Sanità - 19 febbraio 2022, 09:00

Ipertecnologia: quale prezzo stiamo pagando in termini di salute?

I consigli di Nutrigenomica di Simona Oberto

Ipertecnologia: quale prezzo stiamo pagando in termini di salute?

Molte volte ci vantiamo della nostra avanzata tecnologia, delle sorprendenti scoperte scientifiche, del nostro elevato grado di civilizzazione, ma non potrebbe essere proprio l'eccesso di civilizzazione a influenzare negativamente il nostro stile di vita? Provate a riflettere su questo aspetto della società moderna: siamo sicuri che tutte queste “migliorie tecnologiche” non ci stiano privando proprio della salute? Quale prezzo stiamo pagando?

La stessa Nutrigenomica parla di una sorta di “discrepanza evolutiva” che potrebbe essere alla base delle nostre patologie. Un profondo conflitto tra il nostro genoma e il nostro ambiente (ecosistema, abitudini alimentari, relazioni inter/extra familiari). In parole semplici, quando l’ambiente in cui viviamo cambia a una velocità superiore alla capacità del DNA di adeguarsi ai mutamenti, il nostro organismo va in tilt e si crea una sorta di disadattamento della specie che si manifesta proprio con l’aumento dell’incidenza di malattie che colpiscono la stessa specie.

Tra i cambiamenti più rappresentativi di questo pericoloso disequilibrio, c’è quello subito dal nostro cibo che in meno di mezzo secolo si è completamente trasformato: alimenti poveri di nutrienti e bioattivi e ricchi di additivi chimici citotossici e genotossici. Secondo la Nutrigenomica le sostanze chimiche contenute nei cibi, altamente processati, sarebbero in grado di influenzare i nostri geni fino a modulare negativamente le risposte cellulari! Il cibo non è più visto come calorie introdotte, ma come informazione diretta alle nostre cellule: esso entra nel sistema digerente, penetra nell’organismo e regola i processi metabolici più profondi.

Il problema è che, quando il cibo non è naturale, contiene informazioni che non vengono riconosciute dalle cellule e questa mancata comunicazione, con il tempo, dà il via a un progressivo ed inevitabile processo di disequilibrio molecolare alla base di molte patologie cronico degenerative!

Il cibo assume quindi un ruolo primario nel mantenimento o meno del nostro stato di salute, in quanto modula il DNA, cioè attiva o inibisce alcuni geni, autoripara e influenza la genesi delle patologie! E il confronto con il cibo di oggi è inevitabile. Pensate al fast food, comodo, poco costoso e molto gustoso, ricco di esaltatori di sapidità e di grassi idrogenati, nemici del fegato e del cuore; ai pasti sostituitivi che ci promettono risultati veloci e duraturi sulla bilancia, ma che, se non ben bilanciati, ci portano inevitabilmente a carenze nutrizionali importanti; al cibo in scatola o alle verdure nei sacchetti già lavate e, a volte, addirittura condite, che ci permettono di preparare il pranzo in 5 minuti o al cibo già cucinato e pronto da scaldare nel microonde.

Ora la domanda è lecita: ma quanti additivi dovrà mai contenere un cibo conservato in un sacchetto di plastica!? Quanto stiamo pagando in termini di salute questa iper industrializzazione degli alimenti che finiscono sulle nostre tavole? Quanto il cibo ha mantenuto del suo originario patrimonio nutrizionale e quanto si è arricchito di sostanze sintetiche? Ma gli alimenti non sono gli unici ad aver subito questa pericolosa trasformazione in nome della tanto agognata modernizzazione e dello sviluppo tecnologico.

In poco più di mezzo secolo il mondo è cambiato, il nostro ecosistema si sta modificando: le stagioni volano al pari delle nostre giornate, passate a rincorrere i nostri mille impegni che grazie alla tecnologia si sono raddoppiati. Viviamo in un ambiente sempre più ipertecnologico che poco lascia alla creatività e alla fantasia, al buon senso e al romanticismo.

Tutto è programmato: ogni impegno deve incastrarsi con quello successivo e, se questo non avviene, andiamo in panico. Stiamo perdendo la nostra umanità e ci stiamo trasformando in “aridi robottini”. Secondo lo psichiatra Arthur Jores, esponente di rilievo della psicanalisi e della psicosomatica, molte delle nostre patologie derivano proprio dalla nostra cultura, tutte conseguenti del nostro errato stile di vita e della nostra “ipercivilizzazione”.

Io le definirei “malattie esistenziali”, malattie che derivano, sì, da un mal funzionamento d’organo o da una alterazione metabolica, ma dietro alla disfunzione dell’organo o dell’apparato si nasconde sempre un nostro stile di vita squilibrato. Così ogni volta che ci ammaliamo, dal più banale raffreddore alla più invalidante malattia autoimmune, ciò che è malato non è solo l'organo o la funzione metabolica, ma lo è la nostra esistenza. Sono psicopatologie che Freud chiamava “malessere della vita”.

Un “mal di vivere” che sta interessando intere generazioni, sempre più sole e senza identità. Pensate alla “anonimia”, cioè l'essere senza identità, senza coscienza. Il sentirsi inutili, impotenti, incapaci di comprendere la finalità della propria esistenza.

