Meraviglie e leggende di Genova - 28 luglio 2024, 08:00

Meraviglie e leggende di Genova - La notte in cui l’equipaggio dell’Andrea Doria entrò nella storia

Era il transatlantico più bello al mondo, ma ltra il 25 e il 26 luglio del 1956 affondò nelle acque dell’Oceano Atlantico dopo la collisione con la nave svedese Stockholm

Meraviglie e leggende di Genova - La notte in cui l’equipaggio dell’Andrea Doria entrò nella storia

La visibilità limitata dal banco di fitta nebbia calata sul canale al largo di Nantucket, nell’Oceano Atlantico. La velocità ridotta e il segnale sonoro per evidenziare la propria presenza.

La Andrea Doria, il transatlantico costruito nei cantieri navali Ansaldo di Sestri Ponente insieme alla nave gemella Cristoforo Colombo, stava affrontando il tratto di mare sotto l’attenta guida del comandante Pietro Calamai.

Aveva lasciato il porto di Genova il 17 luglio diretta a New York. Nove giorni più tardi, dopo scali a Cannes e a Napoli, si trovava nel pieno della lunga traversata.

La sera del 25 luglio, poco dopo le 23 la motonave Stockholm, battente bandiera svedese, partita da New York e diretta a Göteborg, comparve improvvisamente e accadde l’irreparabile.

Le due navi si scontrarono: la Stockholm colpì il fianco dell’Andrea Doria; la punta rinforza che serviva anche come rompi ghiaccio, piegò e squarciò il fianco del transatlantico uccidendo quarantasei persone che si erano ritirate nelle proprie cabine per riposare.

Il sangue freddo del comandante Calamai evitò il peggio. Era chiaro che fosse necessario evacuare la nave e tutto l’equipaggio iniziò immediatamente le operazioni cercando di mantenere calmi i passeggeri. Alle 5,30 tutti i presenti erano stati allontanati. 

Fondamentale fu l’aiuto dell’Ile de France, preceduto da quello di due navi mercantili, la Cape Ann e la Thomas, soccorritrici insieme alla stessa Stockholm.

La nave del comandante Raoul de Beaudéan, ricevuto l’allarme dal piroscafo italiano, invertì la rotta e con i motori al massimo si diresse nel banco di nebbia, arrivando a poco meno di tre ore dall’incidente e accogliendo a bordo oltre settecentocinquanta persone.

A limitare le vittime, otto nel complesso, fu l’eroicità dell’equipaggio applaudito da tutti, soprattutto dal comandante francese: “Al di là del loro dovere e sarebbe impossibile credere a uomini del mare più di quanto essi hanno fatto”.

Calamai, subito dopo il salvataggio dei passeggeri, restò a bordo dell’Andrea Doria intenzionato ad affondare con la nave. Furono i suoi ufficiali a tornare indietro a minacciare il sacrificio se non fosse saluto sulle scialuppe.

Alle 10,15, a undici ore dall’impatto, il gioiello della marina italiana si inabissava adagiandosi sul fondo del mare a settantacinque metri di profondità.

Foto del nostro lettore Costa F.

La tragedia venne annunciata dalle colonne della rivista ‘Genova’ da Giuseppe Annovazzi: “L’Andrea Doria, una delle navi più moderne e ammirate, orgoglio della nostra Marina, e particolarmente cara al cuore dei genovesi che la videro nascere, quatto anni or sono, sugli scali dell’Ansaldo, è affondata, in seguito alla collisione con la nave svedese Stockholm”.

Ancora, nell’articolo Annovazzi scrisse: “Partita da Genova il 17 luglio e da Gibilterra il 19 con 1.134 passeggeri, oltre ai 568 componenti dell’equipaggio, l’Andrea Doria navigava, la sera del 25 luglio, in prossimità del Battello-Faro di Nantucket a 180 miglia dal porto di New York, dove era appunto attesa la mattina del 26”.

Nelle parole del comandante, il racconto della tragedia: “Non appena incontrammo la nebbia - dichiarò il comandante Calamai - si provvide a chiudere le porte stagne e si comincia a emettere regolari segnali di nebbia e vennero prese altre precauzioni normali. Passato il Battello-Faro di Nantucker, su scala 20 miglia, il nostro Radar rilevava a considerevole distanza l’indicazione di una nave che risultò essere la Stckholm. Siccome la nave si avvicinava e aumentava anche il rilevamento, ordinai il cambio di rotta a sinistra per garantire all’Andrea Doria il maggior spazio possibile. La nave che si avvicinava era costantemente osservata e, non appena uscita dalla nebbia e potemmo vederla a occhio nudo, virò verso di noi e venendo incontro a grande velocità ci colpì sul fianco destro, malgrado il mio tentativo di evitare la collisione”.

Isabella Rizzitano

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