Cultura - 26 gennaio 2024, 19:56

“L’ultima volta che ho visto mio padre”: la toccante presentazione del libro di Lorenzo Tosa

Palazzo Ducale gremito per il volume, intimo e personale, del popolare giornalista e blogger genovese: “Per trentotto anni ho cercato di difendermi da verità scomode che non volevo affrontare”

“L’ultima volta che ho visto mio padre”: la toccante presentazione del libro di Lorenzo Tosa

“È una storia che inizia trentotto anni fa in piazza del Campo, quando a due anni e mezzo sono uscito mano nella mano con mio padre Bruno senza sapere che sarebbe stata l’ultima volta. Mi concederete se dovesse scappare una lacrima”. 

Inizia così la presentazione del nuovo libro del giornalista e blogger genovese Lorenzo Tosa, intitolato “Vorrei chiederti di quel giorno. Vita e morte di un ragazzo che era mio padre”. Una sala del Maggior Consiglio gremita, dopo che proprio in questi giorni sono passati di qui Carlo Barbero e Steve McCurry, questa volta di persone affamate di emozione e non solo di cultura: un pubblico eterogeneo ha avvolto Tosa e la sua storia con affetto, calore, talvolta commozione. 

Insieme all’autore ha dialogato Emilia Marasco, mentre Carla Peirolero ha letto alcuni estratti del romanzo, essenziali per comprendere l’atmosfera in cui si muove l’intera storia. Una storia che racconta di padri e figli e degli occhi esterni che servono necessariamente a un bambino per comprendere chi fosse realmente Bruno Tosa, quell’uomo che, a poco più di trent’anni, ha deciso di porre fine alla sua vita. 

Video di Isabella Rizzitano

“Scrivere questo libro è stato per me catartico, liberatorio, quasi terapeutico direi - spiega Lorenzo Tosa -. È una storia che custodivo nella pancia della mia famiglia, quasi condannata a un oblio familiare e anche sociale: perché il suicidio, bisogna ricordarlo, è un tema di cui non si può parlare, sembra quasi impronunciabile. Figuriamoci come può essere vista l’idea di prendere carta e penna e raccontarlo in un libro. Ho voluto farlo anche per restituire a quella figura di uomo, di ragazzo, morto a trentatré anni, quella dimensione che meritava per riconsegnarlo alla sua reale umanità, per restituirgli quella dignità che non ha mai perso, nella sua fragilità e complessità di essere umano. Mio padre è stato anche militante, per anni è stata una delle colonne di Lotta Continua in una stagione complicatissima, piena di contraddizioni, che ha vissuto in seconda linea. Questo è un aspetto interessante, perché mi ha dato la possibilità di raccontare quella stagione di contestazioni senza la storia con la S maiuscola, quella delle organizzazioni extra parlamentari, di come funzionavano, di cosa si dicevano all’interno di queste riunioni. Ho fatto questa operazione attraverso gli occhi dei testimoni di quella storia, i compagni, gli amici di Bruno, mio padre, e di chi ha vissuto veramente quella storia in una città che è stata fortemente protagonista di quegli anni. Alla fine è diventata una sorta di biografia intima e personale ma anche in qualche modo quella di un’epoca, di una generazione che, come diceva Giorgio Gaber, ha perso. Anche se in fondo io non sono così convinto che abbia perso sul serio: i segni che ha lasciato sono ancora forti in noi. Ci è stato regalato tanto durante quella stagione, pur con le sue ombre. Mio padre è diventato un po’ un emblema di quel periodo anche a livello politico, collettivo, a livello sociale”.

“Sapere o ignorare sono forme simmetriche di salvezza” è l’innesco del racconto, il racconto di una malattia mentale, di un disagio, della difficoltà di un uomo. Eppure ancora oggi, a distanza di quasi quarant’anni, parlare di salute mentale è spesso un tabù: “Nel 2024 è ancora tabù parlare di salute mentale. Anche per questo mi sono deciso a raccontare questa storia, e non è un caso che abbia voluto accanto a me, in questo percorso, il progetto ITACA, un’associazione che si occupa di tutela della salute mentale e di abbattere stigmi, pregiudizi e tabù che ancora esistono e resistono attorno al tema del suicidio e della salute mentale”.

Senza cercare vittime o colpevoli, ma solo persone e le loro motivazioni: forse questo è il solo modo per affrontare un argomento tanto delicato quanto necessario. “Per trentotto anni ho cercato di difendermi da verità scomode che non volevo affrontare, ma non mi sono mai sentito vittima. Non è una resa dei conti ma un modo per capire chi sono io”.

Il libro “Vorrei chiederti di quel giorno. Vita e morte di un ragazzo che era mio padre”, edito da Rizzoli, è disponibile in libreria dal 23 gennaio 2024.

Chiara Orsetti

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