Fischi al sindaco di Genova Marco Bucci e al presidente della Regione Giovanni Toti questa mattina durante la celebrazione del 25 aprile in piazza Matteotti. I due interventi sono stati al centro della contestazione di gran parte dei partecipanti alla manifestazione che ha visto un lungo e applaudito discorso da parte del presidente di Anpi Genova Massimo Bisca e l'orazione da parte dell'ex procuratore di Genova Francesco Cozzi.
“Il 25 aprile – ha esordito Bucci - è anche la festa della nostra città, i nostri eroi, le persone morte, oggi sono festeggiate dalla nostra città con coraggio, con gioia e soddisfazione. Loro sono i nostri, con loro continueremo a pensare, ad avere suggerimenti e a fare il nostro futuro. Ricordiamoci che il porto di Genova è stato liberato dai genovesi prima che arrivassero gli alleati, così le fabbriche, le nostre case e le colline. Noi a Genova ci siamo riusciti e di questo siamo estremamente orgogliosi e ringraziamo tutti quelli che si sono sacrificati fino a lasciare la vita per questo motivo. Non possiamo fare altro che dirgli grazie e ricordarli soprattutto oggi, dove abbiamo un futuro davanti a noi e abbiamo bisogno di coraggio, di persone che con amor di patria, dolore per l'oppressione e coraggio per il futuro e fiero carattere hanno costruito Genova nel '45 e continueranno a costruire Genova per il futuro, per noi e le nostre generazioni. Viva il 25 aprile, viva la libertà, viva Genova”.
Fischi anche per Giovanni Toti, il quale ha replicato alla piazza: “Oggi celebriamo un giorno in cui ricordiamo il sacrificio di tante persone, donne e uomini della Resistenza così come uomini delle nazioni unite che hanno ridato la libertà al nostro Paese, quella libertà che vi consente oggi di fischiare come consente a me di parlare da questa parte perché combattere e sacrificarsi per la libertà come hanno fatto i partigiani non vuol dire combattere solo per le proprie idee, ma soprattutto perché anche gli altri possano esprimere le loro, quella è la vera differenza”.
Apprezzato il passaggio di Toti che ha sottolineato la differenza tra partigiani e fascisti durante la Resistenza: “In questa giornata che è fondativa della nostra Repubblica e celebra la fine di una guerra civile, dobbiamo essere molto chiari: nel pantheon della Repubblica ci sono le vittime che si sono sacrificate per la libertà, non coloro che si sono sacrificati dall'altra parte, questo deve essere chiaro, la pietà va a tutti i morti, ma la celebrazione per la libertà va a chi l'ha conquistata, così come bisogna sempre tenere presente, lo disse per prima una presidentessa della Camera, Nilde Iotti, che la Resistenza fu un movimento che unificò l'Italia dai generali badogliani, all'epoca monarchici, ai partigiani comunisti, e questo è lo spirito che anima la festa della Liberazione e la nostra Repubblica perché, sempre citando un ligure illustre come Sandro Pertini, alla migliore delle dittature questa piazza preferirà sempre la peggiore delle democrazie”.
In chiusura fischi sul passaggio di Toti sul conflitto tra Russia e Ucraina: “celebriamo insieme questo 25 aprile ricordandoci che questa giornata ci dice un'altra cosa, non esiste pace senza giustizia, libertà e diritti e lo ricordo perché è il secondo 25 aprile che celebriamo con la guerra a fianco delle porte dell'Europa e la nostra vicinanza a chi lotta per la libertà deve essere allora come oggi per il popolo ucraino. Buon 25 aprile a tutti”.
Molto applaudito l'intervento del presidente di Anpi Genova Massimo Bisca, che ha ricordato i partigiani uccisi durante la Resistenza, ma anche la reazione dei genovesi durante gli anni di piombo. “Ricordo quegli uomini e quelle donne che tanti anni fa liberavano Genova, ma voglio ricordare i loro compagni di lotta, che per tanti anni sono venuti qui in questa piazza a fianco a noi. Quelli che ai nostri padri e alle nostre madri che hanno educato ai valori della Resistenza, non hanno aspettato che qualcuno portasse loro la libertà, hanno scavato nelle loro coscienze, hanno discusso e si sono uniti perché l'unità è la lezione migliore che la Resistenza ci ha dato, e hanno pagato per questo, alla Casa dello Studente dove sono stati torturati, alla Benedicta dove sono stati fucilati, a Cravasco, a Isoverde, a Passo Mezzano, a Portofino, l'elenco è interminabile, ed erano insieme ricordiamocelo sempre, dai monarchici agli anarchici; hanno ucciso a botte don Ciarafoni, prete di Pegli, hanno messo in galera don Gaggero, ma vicino a lui hanno fucilato Giacomo Buranello, Valter Fillak e l'elenco è lungo. E allora da quei valori che hanno segnato in questa città e sulle montagne, molti pensavano a come sarebbe stato il nostro Paese dopo e chi è sopravvissuto alla guerra ha scritto il frutto migliore di quella lotta, che si chiama Costituzione della Repubblica che va difesa, va applicata, non va snaturata. Siccome in questo periodo, ma non solo, c'è chi pensa di stravolgere e cancellare la storia e di mettere sullo stesso piano i partigiani, le donne e gli uomini e chi invece li ha caricati sui treni come il 16 giugno 1944, chi ha caricato quegli operai, quei tecnici, quegli impiegati che hanno difeso le fabbriche e il porto, noi dobbiamo avere una nuova ondata di antifascismo e la si ha mettendo in pratica il primo articolo della Costituzione che dice che l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro non sullo sfruttamento, no non rispettando chi lavora e la sua attività”.
Nel finale Bisca ha commentato l'annuncio del presidente del Senato Ignazio La Russa, il quale nei giorni scorsi aveva annunciato che oggi sarebbe stato a Praga, dove avrebbe reso omaggio a Jan Palach, lo studente cecoslovacco che nel 1969 si diede fuoco in piazza San Venceslao per protesta contro il regime comunista in Unione Sovietica.
“Per tanti anni qua è venuto uno che era con Buranello, si chiamava Gianni Ponta e finché è venuto qui mi ha sempre detto: 'Ricordati Massimo, finché avremo un po' di fiato lotteremo fino in fondo perché nessuno potrà mettere in discussione quello che abbiamo fatto'. Quella generazione ha insegnato a me e a tanti di noi a rispondere alle provocazioni, perché non sono finite dopo la guerra. Qui il 30 giugno del '60 Genova ha risposto, quando i fascisti mettevano le bombe in piazza della Loggia e alla stazione di Bologna eravamo in piazza De Ferrari e ci è servito anche nel periodo brutto del terrorismo, quando Guido Rossa ha difeso la Costituzione. Basta con gli stravolgimenti, non serve andare in Cecoslovacchia a ricordare Jan Palach, io vorrei che si ricordasse lo studente Kōstas Geōrgakīs che si bruciò in questa piazza per protestare contro i colonnelli greci. Tanti fascisti italiani andavano in Grecia per fare là come a casa nostra. Ecco la differenza: questa è una data divisiva, è vero, tra gli antifascisti e i fascisti. Per ricordare quelli caduti per la libertà dobbiamo essere degni di quella eredità, ognuno di noi porta avanti quei sogni, quei progetti e si renda conto che la Costituzione della Repubblica non è un pezzo di carta legato alla storia, ma un programma straordinario per il futuro di questo Paese. Lottiamo perché la Costituzione sia applicata, perché come disse Aldo Moro alla costituente: 'Non potrà mai essere afascista, sarà e continuerà a essere antifascista'”.