Attualità - 11 luglio 2024, 08:30

Voltri, la biblioteca del mitico professor Fabiano donata (in parte) alla cittadinanza

Settecento volumi dell'amatissimo docente di greco e latino morto nel 2020 in pieno Covid adottati dalla "Benzi": l'iniziativa fortemente appoggiata dai familiari

Voltri, la biblioteca del mitico professor Fabiano donata (in parte) alla cittadinanza

Sino a qualche anno fa, in via Lemerle, in un palazzo stretto e sottile lungo la strada che conduce a Mele e al passo del Turchino, c’era un’abitazione privata più ricca e fornita di una biblioteca universitaria. Una casa ricolma di libri, nel vero senso della parola: perché chi la abitava, e la viveva per tantissime ore del giorno e della notte, teneva i volumi dappertutto, persino in cucina, persino in bagno, nella dispensa e dovunque ci fosse un pertugio libero.

Aveva imparato a sfruttare ogni angolo, il professore, perché ogni angolo era prezioso e perché mai si sarebbe privato di un solo titolo della sua collezione. Poi, durante il primo lockdown, nell’aprile del 2020, Gianfranco Fabiano morì e tutto quell’immenso patrimonio e quell’infinita cultura rischiavano di andar perduti per sempre.

Il professor Fabiano, iconico docente di latino e greco al liceo “Giuseppe Mazzini”, presso la sua succursale di piazza Bonavino a Pegli, aveva scelto per sé precisamente quella vita: non aveva preso moglie, non aveva messo su famiglia, non aveva animali domestici, e invece aveva scelto i libri e lo studio come suoi compagni di vita.

Pareva sapesse la “Divina Commedia” a memoria, traduceva i testi anche più ostici dagli autori dell’antichità senza il minimo ausilio del vocabolario, sapeva quattro lingue, discettava di arte e filosofia, conduceva lezioni indimenticabili e interrogazioni altrettanto indimenticabili (nell’accezione positiva e negativa di questo termine…).

Per lungo tempo, i suoi parenti (che vivono fuori regione), si sono posti il problema di cosa fare di quei libri (e anche delle moltissime videocassette, perché il professor Fabiano era pure un amante e profondo conoscitore del cinema): sapevano che disfarsene sarebbe stato come far morire Gianfranco una seconda volta. E poi era troppo forte il ricordo che aveva lasciato tra i suoi studenti, troppo lacerante il dolore per la sua morte prematura.

Oggi una parte di quell’immensa biblioteca è diventata pubblica, grazie proprio al gesto dei familiari. Settecento volumi appartenuti al professor Fabiano (che odiava essere chiamato prof. e voleva sempre il suo titolo per esteso…) sono stati adottati dalla biblioteca “Rosanna Benzi” di Voltri, a pochi metri di distanza da quell’abitazione di via Lemerle già un tempo frequentata da tanti suoi studenti ed ex studenti, ai quali il professore continuava a dare una mano negli studi, più o meno "caproni" che fossero (un termine a lui tanto caro).

I settecento volumi sono stati selezionati dalla biblioteca comunale da tutto il patrimonio di Fabiano. È un numero importante, anche se non rende l’idea di quanti il professore ne possedesse (e su tutti sapeva dire qualcosa): è stato necessario operare una scelta semplicemente per ragioni di spazio, ma la speranza è che, un domani, tutta la biblioteca del professor Gianfranco Fabiano possa tornare a beneficio dei ragazzi e delle ragazze nella sua interezza, perché in fondo proprio così lui avrebbe voluto e perché solamente così un libro continua a vivere anche se non c’è più il suo possessore, mentre un libro chiuso resta un sapere sprecato, resta "come fare lezione senza voce, come fare l’amore senza attributi", una delle frasi celebri di Fabiano.

Una volta un gruppo di studenti, per sdebitarsi di uno dei tanti aiuti dati dal professore, gli regalò un’edizione di pregio delle opere di Marco Terenzio Varrone. "Pensate che non lo abbia già?", aveva detto Fabiano. Però nella sua cartella insieme ai registri e all’immancabile “Sole 24 Ore” lo aveva riposto. Bello apprendere che oggi gran parte di quel sapere torna indietro, alle persone a cui Fabiano aveva cercato di trasmetterlo, e a tutte le future generazioni di studenti.

“Non omnis moriar, multaque pars mei vitabit Libitinam”, non morirò del tutto, e molta parte di me eviterà Libitina (cioè la morte): lo scriveva il poeta latino Orazio nell’ode che è un po’ il suo testamento. Ed è esattamente quello che sta succedendo anche per il professor Fabiano: per sempre vivo grazie ai suoi libri. 

Alberto Bruzzone

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