Settanta anni di attività ininterrotta, tra le mura dei locali di piazza Matteotti. Tanto è passato da quel 29 luglio 1954 quando, grazie a una storia che ha dell’incredibile, si era alzata la serranda sulla nuova sede della Libreria San Paolo di Genova. Un traguardo importante, reso ancora più emozionante dalla consegna che attesta la libreria come ‘locale di interesse storico’. A raccontare un’avventura che inizia prima della fine della Seconda Guerra Mondiale è Luca Valenziano, responsabile della libreria genovese: “Forse dovremmo dire che abbiamo un doppio anniversario, sia i settant’anni da quando siamo in piazza Matteotti, sia gli ottanta dall’apertura del primo punto vendita”. Valenziano racconta l’arrivo dei primi Paolini, tre frati mandati a Genova dal beato Giacomo Alberione, fondatore di Famiglia Cristiana ed Edizioni Paoline, che misero piede in città prima del 25 aprile 1945. “Il beato Alberione era un visionario - spiega ancora il responsabile - ha espanso quello che noi in gergo definiamo l’apostolato della stampa, ossia il mettere al servizio del Vangelo i mezzi di comunicazione. Con il suo operato è arrivato nei cinque continenti, ha fondato radio e televisioni. Addirittura, il primo film a colori venne fatto dalla San Paolo”. Poco prima che finisse la guerra, Alberione decise dunque di mandare tre suoi figli spirituali a Genova ma i mezzi erano quelli che erano e l’attività iniziò con un po’ di espedienti: “Presero in affitto un primo locale in piazza San Lorenzo, al ventotto rosso, dove oggi si trova ancora un piccolo negozio di souvenir. Iniziarono la loro attività lì ma lo spazio era poco”. E qui inizia la storia che sembra la trama di un film. “I tre frati chiesero al beato Alberione di fare qualcosa ma in un momento di profonda difficoltà, con la guerra finita e la necessità di ricostruire le città, il beato che consigliava sempre di usare tutti i mezzi umani a disposizione, consigliò ai tre di giocare la schedina, ‘se è il caso, giocate al totocalcio, farete tredici’. Nemmeno a dirlo, uno dei tre giocò la schedina e fece tredici. Coi soldi vinti si poté così acquistare il locale di piazza Matteotti”. Così, ristrutturati gli ambienti dove c’era un vecchio ristorante, ‘Le due colonne’ proprio per via delle colonne al suo interno, la nuova libreria era pronta per tornare in attività. “Abbiamo trovato tantissimi documenti, tra cui un ricorso presentato da una libreria che sorgeva nel palazzo accanto e che lamentava il rischio di vedere diminuiti i clienti per la troppa concorrenza”. Quei documenti sono stati preziosi per ricostruire la storia dell’attività che, da qualche giorno, ha affisso orgogliosamente la targa di locale di tradizione proprio all’ingresso: “L’assessora Bordilli si è innamorata della nostra storia e ci è stata molto vicina”, racconta ancora felicemente Valenziano che, parlando ancora del beato Alberione, arriva a un aneddoto in cui sono coinvolti Pier Paolo Pasolini e Genova. “Il beato Alberione riuscì a convincere Pier Paolo Pasolini a fare un film su San Paolo. Pasolini scrisse la sceneggiatura, pubblicata anche da Garzanti, e per i dialoghi utilizzò pedissequamente il Vangelo, gli Atti degli Apostoli e le lettere di Paolo mentre gli attori avrebbero avuto costumi contemporanei, anni ’70. Questo film non venne mai realizzato perché sarebbe costato uno sproposito. Si sarebbero dovute fare riprese nelle capitali del mondo”. Persino le città sarebbero state trasposte per far diventare le città dell’epoca le capitali del periodo. Un esempio? “Atene era la capitale della cultura dell’epoca, nel film di Pasolini questa diventava Parigi; la capitale economica era Roma, e sarebbe diventata New York”. Una rivisitazione in chiave contemporanea in cui sbuca Genova: “Corinto, la città più cara a San Paolo, diventa Genova perché porto di mare e amata dal santo. Nel pensiero di Pasolini alla domanda quale città avrebbe amato San Paolo risponde Genova”. Per Valenziano, il mestiere del libraio fa nascere un legame speciale con i lettori e con le lettrici, quasi ci fosse bisogno di una confidenza, per ciascuno sempre diversa e unica: “Le persone confidano gioie e soprattutto dolori ai librai. Personalmente, credo che chi legge, compia nel gesto un atto molto intimo. Quando si legge un libro si è soli con sé stessi, con la propria coscienza. Si entra in un sacrario personale. In qualche modo, il libraio è una sorta di guardiano di questo sacrario e gestisce l’andirivieni al suo interno. Quando consiglia un libro, apre una porta su un mondo ma, all’interno, si è da soli con i propri temi interiori”. “Noi non siamo una libreria cattolica - conclude - siamo una libreria religiosa. Siamo invitati e chiamati a trasformare tutto il reale in qualcosa che porti a un orizzonte ulteriore. Il pubblico a cui siamo legati è quello delle persone molto semplici, che chiedono di leggere cose che riguardano il Vangelo, dei messaggi di Papa Francesco. Quando tornano hanno sguardi illuminati e raccontano di quanto sia piaciuto il libro; persone che hanno desiderio e ci tengono ad acquistare libri che parlino di Gesù o che riportino meditazioni, quello è un pubblico a cui siamo molto legati. Con serendipità, quel fare scoperte non intenzionali, nelle librerie fisiche si incontrano migliaia di titoli. Ci si può perdere e, a colpo d’occhio, trovare qualcosa che sorprenda. Questa è la grande risorsa di ogni libreria”.