Attualità - 05 marzo 2023, 16:00

Assistere le neo mamme nel rientro al lavoro, nasce il progetto “La Luna del grano”

L’idea nasce dall’esperienza di Sonia Zappitelli che, trovandosi ad affrontare le difficoltà del rientro al lavoro dopo la maternità, ha dato vita a al progetto che accompagna le aziende e le neo mamme nella ripresa dell’attività lavorativa.

Assistere le neo mamme nel rientro al lavoro, nasce il progetto “La Luna del grano”

Esiste un legame tra grandi dimissioni e abbandono delle lavoratrici in maternità. Basti pensare che ogni anno sono 42mila le dimissioni volontarie e di queste più del 70% riguardano donne di età compresa tra i 29 e i 44 anni, l’età in cui è frequente affrontare la prima gravidanza e che non riescono a conciliare vita privata e vita lavorativa.

Una tematica delicata che apre una grande riflessione sulla genitorialità e che spinge alla ricerca di soluzioni capaci di combattere questo fenomeno.

 

E’ quanto ha sperimentato sulla propria pelle Sonia Zappitelli, mamma di 36 anni, Manager del settore risorse umane. Con la nascita della sua prima figlia ha abbandonato il lavoro da dipendente diventando una libera professionista e un’imprenditrice.

Dalla sua esperienza professionale e personale, e da un’attenta analisi delle difficoltà che riscontrano le neo-mamme lavoratrici, Sonia ha ideato un progetto di welfare unico e di grande impatto culturale e sociale.

Nasce “La Luna del grano”, una start-up innovativa e società benefit che offre alle aziende la possibilità di supportare le lavoratrici madri in rientro dal congedo maternità con un percorso in 5 step: un percorso fortemente centrato a risolvere tutte le principali criticità tipiche di questo delicato momento di transizione e di ricerca di nuovi equilibri, non solo per la mamma ma anche per il papà.

 

Lavoro nel settore del welfare aziendale dal 2018 - racconta Sonia - mi sono occupata di progettualità e wellbeing in diverse aziende proponendo servizi a supporto della genitorialità e in particolare per le mamme. Allora, però, non avevo pienamente consapevolezza di ciò che realmente poteva essere d’aiuto. Quando nel 2021 sono poi diventata io stessa mamma, ho iniziato a rendermi conto che tanti servizi che venivano inseriti nei piani di welfare aziendali non erano assolutamente rispondenti alle necessità di un neo genitore: erano servizi a catalogo standardizzati che non davano alcun valore aggiunto nè alleggerivano minimamente il carico mentale e le pressioni psicologiche e logistiche che quotidianamente incombono sull’equilibrio vita-lavoro dei genitori.

 

Già durante la gravidanza, un periodo di profonda trasformazione emotiva e fisica, avevo iniziato a soffrire per l’eccessivo carico mentale e i ritmi frenetici dell'attività lavorativa. Poi ho avuto il privilegio di potermi fermare per il congedo maternità e i mesi successivi sono stati intensissimi e, per tanti versi, rivoluzionari: ho staccato completamente la spina dalle abitudini e dalle pressioni del lavoro, come non mi era mai successo prima, ho ripreso possesso del mio tempo e del valore che questo aveva nella mia vita.

 

Con l’accudimento totalizzante di un neonato, e senza il supporto della famiglia perché sono fuori sede, ho iniziato a ragionare su tutto quello che, in termini pratici, le aziende mettevano a disposizione delle neo-mamme per la maternità e per il rientro a lavoro… La risposta: Spesso molto poco, spesso nulla.

Mi sono posta delle domande: Io di cosa avrei bisogno? Mi sento pronta e motivata al rientro? Di cos’ho paura? Cosa vorrei? Cosa mi servirebbe?

Da lì ho iniziato a progettare, carta e penna, un percorso che io stessa avrei voluto ricevere. Questo percorso sarà disponibile in primavera su una specifica piattaforma completamente in remoto e le aziende di tutta Italia potranno fornirlo alle loro lavoratrici come strumento di wellbeing e di sostegno, anche all’interno di misure di welfare aziendale.. La scelta del remoto è stata fondamentale e strategica, abbattendo le discriminazioni geografiche e riuscendo in questo modo ad arrivare velocemente ovunque.

 

Il rientro al lavoro è per tante mamme una linea di demarcazione tra il prima e il dopo: tra l’accudimento esclusivo e il distacco, un cambio di equilibri che spesso genera paura, instabilità e frustrazione. Molto spesso è caratterizzato da una demotivazione (più o meno marcata), da una  perdita di interesse verso il proprio ruolo, perdita di lucidità su quella che era la propria carriera o quello che potrebbe essere lo sviluppo di carriera. Il rientro al lavoro a volte è obbligato, anche da necessità economiche, ma non sempre la mamma è pronta ed emotivamente stabile. Potrebbe succedere che il rientro al lavoro viene percepito come un elemento disturbante e quando questo accade (non accade sempre, da sottolineare che non è un fenomeno universale) le aziende dovrebbero essere preparate ad accogliere questo delicato momento di transizione e di fragilità.

