Sanità - 22 gennaio 2022, 07:00

Quanto vi sentite... intolleranti?

I consigli di Nutrigenomica di Simona Oberto

Quanto vi sentite... intolleranti?

Avete mai pensato che dietro a una artrite possa nascondersi una intolleranza alimentare? Può sembrare incredibile, ma una depressione, un umore ballerino, una stanchezza cronica, così come un attacco d’asma, una orticaria o uno stato ansiogeno possono manifestarsi a causa di una incapacità dell’organismo a metabolizzare determinati alimenti, incapacità che si manifesta con una sintomatologia che quasi mai viene ricondotta a una intolleranza alimentare.

Ma che cosa è una intolleranza alimentare? E’ l’incapacità del nostro organismo di metabolizzare una o più sostanze. E’ una sorta di meccanismo di difesa nei confronti di qualcosa che per il nostro corpo è nocivo. Ma non è detto che la reazione sia istantanea, come nel caso di una allergia, in cui c’è un rapporto causa-effetto immediato all’introduzione della sostanza a cui si è allergici, ma è più una reazione “da accumulo”.

La sostanza incriminata non viene degradata e scomposta nei suoi nutrienti essenziali e rimane indigerita. Questa alterata digestione, nel tempo, comporta un accumulo di tossine che si depositano in ogni settore del nostro corpo, compreso naturalmente il cervello! Cervello intossicato, vuol dire neuroni irritati e mal funzionanti e questo si traduce magari in cefalea, insonnia, ansia o agitazione. Oppure si depositano nelle nostre articolazioni, provocandoci dolori osteoarticolari e/o debolezza muscolare, fino alle degenerazioni più serie.

Le intolleranze alimentari sono soggettive e devono essere trattate solo in seguito a una anamnesi molto approfondita ed esami molto specifici. Del resto, ogni individuo è un mondo a sé, con un proprio vissuto personale. E’ impensabile omologare un sistema di cure per tutti, perché sono troppi i fattori che possono andare a influire sulla genesi di una qualsiasi alterazione patologica. Il problema è che di intolleranze alimentari si parla poco e a volte male, ma soprattutto quasi mai vengono collegate a patologie importanti come la depressione, l’obesità o a malattie autoimmuni come una artrite reumatoide.

Eppure, esiste una letteratura importante al riguardo che parte già dagli antichi trattati delle medicine tradizionali cinese e indiana, nei quali si parla di intolleranze legate al cibo. Lo stesso Ippocrate, padre della medicina Occidentale, nel IV secolo, si era concentrato sul fatto che alcuni alimenti specifici come la birra, il latte, le focacce causassero disturbi più o meno gravi ai suoi pazienti. Uno dei suoi celebri aforismi era proprio: “Lascia che il cibo sia la tua medicina e che la medicina sia il tuo cibo”. Oggi la Nutrigenomica sposa questa visione della salute legata alla qualità del cibo che introduciamo nel nostro organismo.

Il cibo viene visto come una informazione che arriva alle nostre cellule: se naturale e fresco e facilmente digeribile, apporterà un messaggio di salute, al contrario, se processato e addizionato di sostanze chimiche, diventerà la causa di intossicazioni, di alterate digestioni e di malattie. Tenendo conto che purtroppo da decenni la nostra dieta si è arricchita di alimenti che si comportano come veri e propri “veleni” per le nostre cellule, non dobbiamo stupirci che le malattie cronico degenerative siano in continuo aumento e che le intolleranze alimentari siano diventate un quadro clinico comune a un sempre maggior numero di persone.

Ad esempio, in soggetti geneticamente predisposti, l’intolleranza alle proteine del latte (forse la più frequente), può causare disturbi digestivi, orticarie, fino ad attacchi violenti di asma o di rinite allergica. Tutte manifestazioni patologiche in reazione a qualcosa che il nostro corpo non riesce a “fare suo”.

Allora, cerca di eliminarlo e fa di tutto per “buttarlo fuori” e mentre lotta con l’intruso, ci avverte attraverso i sintomi che abbiamo mangiato qualcosa che non ci fa bene e anche se la reazione non è immediata, come nel caso di una allergia vera e propria, di solito ce ne accorgiamo il giorno dopo: pancia gonfia, mal di testa, sfoghi sul viso, ansia, irritabilità e insonnia. L’intolleranza si manifesta per accumulo: è il caso della “sensibilità al glutine” che si raggiunge proprio a causa di una sua costante ed eccessiva assunzione giornaliera. Insomma, il nostro corpo ci avverte! Il problema è che la maggior parte delle volte, noi, pur sospettando che un determinato cibo non lo digeriamo, facciamo finta di niente. “Toglimi tutto, ma non la tazza di latte prima di dormire”.

