’avvento del nuovo gestore la situazione è molto peggiorata. Il fornitore non era preparato a gestire gli account, e ne sono stati creati moltissimi doppi, oltre a quelli falsi, e si è creato il caos. Inoltre, iscriversi ed entrare a far parte della piattaforma è troppo facile, e in questi ultimi due anni il numero degli artisti è praticamente raddoppiato: a oggi siamo circa duemila iscritti, e succedono delle cose che chiaramente sono il contrario di quello che vorremmo. Tanti si prenotano, magari anche per posizioni molto ambite, come piazza del Duomo e tutto l'asse che va da San Babila a Castello, e poi non si presenta, impedendo a chi realmente vorrebbe esibirsi di farlo. Quindi invece che essere un ampliamento della libertà è una limitazione, e purtroppo adesso è troppo tardi per intervenire". 

Secondo voi quale sarebbe invece la modalità giusta per poter organizzare tutto in modo tale che non ci siano problematiche né dalla parte degli artisti né dalla parte dell'amministrazione? 

Innanzitutto l'arte di strada non può essere uguale ovunque. Se faccio arte di strada in via Garibaldi è diverso dal farla in via San Lorenzo. Ci sono persone diverse, residenti diversi, commercianti diversi, spazi diversi e quindi gli strumenti da usare sono differenti. Sarebbe opportuno analizzare luogo per luogo, per dare la possibilità di esibirsi a chi ha le caratteristiche giuste per quel posto, in base all’amplificazione, alle richieste dei residenti…

Dopodiché la tecnologia ci può venire anche in supporto, perché può essere che non si abbia più voglia di tenere una persona in un ufficio a seguire le pratiche di dare i permessi. Però questo ha senso solo nelle vie centrali: se vado a Sestri a cosa mi serve il permesso? Faccio un po' di musica, la gente intorno è contenta, se qualcuno generalmente non è contento dalla finestra mi dice ‘allora quando te ne vai?’ E io me ne vado. Succedono da sempre queste cose, faccio questo mestiere da quarant’anni, e i primi tempi ricordo che contrare degli artisti per strada era una festa anche per me perché ci si scambiavano una serie di informazioni. E poi è tutta una questione di civiltà: si chiedeva alla gente se si poteva stare a suonare, e in caso contrario ci si spostava”.

Ci vorrebbe una sorta di ‘politca’ dell’arte di strada?

Sì, e dovrebbe comprendere educazione degli artisti ed educazione del pubblico. Quindi quando si va su un'applicazione o su un sito le prime cose che dovrebbero essere evidenziate  sono l'etica di come ci si comporta nel Comune e di come si fa l'arte di strada, non tanto il regolamento e chi c'è e in quale postazione. Aprendo Open Stage (l’applicazione che regola le prenotazioni degli artisti di strada) mi trovo invece davanti una lunga lista di artisti con il posto dove sono nelle città in cui sono. Che me ne frega? Quello che vorrei sapere, da utente, è come si fa l'arte di strada: con dei video, dei tutorial magari di artisti già anziani che hanno fatto, che sanno come si fa e che mi raccontano che cosa devo fare io per strada. Invece purtroppo siamo pieni di persone che non sanno cosa fare, ma hanno il permesso per farlo”. 

Uno dei problemi sollevati è che tante persone che suonano per strada non si possono proprio definire artisti…  

Questo è vero, ma succede qui come credo anche altrove. Il pubblico va educato per evitare l’abusivo, deve capire che non deve lasciare soldi e allora l’abusivo si rende conto di non guadagnare nulla e se ne va. Ma questo si vince con l’educazione, non con la politica: non è il vietare la soluzione, il divieto porta via gli artisti dalla strada”.  

 Oggi siete a Genova a manifestare insieme agli artisti locali. Qual è il messaggio che volete lanciare? 

Siamo qui per dire che così non va bene. Si sta facendo politica sull’arte: gli artisti di strada di solito sono artisti anche nella vita, ma se tu metti tutta una serie di paletti, allontani gli artisti, non gli abusivi. All'abusivo che gliene frega del regolamento, la multa non le paga”. 

E creare una sorta di albo, con iscrizione solo per chi rispetta determinati requisiti?

Esisteva, era stato pensato durante il ventennio. Questo però impediva anche a musicisti e attori che non erano iscritti all'albo di poter fare arte di strada, e anche ai cittadini con altri mestieri che però spesso e volentieri fa anche arte. Noi crediamo che l’arte di strada rientri nel campo dei diritti, e che lo spettacolo di strada rientri in quello del lavoro: quando si fanno i festival, quando si fanno le rassegne, quando si fanno tutta una serie di cose, l'artista è un lavoratore come tutti gli altri e quindi paga le tasse, i contributi; quando invece parliamo di arte di strada parliamo di diritti”. 

C'è una città da prendere esempio in Italia o fuori dall'Italia in cui le cose secondo voi funzionano?  

Nelle città piccole è più semplice: ricorderò sempre il regolamento di Campobasso. Cinque articoli e non c'era scritto niente sostanzialmente di cosa dovevamo fare. Anzi, era quasi un invito ad andare a suonare. Il problema sussiste dove realmente c'è un'inflazione di questa situazione  e poi ci sono dei comportamenti che non sono consoni. Su questi comportamenti bisogna agire ma non è vietando. Sostanzialmente non è mai successo che vietando succedessero delle cose belle”.  

La scorsa settimana il sindaco di Genova Marco Bucci aveva preso a esempio il regolamento di Milano come modello su cui è stato costituito quello genovese. Cosa ne pensate? 

Non ha tenuto conto proprio del principio fondamentale che due luoghi sono diversi fra di loro. Hanno diverse esigenze e sono diversi gli spazi. Qui ci sono strade molto più strette, aree molto differenti tra loro. Adesso, peraltro, anche a Milano vogliono cambiare il regolamento, introducendo una sorta di punteggio: chi va a suonare fuori dal centro guadagna dei punti che poi gli consentono di prenotare il posto in centro. Questo non dà nulla alle periferie, non c’è una funzione culturale: le persone prenoteranno, si geolocalizzeranno, e una volta acquisiti i punti se ne andranno via. L’arte è l’incontro fra il pubblico e l’artista, se c’è solo uno dei due l’arte non si fa”.  

Quale messaggio possiamo lasciare agli artisti genovesi? 

Continuiamo a farci sentire. Qui a Genova ci sono anche artisti di livello che si sono spesi da sempre, noi anche a livello nazionale cerchiamo di farci sentire, anche col Ministero”.  

Chiara Orsetti

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