Ecco il prezzo che stiamo pagando in nome della ipercivilizzazione: stiamo perdendo la nostra umanità! Viviamo sempre più immersi nella sfavillante tecnologia, che sembra regalarci tempo, ma che in verità ce ne toglie, perché non ci ricordiamo di fermarci e di assaporare i momenti importanti della vita. La tecnologia, come una grande intelligenza artificiale, governa e influenza le nostre scelte.

Stiamo perdendo la capacità di crescere ed evolverci come “esseri pensanti”, e ci stiamo allontanando dalla Natura che tutto mantiene in equilibrio. Parlo di un processo di crescita durante il quale occorre comprendere che esiste un tempo per ogni cosa: “...un tempo per agire...e per aver pazienza; un tempo per capire...e per lasciare andare; un tempo per farsi domande...e per smetterla di farsele; un tempo per giocare ...e per assumersi le proprie responsabilità”. Una volta compresa questa “verità” sarà più facile vivere ogni momento con il giusto tempo che merita.

Dobbiamo imparare a “orientare” le nostre risorse, a sfruttare le nostre potenzialità e le energie, senza sprecarle con comportamentali controproducenti. E' fondamentale capire che la risposta del nostro organismo all’ambiente è legata alla percezione che abbiamo, attraverso i sensi, del mondo che ci circonda. I segnali che provengono dall’esterno vengono elaborati ed interpretati in specifiche strutture cerebrali e tradotti poi in segnali ormonali nell’ipotalamo che a sua volta attiva due ghiandole fondamentali nei processi di adattamento: l’ipofisi e le surrenali. Il problema è che se queste strutture non funzionano bene, perché il nostro organismo è malato, anche la percezione che avremo della realtà sarà alterata.

Avere una chiarezza di pensiero, una serenità d'animo, un equilibrio nel vivere le emozioni dipende molto dal nostro stato di salute fisica che a sua volta dipende moltissimo dallo stato di salute del nostro apparato gastrointestinale e del nostro Microbiota. Vedete come sono collegate le cose? Vedete come è impossibile scindere il soma, dalla mente e dalla componente emozionale? Raggiungere un buon stile di vita e di conseguenza la salute psicofisica è possibile!

Ma come abbiamo già detto, non bastano l'impegno, la volontà e l'intenzione, occorre imparare a superare le resistenze, le tensioni, i condizionamenti e i capricci della nostra mente, che deve essere trasformata, ristrutturata, sviluppando una azione costruttiva, risanando il nostro agire, il nostro pensare, il nostro relazionarci con il mondo.

Allora alleniamo la nostra mente. Anche lei, come il nostro corpo fisico, necessita di pratica e di esercizio. Il più potente esercizio mentale è, sicuramente, il cambiamento! Con la volontà andremo a stimolare la nostra creatività, con la pratica coltiveremo le nostre potenzialità e questi nuovi comportamenti andranno a modificare il nostro stile di vita e di conseguenza il nostro stato di salute. Senza alcuno sforzo riusciremo nuovamente a dare il giusto valore alle cose, vedendo tutto con occhi nuovi. Occhi liberi dal condizionamento illusorio del “velo di Maya”, che Schopenhauer definiva “il velo ingannatore”.

Ci soffermeremo a guardare il nostro corpo, ascoltandolo, cercando di captare i suoi segnali e le sue richieste di aiuto, cercando un significato più profondo in ogni sintomo che si palesa e andando alla ricerca della vera causa del nostro malessere.

Ci renderemo conto che l'energia vitale, che circola e mantiene il nostro corpo, va preservata, difesa, stimolata, perchè è indispensabile per la nostra sopravvivenza. Impareremo a gestire le nostre emozioni, a controllare i nostri desideri, per non diventarne schiavi. Capiremo quanto è importante l'equilibrio della nostra mente e quanto illimitate sono le sue potenzialità, che non aspettano che essere risvegliate e sfruttate.

Comprenderemo che il tempo non deve essere sprecato, buttato o rincorso, ma che è fondamentale avere la piena consapevolezza di viverlo, ogni secondo, nel rispetto della nostra persona e dell’ambiente che ci ospita. E non importa se la società in cui viviamo ci espone costantemente a minacce psico-sociali; non importa se rumori, luci, stimoli continui contribuiscono ad aumentare il nostro livello di stress; non importa se i messaggi pubblicitari ci inducono ad acquistare “cibo plastica”; non importa se le lancette dell’orologio avanzano inesorabili mangiandosi il tempo, perché, se sani nel corpo e nella mente, riusciremo a staccare la spina, a fermare il tempo, a regalarci momenti speciali e a dare al nostro organismo il tempo di recuperare e riparare, incuranti di tutto il caos che ci circonda.

E senza alcuno sforzo, troveremo il tempo di scovare il negozietto dove vendono le verdure di stagione, di leggere un buon libro, di fare una gita nella piccola azienda enogastronomica alle porte della città, di regalare un sorriso, di perdonare un’offesa, di cimentarci in un nuovo lavoro, di farci il più bel regalo del mondo: la salute!

Redazione

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