Mentre l’immagine di un bambino che si dondola sull’altalena viene proiettata sul proscenio del Politeama Genovese, la voce di Max Gazzè invita a riflettere. Il tour dell'artista romano ha toccato anche il capoluogo ligure nella serata di ieri, mercoledì 22 novembre, e anche qui tempo, spazio, qui e ora compongono insieme un unico dubbio: “Forse abbiamo perso del tutto il senso”.
Nascosto da una tenda velata che lascia intravedere le sagome dei musicisti sul palco, il cantautore romano imbraccia il basso e suona. Il tempo, dettato proprio dal basso che amalgama la batteria agli altri strumenti, diventa il fil rouge di ‘Amor Fabula - preludio’, lo spettacolo pensato per i teatri che sta portando Max in giro per l’Italia.
Dal presente, sottolineato dalle immagini in bianco e nero quasi fosse un paradosso, ci si muove verso il futuro con i brani che saranno contenuti nell’album in uscita nel 2024.
I giochi di luce e le grafiche che invadono la platea, accompagnano lo spettatore dal futuro in cui spiccano ‘Sarà papà’ e ‘Che c’è di male’, brano apripista dell’ultimo lavoro discografico, al passato, con brani come ‘Sirio è sparita’ del 1996, o ‘Siamo come siamo’ del 2011.
Sul palco Max Gazzè propone anche brani mai eseguiti live come ‘Niente di Nuovo’, del 2001; arrangiamenti e chicche regalano sonorità che solo l’acustica e l’intimità del teatro possono valorizzare, come ricorda lui stesso dal palco.
Il concerto e una sorta di avanti e indietro sulla linea del tempo: si canta con ’La favola di Adamo ed Eva’ o con ‘Cara Valentina’, dove Gazzè gioca col pubblico; gli occhi luccicano con ‘Mentre dormi’, forse una delle più belle canzoni d’amore mai scritte.
Max Gazzè ha lo straordinario talento di costruire con le parole scenari quotidiani, familiari, all’interno dei quali compaiono, poco per volta, i sentimenti, delicate suggestioni in cui si insinua la grazia della composizione che li rende piccoli tesori da custodire con gelosia.
La riflessione sulla vita vissuta porta nei brani una dissacrante ironia che mette alla berlina la società, individuandone i punti deboli e cantandoli con un sorriso che spesso è amaro.
Max presta la sua faccia e la sua voce, ribaltando il punto di vista e aprendo nuove prospettive durante l’ascolto. Una sorta di vate che schiaffeggia la società a suon di note di basso.
Accompagnato dalla band (Cristiano Micalizzi alla batteria, Daniele Fiaschi alla chitarra, Clemente Ferrari alle tastiere, Max Dedo ai fiati, Greta Zuccoli ai cori e Nicola Molino al vibrafono), l’artista regala al pubblico un crescendo di emozioni che si conclude con un bis in cui è impossibile rimanere seduti.
‘Ti sembra normale’, ’La vita com’è’, ‘Una musica può fare’, le poltrone si svuotano e il pubblico è in piedi mentre quasi non si vedono gli schermi dei cellulari e pochi che si alzano, appaiono come flash rapidissimi. Il senso è chiaro: il tempo è qui e ora, si dilata, si contrae, ma è nel momento esatto in cui ci troviamo che siamo vivi, ‘Considerando l’ottimismo quel passaggio necessario a compensare la realtà’.