Economia - 18 gennaio 2024, 08:00

Amianto lungo i fili del telefono: indennizzata la vedova di un dipendente Telecom per 100mila euro

Amianto lungo i fili del telefono: indennizzata la vedova di un dipendente Telecom per 100mila euro

Tra i tanti mestieri esposti al pericolo della fibra killer c’è anche il settore delle telecomunicazioni. Recentemente, infatti, il Tribunale di Roma ha condannato l’INAIL a riconoscere la malattia professionale a Gian Piero Defendini, deceduto per aver contratto il mesotelioma pleurico a causa dell’esposizione alle fibre di amianto avvenuta durante i suoi trent’anni di lavoro per Telecom Italia (già SIP). Dichiara poi il diritto della vedova, assistita legalmente dall’avvocato Ezio Bonanni, alla rendita e agli arretrati dal 2020, dal valore di circa 100mila euro.

Dal 1973 al 2003 la vittima aveva ricoperto il ruolo di “addetto ad attività tecniche, specializzato in centrali telefoniche e ponti radio”. Il suo lavoro consisteva nell’effettuare saldature a stagno, manipolando costantemente le sottili fibre di amianto durante la verifica dei materiali e della componentistica delle parti elettriche, e durante la sostituzione di quelle usurate collocate negli isolatori, nei trasformatori e negli interruttori. Inoltre si occupava dei controlli di batterie e degli interventi di guasti in container e ponti radio.

L’esposizione di questa tipologia di lavoratori è confermata dal VII Rapporto ReNaM, in cui si legge che “i lavoratori addetti all’installazione e manutenzione delle linee telefoniche potevano essere esposti per la presenza di materiali contenenti amianto all’interno delle canaline di posa dei cavi telefonici o per aver operato in edifici civili o industriali contaminati con presenza di materiali friabili, tipo rivestimenti in amianto nei pavimenti (linoleum), nei soffitti o anche spruzzato nelle pareti”. Secondo il rapporto, i casi di mesotelioma tra gli installatori di impianti telefonici sono 15, sia tra coloro che hanno operato nel settore dell’industria metalmeccanica sia tra quelli che hanno lavorato in banche, assicurazioni e poste. A queste vittime vanno poi aggiunte tutte quelle affette da altre patologie asbesto correlate, come asbestosi, tumore al polmone e altri cancri da amianto.

Stupisce quindi come l’INAIL, Istituto Nazionale Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro, avesse originariamente sostenuto l’assenza dell’esposizione all’amianto della vittima, costringendo i familiari ad affidarsi all’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto. Grazie all’azione dell’avvocato Bonanni, che ha impugnato il provvedimento, il Tribunale ha accolto le istanze del legale condannando l’INAIL a riconoscere la malattia professionale e a costituire la rendita in favore di Riccardina Loconte, vedova del lavoratore che, solo per gli arretrati dal 2020, anno della morte del marito, riceverà 100mila euro. 

«Questa vittoria da una parte imporrà la rimozione delle vecchie centrali, antecedenti alla legge sulla messa al bando dell’amianto – dichiara l’avvocato Bonanni -, dall’altra permetterà di tutelare i lavoratori che purtroppo sono stati esposti e in molti casi sono deceduti per malattie asbesto correlate».

In aggiunta a questo indennizzo, alla vedova è stato riconosciuto anche il diritto all’assegno funerario e alla prestazione aggiuntiva del Fondo Vittime Amianto. Quest’ultima, in particolare, è stata oggetto di un recente decreto interministeriale che ha provocato l’incredulità di molte associazioni, compreso l’Osservatorio Nazionale Amianto. Secondo questo decreto a beneficiare del fondo saranno anche le aziende a partecipazione statale, quelle stesse aziende che hanno provocato le morti di molti lavoratori per esposizione ad amianto.

«È chiaramente illegittimo perché il fondo è per le vittime e non per le aziende – commenta l’avvocato Ezio Bonanni -. Se confermata questa misura si tratterebbe di un’aberrazione giuridica che combatteremo come associazione».

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