Dallo scorso 20 settembre ha fatto capolino, in piazza De Ferrari, 'Operae' una scultura imponente, alta 13 metri, creata dell’artista pisano Gianni Lucchesi.
Dodici cubi in cemento sollevano la statua di un uomo, a grandezza naturale, seduto con lo sguardo rivolto verso l’orizzonte. Sotto di lui, dalla sommità fino ad arrivare a terra, la sequenza aurea di Fibonacci scandisce la rotazione dei cubi che, sovrapposti in asse l’uno all’altro, realizzano la sequenza 1,1,2,3,5.
Su tutta la lunghezza della colonna sono impressi in oro i sigilli ermetici di Giordano Bruno, con intensità sempre minore tanto più si allontanano dall’uomo sulla cima.
“Questa scultura è stata presentata la scorsa primavera al Fuori Salone a Milano - ci spiega l’artista - e quando la vide Elisabetta Rossetti della Galleria Rossetti mi propose di provare a portarla a Genova: accettai con entusiasmo. La scultura è stata installata in piazza De Ferrari grazie alla caparbietà e alla determinazione della Galleria, che è riuscita a trovare il sostegno di aziende locali”.
Di che cosa ci parla ‘Operae’?
“La scultura racconta del rapporto tra l’uomo e l’armonia della natura: il protagonista guarda davanti a sé seduto sulla sua storia, la storia della ricerca, della conoscenza, della filosofia: ho scomodato due personaggi non banali come Fibonacci e Giordano Bruno.
Di fatto, la scultura è una trasposizione tridimensionale di quel che di solito realizzo molto in piccolo, in miniature. Gli uomini sono piccoli su dei basamenti che metaforicamente rappresentano la nostra storia, il nostro vissuto, la nostra interiorità. Quell’uomo è lì, non c’è un’accezione né positiva né negativa, guarda davanti a sé e lo fà come tutti noi”.
Ma la scultura non è la sola opera di Gianni Lucchesi che si può ammirare a Genova. Fino al prossimo 5 novembre, infatti, nella Galleria Studio Rossetti in piazza dei Giustiniani è allestita la mostra ‘Houston, che sfortuna’, curata da Alessandra Redaelli.
“La mostra nasce da un progetto nuovo ispirato da un lavoro di cantautore giovane, Lucio Corsi - continua a spiegare Lucchesi -. Corsi ha realizzato un album che si chiama ‘Il bestiario’ e in questo disco c’è una traccia, 'La lepre', in cui c’è un racconto quasi surreale.
Quando l’uomo si avvicina alla luna scopre che la lepre ci era già arrivata: “Houston, che sfortuna siamo arrivati tardi c’è una lepre sulla luna”.
È un lavoro che mi ha colpito molto. Avevo appena lavorato a un progetto in cui contrapponevo il comportamento animale a quello dell’uomo, in termini comportamentali: l’animale istintivo che si muove in gruppo e l’uomo disconnesso dagli altri. Ho poi realizzato dei lavori pittorici e scultorei utilizzando la mia cifra stilistica, quella della miniatura. Mi sono divertito a dipingere la crosta lunare e questa piccola lepre che corre. Ci sono poi dei lavori più vecchi, ma questo progetto, in questo momento, è quello che mi sta più a cuore”.
“È una mostra molto poetica, che racconta in maniera onirica e metaforica una tematica ambientalistica forte - aggiunge la curatrice della mostra, Alessandra Redaelli -. L’uomo cerca di risolvere i problemi ragionando, oppure fa in modo di non vederli: ci sono grandi quadri esposti in cui le persone sono impegnate nella loro vita quotidiana, sculture in cui le persone non sanno come sono ‘girate’, che sta andando tutto a rotoli. I cervi hanno capito subito, invece, che devono mettersi in branco e scappare.
Pur utilizzando materiali come cemento e marmo, Lucchesi non è mai pesante, c’è sempre una leggerezza di fondo nelle scelte di bicromia, nei fondi dei quadri, nel marmo e nel bronzo”.