Politica - 15 aprile 2020, 14:14

Dal fondatore di Eataly Oscar Farinetti una proposta che fa discutere: "Il 2% dei nostri risparmi per salvare il sistema Italia"

L’imprenditore richiama l’esigenza di risposte rapide dalla politica: "Senza una visione anche le aziende più sane rischiano di non farcela"

Dal fondatore di Eataly Oscar Farinetti una proposta che fa discutere: "Il 2% dei nostri risparmi per salvare il sistema Italia"

L’imprenditore albese Oscar Farinetti, fondatore di Eataly, dalla sua casa di Novello nelle Langhe della sua personale visione dell’emergenza sanitaria che sta mettendo in ginocchio l’Italia e soprattutto sulle scelte che il Paese può fare per uscirne.

A non piacergli per nulla è quella definizione di prelievo forzoso con cui qualche testata ha fatto ricorso per descrivere la proposta che ha lanciato per suggerire al Paese una via con la quale guardare oltre: un’idea che subito ha rievocato i fantasmi della vituperata patrimoniale di Giuliano Amato del 1992. Dal suo punto di vista, invece, una banale applicazione del modello del buon padre di famiglia oggi più che mai necessario per vedere la luce in fondo al tunnel.

"Partiamo da una premessa semplice: per salvare il sistema Italia – ha detto – stiamo ragionando su risorse per 200 più 200 miliardi in arrivo da chissà dove, ma non sono quattrini, sono garanzie. Altrove un sistema simile può funzionare: in Svizzera soldi alle aziende ne sono già arrivati mentre le nostre società Usa hanno già ricevuto dal governo moduli da presentare accompagnati con una semplice autocertificazione. In Italia invece è difficile che quei soldi arrivino in tempi accettabili, le banche faranno le loro istruttorie e la burocrazia si metterà di mezzo; questo mentre in Europa non c’è accordo sulla proposta d’istituire un debito comune".

"Ho risposto con semplicità ed onestà morale – prosegue – ad un interrogativo: se questi soldi non arriveranno rapidamente cosa faranno le imprese e le famiglie italiane? Quando una famiglia si trova in una situazione di bisogno va a prendere i risparmi che ha in banca e li usa, noi italiani siamo un popolo di risparmiatori, abbiamo 4.117 miliardi di liquidità privata, divisi tra conti correnti bancari, bond, titoli del tesoro ed investimenti azionari. Se attingessimo al 2% di queste risorse arriveremmo alla cifra di 82 miliardi: una somma importante con la quale tamponare la situazione e pensare di ripartire”.

Eppure il suo invito ha suscitato polemiche: "Sì, torniamo alla categoria del titolista, la più cinica del mondo e a quell’espressione, 'prelievo forzoso', utilizzata per descrivere questa semplice proposta. Le parole tabù sono tipiche dei momenti bui, sono parole che non puoi pronunciare perché immediatamente vengono giocate politicamente, rinfacciate da uno all’altro, specialmente nel nostro Paese”.

Altrove va diversamente? "Assolutamente, con Eataly siamo presenti in 18 Paesi e vediamo reazioni diverse: anche in Germania delle risposte ci sono già state mentre noi galleggiamo nella solita palude; le idee più semplici finiscono infilate in un sistema che le affoga, un mondo di burocrazia grigia, soffocante, polverosa. Questo è un peccato, perché siamo il Paese più bello del mondo e siamo anche ricchi grazie alla vita morigerata dei nostri padri e nonni”.

Qual è la situazione per il suo gruppo? "Siamo presenti in mezzo mondo e non abbiamo un Paese che non sia fermo, il nostro business è per il 60% legato alla ristorazione che ovviamente è bloccata ovunque; stiamo cercando di darci da fare con le vendite online e le consegne a domicilio, sia come mercato che come ristorazione, ma in Italia siamo alla metà del fatturato dell’anno scorso e negli Stati Uniti è ancora peggio. Eataly è molto forte su piazze come New York, Los Angeles e Las Vegas dove in questo momento siamo al picco dell’emergenza, è tutto fermo, facciamo anche l’80% in meno".

Quali provvedimenti state prendendo? "Fortunatamente abbiamo fieno in cascina, soci capienti, per cui abbiamo appena varato un aumento di capitale da 20 milioni mentre gli utili 2019 resteranno in azienda come peraltro siamo abituati a fare. Ci siamo dati da subito due priorità: pagare i dipendenti e i fornitori perché quando tutto questo finirà ci dovremo essere, pronti a ripartire".

Redazione


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