Prosegue questo sabato, e andrà avanti per tutti i sabati successivi, ‘Lo Sport che amiamo’, una rubrica dedicata a personaggi e storie di sport della nostra città e della nostra regione. Ci piace raccontare quel che c’è oltre il risultato sportivo: il sudore, la fatica, il sacrificio, il duro allenamento, l’impegno, le rinunce, lo spirito del gruppo. Tanti valori che vogliamo portare avanti e mettere in luce con quello che sappiamo fare meglio: comunicandoli. Comunicarli significa amplificarli, ed ecco perché lo sport può diventare, sempre di più, ‘Lo Sport che amiamo’. Ci accompagna in questo percorso un giovane di belle speranze: Federico Traverso, laureando in Scienze della Comunicazione. Oggi parliamo di Camilla Moroni, genovese, che parteciperà alle Olimpiadi di Parigi nella disciplina dell'arrampicata sportiva.
Hai detto che l’arrampicata è entrata nella tua vita come un gioco: ce lo spieghi meglio?
“Ho iniziato grazie ai miei genitori, che arrampicano su roccia per passione e fin da piccola mi hanno sempre portata con loro, per esempio a Finale Ligure dove si scala su roccia. È iniziato, appunto, come un gioco in mezzo alla natura, per poi fare i primi passi in verticale e toccare la roccia con le mie mani. A tredici anni la mia passione è proseguita nel mondo indoor, in palestra, dove tutt’oggi si svolgono le gare.”
Il 23 giugno a Budapest hai centrato la qualificazione alle Olimpiadi. Cosa hai provato in quel momento?
“È difficile da spiegare. Ho terminato la gara con un errore, e in quel momento pensai di aver mandato tutto all’aria. Subito dopo mi ha prelevato l’antidoping, nella stanza per il controllo ero senza cellulare e non potevo quindi guardare la classifica per sapere se mi fossi qualificata. C’è stata un po’ di suspense, ma poi per fortuna sono riuscita a leggere le classifiche da un’altra atleta. Quando ho realizzato di essermi qualificata ho fatto un sospiro di sollievo, perché finalmente ce l’avevo fatta. La parte più difficile, dove ho provato la pressione maggiore, era finita.”
Hai detto che dietro alla qualificazione olimpica ci sono almeno tre anni di allenamento. Come ci si prepara ad un evento così importante?
“Il mio è stato un percorso particolare: alle Olimpiadi si gareggia in Combinata, tra Boulder e Lead, mentre io nasco come specialista Boulder. In questi tre anni, quindi, con il mio allenatore abbiamo cercato di capire quale fosse il modo migliore per allenare contemporaneamente due specialità che richiedono caratteristiche fisiche diverse. Abbiamo fatto tanti esperimenti, cercando di dosare gli allenamenti tra una disciplina e l’altra fino a che non abbiamo trovato la ricetta migliore per me. Questo perché ognuno ha caratteristiche proprie, diverse dagli altri, e quindi deve svolgere allenamenti e cercare compromessi differenti.”
Parteciperai, appunto, nella specialità di Combinata tra Boulder e Lead (la prima è un’arrampicata su vie basse, di breve durata ma di massima intensità, mentre nella Lead si scalano vie sempre più difficili). In quale delle due ti esprimi meglio e perché? A Los Angeles 2028 le due specialità verranno divise, è un qualcosa che auspichi?
“Sono nata come boulderista, ho delle caratteristiche fisiche che si addicono di più al Boulder, che infatti preferisco. Sono più forte ed esplosiva, mentre nella Lead conta di più la resistenza. Punto ad arrivare a Los Angeles 2028 perché credo di potermi esprimere meglio nella singola gara di Boulder. Inoltre, potrei concentrare i miei allenamenti su questa disciplina e dedicarmici al cento per cento.”
Le tue aspettative e obiettivi per il torneo Olimpico?
“Lo dico sempre, sono un’atleta molto oggettiva. Non credo nei miracoli, so benissimo cosa posso fare e cosa invece è impossibile. Un podio, con questo format della Combinata, è fuori portata. Se riuscissi a fare una gara perfetta, senza errori, forse potrei ambire alla finale, e quello sarebbe per me un grande obiettivo.”
Da Genova a Parigi: la tua presenza ai Giochi è un vanto per tutto lo sport genovese e ligure, tra l’altro tu figuri tra i testimonial di Genova Capitale Europea dello Sport 2024, per cui questo può essere per te un motivo d’orgoglio in più…
“Sì, assolutamente, può essere un motivo d’orgoglio, ma allo stesso tempo spero che la Regione Liguria apra nuove palestre. Per un’atleta agonista è difficile allenarsi a Genova, io stessa due o tre volte a settimana vado a Milano in giornata per allenarmi. Inoltre, frequentando le palestre milanesi, ho visto che negli ultimi anni l’arrampicata è uno sport che sta prendendo moltissimo piede, infatti cerco di evitare gli orari di punta in palestra proprio perché tante persone lo praticano. Sono soprattutto ragazzi universitari, che iniziano a scalare per divertimento insieme agli amici, dato che è uno sport estremamente aggregante e amichevole. Si può comunicare, ci si scambiano idee sul metodo migliore per salire il percorso, è un modo per stare insieme. Amo la mia regione, ma mi piacerebbe che ci fossero più impianti sul territorio.”