“Proprio non resisto, guardo il formaggio e, anche se so che mi fa male, lo mangio lo stesso”. “Quando mangio la pizza mi gonfio come una mongolfiera, ma non mi voglio privare anche di questo piacere!”. Ecco sono tutte frasi che sento ripetere spesso, durante i mei consulti nutrigenomici. Non è da escludere che siano proprio quegli alimenti, da cui vi sentite dipendenti, a essere i veri protagonisti delle vostre intolleranze. Fate delle prove: eliminate per una settimana dalla vostra dieta quell’alimento tanto amato (di solito zuccheroso, ricco di glutine o di caseine) e osservate i cambiamenti.

Dovete imparare ad assecondare il vostro corpo. Non sottovalutate i segnali che vi manda. Attenzione invece alla vostra mente! Non dovete ascoltarla! Perché, quando il vostro corpo è intossicato, lei non gioca a vostro favore, non ricerca la salute, ma semplicemente cerca di soddisfare una necessità o una carenza emozionale. La nostra mente molte volte “mente” e ci tiene imbrigliati in loop pericolosi che non ci fanno capire che quel cibo, o un suo componente, è nocivo per noi. Perché nocivo? Perché l’organismo non riesce a metabolizzarlo, a digerirlo. Non riesce a scomporlo nei suoi costituenti primari indispensabili per produrre energia o per riparare e costruire. Che fine fa una sostanza non metabolizzata e inutilizzata?

Finisce per accumularsi e si deposita nella linfa, nei reni, nel sangue, nel fegato, nelle articolazioni, intossicando il nostro corpo e quando la capacità degli organi emuntori e depuratori viene superata dalla quantità di tossine introdotte, prodotte e accumulate, allora il nostro organismo reagisce cercando di eliminarle in modo forzoso, generando canali di sfogo e secrezioni patologiche come le dermatiti, la diarrea, la tosse e il catarro, le sudorazioni acide, le emorroidi ecc. Oppure le brucia!

Ad esempio, la febbre brucia montagne di tossine e non solo quelle rilasciate dai virus o batteri, ma anche quelle delle nostre stesse cellule che, lavorando, rilasciano “scarti metabolici”. Altre volte il nostro corpo si limita ad accendere fuochi localizzati in diversi settori corporei (di solito i nostri punti deboli) “regalandoci” infiammazioni acute come la gastrite, la bronchite, l’artrite, la sinusite ecc. La nostra salute dipende dalla salute delle nostre cellule e dalla pulizia del mesenchima (la sostanza fondamentale o matrice in cui vivono sospese).

Nel mesenchima confluiscono i capillari venosi, arteriosi e linfatici, i primi portano ossigeno e nutrienti e gli ultimi devono prelevare i rifiuti generati dalle cellule e dalle tossine depositate. Se questo delicato meccanismo si inceppa, perché la “spazzatura” non viene eliminata, allora le cellule perdono di funzionalità, si ammalano, si bloccano, fino alla morte. Per evitare tutto ciò è importantissimo ridurre la quantità di tossine esogene, dal momento che di tossine endogene, prodotte dalle cellule, ce ne sono già fin troppe.

Quindi attenzione a tutto ciò che può accumulare tossine nel nostro corpo, compreso l’introduzione di alimenti a cui siamo intolleranti! Quante volte mi è capitato di notare un netto miglioramento della condizione di salute della persona, eliminando l’alimento incriminato! Magicamente ritornano le energie, i dolori svaniscono, la digestione migliora e il sonno si fa più rilassante. Allora perché, quando “sgarrate”, reintegrando anche solo una volta quel dato alimento a cui siete intolleranti, la sintomatologia si riacutizza molto più velocemente di prima? Perché lo “sgarro” si sente subito? Perché, più il nostro corpo è pulito e in omeostasi, e più aumenta l’efficacia dei sensori di allarme che ci avvisano che quel cibo è nocivo.

Quando invece i sensori sono sporchi, bloccati da un eccesso di tossine, perdono la capacità di reagire e noi, non percependo i sintomi, continuiamo ad alimentarci con quella sostanza di cui siamo intolleranti, andando così a peggiorare il nostro stato di intossicazione. Allora attenzione! Dietro a una stanchezza cronica, immotivata; un gonfiore addominale spropositato; una ritenzione idrica; dietro a improvvise variazioni di peso per eccesso o difetto; dietro a uno stato ansiogeno eccessivo o a dolori mio-osteo-articolari diffusi potrebbe esserci una specifica “intolleranza alimentare”.

Non sottovalutate questa possibilità. Naturalmente il mio invito è quello di affidarvi a specialisti competenti, così da evitare pericolose carenze nutrizionali e inutili e stressanti obblighi di astinenza.

Redazione

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