Attualità - 15 aprile 2020, 15:06

Covid-19 e crisi economica: quale via d’uscita per l’Italia

Analisi di Gabriele Cardullo, docente di Politica economica all'università di Genova

Covid-19 e crisi economica: quale via d’uscita per l’Italia

“È pressoché unanime la convinzione che la crisi economica generata dalla pandemia in corso – sostiene Gabriele Cardullo, docente di Politica economica dell'università di Genova – possa essere alleviata solo attraverso un poderoso intervento dei governi di tutto il mondo: stime tra le meno pessimiste parlano di una decrescita del reddito nazionale per quest’anno tra il 5 ed il 10%, cifre da grande depressionee la stessa grave crisi economica iniziata nel 2008 portò l’anno successivo ad una riduzione del Pil “solo” del 5% nel nostro Paese”.

“L’intervento dei governi – spiega Cardullo – può assumere varie forme: sostegno al reddito, garanzia per i prestiti erogati dalle banche alle famiglie ed al sistema produttivo, aumento della spesa sanitaria, investimenti in ricerca ed in capitale umano; tali risorse possono essere sostenute solo attraverso l’indebitamento: lo Stato chiede oggi liquidità con la promessa di restituire capitale ed interessi in un futuro ragionevolmente non troppo vicino. Conflitti bellici e politiche contro gravi recessioni sono sempre stati finanziati in questo modo, mettendo da parte le preoccupazioni per un aumento eccessivo del debito pubblico”.

“Il problema per lo Stato italiano - aggiunge Cardullo - è che non è affatto detto che i mercati finanziari siano disposti a dimenticarsi del nostro debito quando avremo bisogno di chiederne altro: dal 1999 al 2018 il reddito pro capite delle famiglie italiane è cresciuto appena dell’1%, in confronto la Francia è cresciuta del 17%, la Spagna del 21% e la Germania del 27%. Il rapporto debito pubblico/Pil nel nostro Paese è superiore al 130%, contro il 100% della Francia ed il 60% della Germania: è chiaro che il minimo che i nostri creditori possono chiedere è ricevere interessi più elevati per decidere di prestare a noi e non ad altri Paesi. Il peggio invece che può succedere è che il mercato si convinca che il nostro debito pubblico rischi di diventare insostenibile, cioè che prima o poi non avremo più la capacità di restituire quanto abbiamo chiesto a prestito: in tal caso gli interessi che ci verrebbero domandati diventerebbero talmente alti da rendere insostenibile il debito in prima battuta”.

“La soluzione è una qualche forma di mutualizzazione del debito – conclude Cardullo – con il concorso degli altri paesi appartenenti all’Unione europea: in questo periodo si discute a lungo sull’opportunità di utilizzare il Meccanismo europeo di stabilità (Mes) oppure ricorrere invece ai cosiddetti eurobond o coronabond; a volte sembra che la scelta di uno strumento invece di un altro sia questione di vita o di morte per il nostro Paese, in realtà, dopo gli accordi presi dai ministri delle finanze dei paesi europei all’inizio di aprile le distinzioni sono diventate più sfumate che in passato”.

Redazione

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