Attualità - 19 settembre 2023, 10:44

19 settembre 1953, la grande alluvione devasta la Fontanabuona

Le vallate della Fontanabuona, Bisagno, Scrivia e Trebbia furono flagellate dalla furia dell’acqua. Sette persone persero la vita e gli abitanti di Siestri, nel Comune di Neirone, furono costretti a lasciare le proprie case

Foto via Polaris - CNR

Foto via Polaris - CNR

Sono trascorsi 70 anni da quel 19 settembre 1953 in cui la grande alluvione devastò le vallate della Fontanabuona, Bisagno, Scrivia e Trebbia e in cui persero la vita sette persone.

Nel ricordo della tragedia, per far si che venga ricordato quanto la città e il suo entroterra dovettero fronteggiare, riceviamo e pubblichiamo la lettera di Renato Lagomarsino, 92 anni, da sempre abitante di Càlvari, in Fontanabuona, che ha condiviso con noi il ricordo di quella terribile giornata.

Lagomarsino si trovò a passare sul ponte poco prima di Carasco con la sua MV quando vide arrivare il muro di fango nel letto del Lavagna, quasi in secca. Accelerò verso la Fontanabuona e si trovò davanti alla piana completamente allagata.

Nei ricordi di chi ha superato gli 80 è ancora vivo il ricordo del nubifragio e della conseguente alluvione del 19 settembre del 1953, giusto settant’anni fa.  Un evento memorabile, paragonato a quello del 15 settembre 1915, del quale non si era ancora spenta la memoria.

Era un sabato e nell’alta Fontanabuona verso le dieci del mattino incominciò a piovere a dirotto e d’improvviso si piombò nel buio più completo. Saette e tuoni si succedevano con una frequenza impressionante. Pareva il finimondo. Le donne erano terrorizzate e piangevano dalla paura.

Ma il vero disastro era avvenuto più a monte. Per oltre quattro ore una valanga d’acqua si era riversata senza interruzione nelle zone alte della Fontanabuona, della Val Bisagno, della Valle Scrivia, della Val Trebbia. L’epicentro di questo eccezionale fenomeno atmosferico era il monte Lavagnola, che fa da spartiacque tra le quattro vallate. 

Più a valle c’era il sole. Però chi si è trovato a passare verso mezzogiorno sul ponte tra la salita di San Lazzaro e Carasco ricorda di avere assistito a un fatto impressionante: nel letto del Lavagna, che era pressoché in secca, stava avanzando un muro ribollente alto parecchi metri formato da fango, alberi, materiali d’ogni genere. Appena dopo Carasco, poco prima di Bavaggi, il fiume debordava sulla strada. La corrente impetuosa trascinava di tutto, persino una mucca, che nonostante il vorticare dei gorghi riusciva a tenere la testa fuor d’acqua.

Con la presenza del sole e col cielo senza nubi pareva impossibile che in capo alla vallata fosse capitato un disastro. Ma nel pomeriggio incominciarono ad arrivare le prime notizie. L’alta Fontanabuona è inaccessibile, quattro operai che stavano costruendo la strada di Craviasco e si erano rifugiati in una cascina sono stati travolti da una frana. Il corpo di uno di loro sarà ritrovato dopo alcuni giorni sulla sponda del Lavagna di fronte a Pian dei Cunei, un altro addirittura a Paraggi, trascinato dalle correnti marine.

Da Gattorna in su c’è un’infinità di frane. E' impossibile proseguire oltre Ferriere. Lungo il corso del fiume sono crollati tutti i ponti pedonali. Quello a tre arcate di Terrarossa  è stato letteralmente “spogliato”: l’acqua vi è passata sopra e ha asportato la parte muraria. Soltanto gli archi hanno resistito. A Gattorna il livello delle acque ha raggiunto i dodici metri. In località Bassi una segheria è stata sventrata e macchine e attrezzature sono sparite. Il ponte in cemento armato tra Calvari e Pian di Coreglia è stato distrutto, nella cappella di San Lorenzo a Calvari l’acqua è arrivata sulla mensa dell’altare. Tutta la piana di fondovalle fino a Carasco è invasa da una coltre d’acqua limacciosa alta un paio di metri.

Nell’alta Val trebbia,  a Ponte Scabbie, fra Torriglia e Montebruno, un uomo e una ragazza che dalle località montane di Neirone stavano trasportando con un mulo il latte delle loro stalle sono stati travolti da una frana. Stessa sorte è toccata a un contadino di Pianazzo, vicino a Montebruno. L'abitato di Siestri, in comune di Neirone, è sconvolto da un cedimento. Il pianoro su cui sorge si è abbassato di un paio di metri sconquassando i muri delle case e una grande frana lo sta minacciando da monte. Gli abitanti, poco meno di una cinquantina, vengono fatti sgomberare.

Dopo qualche giorno, quando ci si può avventurare sulle strade dell’alta Fontanabuona provvisoriamente riaperte, si riesce a comprendere la vastità dei danni. Il paesaggio appare cambiato. Le pendici dei monti sembrano graffiate da unghiate gigantesche, lungo le sponde dei torrenti non vi è più vegetazione e fin dove è arrivato il livello di piena si vede la roccia viva. 

Il nubifragio e l’alluvione del 19 settembre 1953 ebbero ripercussioni anche a Genova, dove il Bisagno, straripando, aveva allagato vasti quartieri. A Chiavari invece i danni furono limitati e la città quasi non si accorse del disastro avvenuto all’interno”.

I.R.

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