Oggi, 23 gennaio 2024, si celebrano due ricorrenze: il sessantasettesimo compleanno di Aldo De Scalzi, una delle leggende della musica nostrana, e il primo mese di vita dell’ultimo album ‘Diabolik chi sei’, frutto della lunga e fruttuosa collaborazione con Pivio e con i Manetti Bros.
Dopo ‘Diabolik’ e ‘Diabolik Ginko all’attacco!’, i musicisti e compositori hanno firmato anche l’ultimo capitolo della trilogia: ancora una colonna sonora, ancora un successo cinematografico, ancora un vinile tra le mani e nel giradischi.
“Il bilancio di questi anni trascorsi ‘in musica’ non può che essere positivo - racconta De Scalzi, direttamente dal suo studio di registrazione in via Redipuglia, poco distante dal mare e dall’ex ospedale psichiatrico di Quarto - Non sono una persona ambiziosa, non ho mai fatto progetti e non mi sono mai dato dei ‘goal’ da raggiungere, ma sono l’uomo più fortunato del mondo. Sono un artista a trecentosessanta gradi, anche se definirsi tali da soli è un po’ difficile: penso comunque di esserlo, e sono contento di essere riuscito a realizzare tantissimo a livello musicale. Il bello della musica da film è che ti permette di spaziare in tutti i generi: ho lavorato con con percussionisti africani e con grandi orchestre, e avendo l’animo dell’arrangiatore sono anche riuscito a utilizzare e a lavorare con le più disparate strumentazioni. Più di così non so cosa avrei potuto volere”.
L’ultima soddisfazione, almeno in ordine cronologico, è proprio la pubblicazione del vinile legato al terzo capitolo della saga Diabolik: una piccola opera d’arte non solo per le melodie contenute al suo interno, ma anche per la grafica e per il vero e proprio fumetto inedito contenuto al suo interno. “Prima di parlare di questo disco ci vuole un’introduzione sul vinile in assoluto - prosegue De Scalzi - Non si può equiparare la qualità di riproduzione di un CD a quella di un vinile: anche con un modello con la puntina di diamante non sarà mai la stessa cosa. Ma il bello di un disco inizia fin dalla copertina: intanto ci sono tutti i crediti belli leggibili, e poi ‘costringe’ all’ascolto: quando lo metti su non puoi saltare da un brano all’altro, devi ascoltare tutto il disco, non è un utilizzo ‘mordi e fuggi’. La nostra idea in fondo è anche un po’ politica: se vuoi prendere il disco, poi lo devi ascoltare”. Rispetto ai precedenti, “questa colonna sonora è più legata al funky, al rhythm & blues e alla musica afroamericana, che poi i Manetti Bros. hanno sempre amato. Nel primo lavoro i brani erano più orchestrali, nel secondo più legati al prog anni Settanta, quello che apparteneva ai primi New Trolls e a mio fratello Vittorio”.
All’interno di ‘Diabolik, chi sei?’ ci sono moltissime canzoni e tante collaborazioni: ‘Ti chiami Diabolik’ dei Calibro 35 - ft. Alan Sorrenti, ‘Io non sono qui’ interpretata da Raiz, ‘La notte di Ginko’ con la voce di Franco Ricciardi, ‘La mia sola attrazione’ cantata da Mario Biondi. “Un brano a cui tengo particolarmente vede anche la collaborazione dell’amico Simone Meneghelli: è una canzone che ho scritto pensando a mio fratello, che era morto da poco. Io prettamente scrivo di musica, quindi sarebbe stata probabilmente solo una piccola sinfonia, ma Simone mi ha dato una mano a tradurre quello che avrei voluto dire, e penso che il risultato sia la canzone più bella che abbia scritto. Si intitola ‘Sullo stesso piano’, si trova anche in streaming: nel film è stata montata in una scena in cui si svolge un funerale, anche se poi troviamo anche una scena d’amore dentro”.
E sempre Meneghelli farà parte di uno dei nuovi progetti che hanno in cantiere Pivio e Aldo: un documentario dedicato al loro lavoro. “Quando uscirà ancora non si sa, è in lavorazione: siamo al montaggio, il girato è stato fatto. Molte riprese arrivano anche da sessioni a distanza, visto che in questi anni c’è stato il Covid. Non abbiamo l’età di Ennio (Morricone, Ndr) non ancora almeno, non abbiamo il suo curriculum vitae, per quanto abbiamo circa duecento film all’attivo, il palmares di Ennio, soprattutto sui David di Donatello credo sia imbattibile, però penso che ci stiamo avvicinando piano piano: siamo forse un po’ meno di concetto, un po’ meno rigidi, però sicuramente estrosi”.
Oltre al documentario in lavorazione, in pentola bollono anche altre idee e progetti: “Abbiamo lavorato da poco alla musica del film ‘L’ultima volta che siamo stati bambini’ di Claudio Bisio, bellissimo, e a un altro dedicato all’infanzia, questa volta però durante il fascismo, anche se con una chiave di grande ironia. Insieme ai Manetti Bros. abbiamo poi un’altra colonna sonora in piedi, un film stranissimo come spesso accade con loro: quando mandano il materiale su cui lavorare rimango spesso perplesso, poi quando vedo il lavoro montato capisco qual era l’idea di fondo e ne comprendo il senso, il loro”.
A proposito di musica, tra pochi giorni prenderà il via il Festival di Sanremo, sui cui però De Scalzi è piuttosto critico: “Ogni anno si dice che sarà un’edizione particolare, ma non è quasi mai così. Non conosco tutti i cantanti in gara quest’anno perché ho la fortuna di lavorare in un ambito che non sfiora neanche lontanamente le mode del periodo. Nel mio mestiere non ci sono regole di moda da seguire, quindi non sono obbligato a fare quello che va in quel preciso momento storico e questa è la più grande fortuna che può avere un musicista. Tornando al Festival, penso che sia giusto che si faccia partecipare la musica che gira oggi, teniamo anche presente che i cantanti che sono stati all’apice del loro successo difficilmente sono andati in gara a Sanremo, magari ci sono stati prima di diventare famosi. Secondo me, comunque, quelli spesi per Sanremo sono soldi buttati nel cesso, tanto per usare un eufemismo. Non sono per utili a chi fa musica, non lo sono per niente: saranno importanti per aumentare l’audience, ma per i giovani non hanno effetti, anche perché spesso neanche lo guardano. Si tratta di una kermesse di intrattenimento, ed è anche giusto che ci sia, è sempre andato avanti negli anni ed evidentemente funziona… Anche se ‘funzionare’ non mi piace come termine, perché non è quasi mai legato alla qualità di un prodotto. Non credo, comunque, che guarderò il Festival, così come non guardo tante altre trasmissioni nazional popolari”.