Nel Quattrocento Genova è un susseguirsi di governi che si alternano, anche rapidamente, e che vedono il protettorato ora dei Francesi, ora degli Spagnoli.
Una città votata al mare e che dal mare trae gran parte della sua ricchezza, costruita dalle famiglie potenti che avevano affari commerciali in tutto il Mediterraneo.
E il sistema di governo cittadino, talvolta più efficiente, talvolta meno capace di soddisfare la popolazione, lavorava sempre nell’ottica di valorizzare il porto.
Ma non era facile trovare i fondi per continuare a “investire” sull’ampliamento dei moli. Si era deciso quindi di imporre una gabella alle prostitute: avrebbero dovuto versare cinque soldi alla Repubblica di Genova.
Non solo, avrebbero avuto divieto di entrare in porto e di salire sulle navi per non distrarre marinai e camalli, permettendo lo svolgimento delle attività dei moli.
Questo particolare divieto è all’origine del detto: “A l’è cheita u-nna bagascia in maa”, letteralmente “è caduta una prostituta in mare”, a indicare un evento impossibile.
A questo si andava aggiungendo “senza bagnase”, ossia “senza bagnarsi” sottolineando ancora di più il carattere incredibile dell’avvenimento.
L’attività di meretricio, regolata e censita, nel XVesimo secolo ha permesso a Genova di ampliare i suoi moli e fare del porto all’ombra della Lanterna il principale attracco europeo, insieme ad Anversa.
Qui si trovavano merci provenienti da terre lontane, tessuti e qualsiasi tipo di particolarità, persino gli animali esotici che venivano portati a Genova.
Nei prossimi mesi, il ricordo e l'omaggio alle prostitute potrebbe trovare un riconoscimento più ampio.
E’ proposta di alcuni giorni fa, infatti, quella di posizionare una targa in Sottoripa che ricordi proprio la gabella delle prostitute e l’utilizzo che la Repubblica faceva di quei soldi.
Andrea Carratù, presidente del Municipio Centro Est e promotore dell’iniziativa, intervistato da La Voce di Genova, ha spiegato: "La Repubblica di Genova ha dato questa imposizione fiscale. Il postribolo era in via Garibaldi prima che la strada diventasse quella che è ora. La Repubblica di Genova ha destinato questa tassazione alla costruzione dei moli che hanno reso famoso il nostro porto e reso Genova Superba”.
Un modo particolare, tutto genovese, per ricordare una parte della storia locale forse poco conosciuta.
Cosa ci sarà scritto nella targa ancora non è deciso ma il testo che si potrà osservare passando sotto i portici potrebbe essere questo: “Tra il XIV e il XV secolo le lavoratrici dell’antica ‘arte del meretricio’ potevano esercitare, protette e curate, versando 5 soldi al giorno alla Repubblica di Genova. Con i proventi di tale gabella la Repubblica finanziò importanti opere monumentali, tra queste la costruzione e l’ampliamento della fabbrica, zona che era vietata alle nostre lavoratrici”.