Attualità - 11 luglio 2024, 11:03

Nuovo Palasport, nei documenti del Coni i “no” alle competizioni internazionali e il nodo della capienza massima

Stando alla configurazione di progetto l’arena non potrebbe ospitare gare internazionali di basket maschile, pallavolo, tennis, futsal, pattinaggio, pallamano e ginnastica artistica. Ma le cose cambiano alla voce “configurazione a cura del gestore”

La nuova arena del Palasport

La nuova arena del Palasport

Tribune retrattili, seggiolini perfettamente sistemati in tondo per una visuale equa e ampia da ogni angolo, un sistema audio d’avanguardia, spettacolari proiezioni sulle pareti. Che il nuovo Palasport sia un piccolo gioiello incastonato nel nascente Waterfront di Levante è già stato detto in lungo e in largo da chiunque, ma ci sono ancora delle domande le cui risposte potrebbero indirizzare da una parte o dall’altra un’opinione più completa sull’arena che, a qualche mese dalla sua apertura, è già stata presentata in pompa magna.
Quali sport si possono praticare? Al netto della capienza massima di 5 mila spettatori, quanti realmente ne può ospitare? Si possono svolgere anche competizioni internazionali? E se sì, di quali discipline?

Stando alla configurazione di progetto nelle mani del Coni, l’arena potrà ospitare competizioni regionali e nazionali di basket, futsal, futsal grande, pallavolo, tennis, arti marziali, pattinaggio, pallamano, ginnastica artistica, hockey su pista, badminton, danza sportiva e scherma.
Le limitazioni arrivano per le competizioni internazionali. Nella configurazione di progetto risulta infatti non consentito svolgere partite di basket maschile, futsal, fusta grande, pallavolo, tennis, pattinaggio, pallamano e ginnastica artistica che escano dai confini nazionali. Per quanto riguarda la capienza, inoltre, il limite massimo è fissato a 3.999 spettatori come da decreto Pisanu.

La questione cambia alla voce configurazione a carico del gestore. Qui gli unici “no” sono per le competizioni internazionali di futsal, futsal grande, pattinaggio e pallamano, mentre per il tennis si legge “sì, in deroga numero spettatori e altezza a 12 metri”.



La prima parola d’ordine, quindi, è “deroga”. La seconda è “altezza”. E si inserisce anche una terza “oculum”. La struttura ‘a cestino’ collocata al centro della tettoia (l’oculum, appunto) è cruciale per la questione altezza, tema sul quale si concentra l’oggetto delle richieste di deroga. Per le competizioni internazionali di alcuni sporto come, per esempio, il basket maschile, il tennis la pallavolo e la ginnastica artistica è richiesta un’altezza minima di 12,5 metri (fino a qualche anno fa era di 12). Stando a quanto emerge da fonti Coni, pare siano in corso lavori per intervenire sull’impianto di illuminazione e sull’oculum per arrivare a quota 11,8 o 11,9. Con pochi centimetri di differenza, quindi, è possibile ottenere la deroga e, quindi, ospitare anche manifestazioni internazionali, gli eventi che consentirebbero introiti anche dal punto di vista della bigliettazione.

Non è infatti un segreto che tennis, basket e pallavolo siano gli sport che maggiormente attraggono appassionati disposti a pagare un biglietto per vedere partite di alto livello. Meno probabile che ci siano masse di spettatori disposti a sborsare per eventi di sport cosiddetti minori. E qui torna in gioco la questione capienza, anch’essa soggetta a deroghe per passare dai 3.999 spettatori del decreto Pisanu ai 5 mila massimi consentiti dalle sedute della nuova arena genovese.
La massima potenzialità del Palasport, quindi, sembra essere particolarmente legata alle deroghe, sia per la tipologia di manifestazione sportiva internazionale da ospitare, sia per consentire all’arena di ampliare la sua capienza alla portata massima di 5 mila spettatori.

Intanto il vice sindaco di Genova, Pietro Piciocchi, in una sorta di botta e risposta tra sé e sé, ha pubblicato sui social le risposte a una serie di domande che in questi giorni stanno circolando in merito alla nuova struttura dell’ex Fiera.

In merito alla vendita a 14 milioni e il riacquisto a 23, Piciocchi spiega: “Nel 2017 tutte le aree della ex Fiera di Genova erano ipotecate dalle banche e stavano per essere messe all'asta per pagare i debiti contratti dalle precedenti amministrazioni fummo costretti a vendere parte del compendio dalla Corte dei Conti, così da risanare il bilancio, evitando guai peggiori. Abbiamo venduto un rudere, un edificio che cadeva a pezzi, completamente inagibile e fuori norma, chiuso ormai da anni, un impianto totalmente obsoleto rispetto alle regole di settore. Compriamo un impianto finito, omologato dal Coni, completamente rinnovato, conforme alle norme di legge, utilizzabile per dodici discipline sportive, e relative competizioni nazionali e internazionali, con una dotazione di 729 parcheggi che saranno messi a disposizione del pubblico. Il valore di vendita è stato certificato dall'Agenzia delle Entrate, il valore di acquisto dall'Agenzia del Demanio”.

Qualcuno si era lamentato dei ‘soli’ 5 mila posti a fronte dei 15mila del precedente Palasport, obiezione a cui Piciocchi risponde: “Non  è affatto vero che il vecchio palasport aveva 15 mila posti. Come molti di noi ricordano, il vecchio presentava due tribune dove le persone venivano collocate alla rinfusa, senza una precisa delimitazione di posti. C’erano poi vari luoghi dove si poteva sostare a caso, cosa che oggi la normativa non permette più. Gli impianti sportivi sopra 3999 posti richiedono una serie di requisiti e una una predisposizione di aree esterne impensabili per il Waterfront. Rispetto al limite siamo riusciti a collocarne ulteriori mille che potranno essere utilizzati per gli spettacoli oppure, con la deroga della Commissione di vigilanza, per eventi sportivi. Sul piano gestionale, questo Palasport è dimensionato in maniera consona al raggiungimento di un equilibrio economico della gestione e, a differenza del vecchio, si presta ad un uso quotidiano che è esattamente quanto abbiamo in mente”.

E, infine, sui seggiolini che qualcuno ha definito ‘verde pesto’: “Il colore è stato scelto dallo studio dagli architetti che hanno fatto varie prove cromatiche e hanno ritenuto che fosse questo il colore che meglio si sposava con la copertura storica di vetroresina, interamente recuperata e ripulita. Nessun riferimento al pesto...che poi, non se ne vogliano i dotti amici radical chic dell'opposizione, non è neppure una cosa così brutta”.

Pietro Zampedroni

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