Sei album all’attivo, un Premio della Critica "Mia Martini" conquistato nel 2021 con il brano Mai dire mai (la locura), in gara alla settantunesima edizione del Festival di Sanremo, umorismo tagliente e nessuna paura di esporsi: questo è Willie Peyote, che torna a esibirsi a Genova per la preview della nuova edizione di Balena Festival nella serata di domani, mercoledì 3 luglio.
L’appuntamento è, come di consueto, all’Arena del Mare, dove l’artista torinese (al secolo Guglielmo Bruno), porterà in città il suo "Sulla riva del tour" per consolidare ancora una volta il legame con il suo pubblico, presentare live i nuovi brani e facendo cantare con i suoi grandi successi.
Una scrittura caratterizzata da sapienza e coraggio, facendo sempre attenzione a non mandarle troppo a dire, strizzando però sempre l’occhio alla canzone d’autore nonostante si tratti, in fondo, di rap. E, forse, è proprio questo il segreto del successo di Peyote, oltre a una grande padronanza della scena e alla collaborazione con musicisti di grande spessore.
Quando sei stato a Genova l’ultima volta eravamo in piena pandemia, indossavamo tutti le mascherine, era un periodo complicato per la musica e non solo. Che concerto dobbiamo aspettarci questa volta?
“Cambierà più per il pubblico che per me in realtà, ma mi aspetto che ci si muova parecchio. Il nostro è un concerto in cui si può partecipare col corpo, mi aspetto venga vissuto nella sua interezza, anche ballando. Cerco di fare musica che faccia muovere il corpo e la testa e mi auguro che, con lo spazio a disposizione, ci si possa muovere di più”.
Hai un legame particolare con Genova, vuoi raccontarcelo?
“Ho collaborato con alcuni artisti importanti della vostra città, in particolare gli Ex-Otago, e ho partecipato spesso ai loro concerti a Genova. Ho frequentato molto Genova nel periodo più o meno 2015-2017, venivo per trascorrere il weekend con gli amici che vivevano sui colli vicino a Genova, a Donega… Per me è un luogo importante, abbiamo consolidato rapporti che ci hanno aiutato a scrivere in quel periodo in particolare. Le sono molto legato, è una delle città italiane che ho frequentato di più e in cui ho più amici”.
Il tuo modo di scrivere è caratteristico e non è strano pensare di fare un collegamento con la Scuola Genovese…
“In Italia si scrivono canzoni con la voglia di scrivere qualcosa di autorale, e non si può prescindere dalla Scuola Genovese. Per forza di cose siamo tutti figli della grande scuola genovese, altrimenti non scriveremmo canzoni”.
Con questo tour celebri i tuoi ‘primi’ dieci anni di carriera, ma ci sono artisti della nuova scena che ti sembrano particolarmente promettenti?
“Credo che quello di Marco Castello quest’anno sia uno dei progetti più interessanti, a mio gusto il più piacevole e interessante da ascoltare. Nomino anche i veneziani Queen of Saba, ed Ele A, sono nomi non più così emergenti, oramai hanno già un loro pubblico, ma vale la pena ascoltarli”.
E in questi dieci anni la tua musica come è cambiata?
“Diciamo che sono dieci anni che si sono accorti della mia carriera musicale, ma suono da più tempo. In questo periodo è cambiato tantissimo tutto, e non solo una volta: dieci anni fa esatti lavoravo ancora in un call center e c’era un modo diverso di fruire la musica. Tutto girava intorno a YouTube, i progetti nascevano dal basso ma lo streaming non aveva ancora conquistato questo spazio. Non esisteva un modo di proporre la musica e i contenuti come ora avviene con TikTok, che ha cambiato tantissimo il nostro modo di ascoltare la musica… È cambiato tutto tanto, almeno tre o quattro volte. Da quando ho iniziato la mia carriera nel 2014, facendo comunque un rap underground molto molto connotato nel genere, negli anni successivi l’esplosione dell’indie ha cambiato il volto del pop, e quella della trap ha cambiato il mondo del rap; l’indie ha cambiato il pop, però poi è stato inglobato e non esiste più. Le cose sono cambiate tante volte, e oggi è un momento storico che ha un suo tratto distintivo che è tornato a essere molto pop nella sua accezione di intrattenimento e di cassa dritta e leggerezza complessiva, perché secondo me risponde a un momento difficile di tutti e ci sta che si cerchi di alleggerire la musica. Non so dirti che cosa succederà nei prossimi dieci anni, visti i cambiamenti avvenuti finora”.
La musica è cambiata, ma secondo te continua ad avere il potere di far cambiare le cose intorno, di influenzare il cambiamento sociale?
“In generale, la risposta è sì: la musica, come ogni forma d’arte, ha il potere di poter influenzare. Oggi è più sintomo di una voglia di evasione dalla pesantezza del mondo che non una voglia di cambiarlo il mondo, quindi forse in questo momento non è così sentito, c’è più la voglia di intrattenere, però è un momento. A livello assoluto però la musica può, non è che debba. Non c’è un vincolo abbligatorio per gli artisti, non si devono imporre di cambiare il mondo che gli sta intorno, ma succede probabilmente comunque sul lungo periodo. Tutto è fonte di cambiamento, la musica ha questo potere, ma non vedo in quello che stiamo vivendo un momento in cui si cerca con la musica di cambiare le cose. È più cambiare l’umore che cambiare il mondo”.
L’ultimo progetto che ti ha visto protagonista è insieme agli Eugenio in Via di Gioia, con la canzone scritta per Tomaj Salehi, il rapper iraniano che ha rischiato di essere condannato a morte per aver contestato il regime. Vuoi parlarcene?
“È stato naturale. A me era arrivata la proposta dal Corriere della Sera di fare un pezzo per Tomaj e casualmente in studio con gli Eugenio ho ascoltato dei pezzi loro e c’era questo brano che sembrava già scritto in riferimento alla sua storia, sempre che loro se ne fossero accorti. Quando l’universo ti da certi segnali bisogna mettere insieme i tasselli: ho avuto l’idea di prendere le parole di Tomaj, perché chi meglio di lui poteva raccontare effettivamente questa storia, e ho messo in rima in italiano prendendo spunto dal suo racconto. Abbiamo potuto farlo grazie al fatto che lui si sia prestato con grande voglia a questo progetto, le abbiamo fatte ricantare da lui perché mi sembrava più giusto. Non avevo la smania, mi piaceva l’idea che in qualche modo si potesse far dire a lui le cose che pensa lui, secondo me la sua voce è più importante, più grande, più utile, più indicata. Quando si parla di quanto gli artisti dovrebbero schierarsi, penso che in altre parti del mondo schierarsi può voler dire finire in galera e condannati a morte. Ora la decisione è stata, fortunatamente, revocata, ma pensare a questa situazione ti fa rimettere al tuo posto, ti ridimensiona un bel po’ e ti fa capire che in fondo ci sono sicuramente situazioni che ben più importanti di quelle di cui spesso ci rendiamo protagonisti. Mi piaceva anche l’idea di poter ribadire il concetto di prendere posizione quando rischi davvero qualcosa, sennò no”.
I biglietti per il concerto all’Arena del Mare sono disponibili e in vendita su Dice. Prima di lui si esibirà Anna Castiglia.
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