 

La situazione peggiora nel momento in cui l’azienda non offre strumenti reali di conciliazione vita-lavoro: part-time, smart working, flessibilità, in generale un ambiente poco inclusivo con pressioni e dinamiche di chiusura e incomunicabilità.

 

L’ambiente di rientro è fondamentale, per questo - dice Sonia Zappitelli-  il percorso che offriamo alle aziende per accompagnare le lavoratrici madri in un sereno rientro a lavoro coinvolge anche tutti i colleghi ,con workshop e seminari, a partire dai Manager e dai Team Leader fino agli Hr. Sono proprio i “superiori” a livello gerarchico che per primi dovrebbero trasmettere buone prassi attraverso un comportamento ed un linguaggio inclusivo e non giudicante, attuando se necessario piccoli cambiamenti ed accorgimenti che permettano la riorganizzazione di mansioni, di tempi e spazi adeguati alla lavoratrice che rientra dopo un periodo di assenza (un’assenza che ricordiamolo non è stata una vacanza e per questo non deve recuperare il tempo perso né dimostrare nulla).

Ecco, rispettare l’assenza e rispettare il valore della maternità anche se questa può risultare scomoda per l’organizzazione aziendale è l’obiettivo intrinseco del progetto La Luna del Grano che punta ad un cambiamento culturale e di mentalità sulla maternità in azienda. Solo rispettando e valorizzando l’evento, spogliandolo da tutte le accezioni negative e i preconcetti che si porta dietro sarà possibile ritrovare un reale beneficio di collaborazione e cooperazione per entrambe le parti: mamma e azienda.

 

Quando sono dovuta tornare a lavoro, sopraffatta dal senso di colpa- continua Sonia- nel non riuscire più ad essere centrata sul mio ruolo, nel non essere più performante come prima e nello stesso tempo in colpa ne non dedicare abbastanza tempo alla mia bimba… ho deciso di dimettermi, a soli pochi mesi dal rientro in azienda. 

Alla luce della mia esperienza negativa, ho deciso però di affrontare la problematica e di rispondere con un messaggio e una soluzione chiara, co-fondando La Luna del Grano una società  di consulenza che ha come obiettivo proprio sensibilizzare aziende, manager e HR sulla necessità di una diversa apertura alla maternità, rompendo se necessario gli schemi e costruendo storie nuove e virtuose.

 

La Luna del Grano vuole anche dare un concreto supporto agli Hr affinché non percepiscano più la maternità in azienda come un problema: offriamo infatti un servizio di supporto nella ricerca e selezione di personale in sostituzione maternità con un Partner altamente specializzato e processi di ingaggio e onboarding progettati proprio per la maternità, aggiunto ad uno specifico e innovativo software per la gestione dei passaggi di consegna (altro momento molto importante che coincide con l’uscita della lavoratrice incinta).

 

Lavorare attivamente sul benessere delle lavoratrici in rientro dalla maternità è possibile e soprattutto funzionale per tutti.

Uno degli aspetti più importanti e più delicati che La Luna del Grano si impegna a fare con esperti qualificati- conclude Sonia- è accompagnare la lavoratrice in un confronto con il proprio ufficio del personale. E’ un vero problema. La lavoratrice ha bisogno di determinate soluzioni ma non sa come chiederle oppure lo fa in maniera sbagliata e se l’ufficio del personale non è empatico nel recepire le problematiche spesso si crea un muro di inconciliabilità da cui entrambe le parti ne escono sconfitte

 

Diversi studi stimano che ogni volta che un’impresa sostituisce un dipendente, spende in media dai 6 ai 9 mesi di stipendio in più in un anno. Il costo della perdita di un dipendente arriva a due volte lo stipendio annuale. Sono costi reali a cui si aggiungono quelli nascosti, cioè quelle dinamiche che si innescano con le dimissioni tra cui il peggioramento del clima aziendale, una sfiducia generale nel team che si diffonde quando una neo mamma abbandona.

 

Ogni lavoratrice che abbandona, che rinuncia alla propria autonomia economica per impossibilità di conciliazione con l’accudimento del figlio/dei figli è non solo una perdita economica per l’azienda ma anche una perdita di valore sociale e umano, una sconfitta aziendale e collettiva. In questo periodo storico è un fatto gravissimo che va a discapito di tutti e incide sulle dinamiche di empowerment femminile, sul gender gap e sui modelli culturali e familiari che creiamo per le generazioni future. 

 

 

Isabella Rizzitano

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