“È pressoché unanime la convinzione che la crisi economica generata dalla pandemia in corso – sostiene Gabriele Cardullo, docente di Politica economica dell'università di Genova – possa essere alleviata solo attraverso un poderoso intervento dei governi di tutto il mondo: stime tra le meno pessimiste parlano di una decrescita del reddito nazionale per quest’anno tra il 5 ed il 10%, cifre da grande depressionee la stessa grave crisi economica iniziata nel 2008 portò l’anno successivo ad una riduzione del Pil “solo” del 5% nel nostro Paese”.
“L’intervento dei governi – spiega Cardullo – può assumere varie forme: sostegno al reddito, garanzia per i prestiti erogati dalle banche alle famiglie ed al sistema produttivo, aumento della spesa sanitaria, investimenti in ricerca ed in capitale umano; tali risorse possono essere sostenute solo attraverso l’indebitamento: lo Stato chiede oggi liquidità con la promessa di restituire capitale ed interessi in un futuro ragionevolmente non troppo vicino. Conflitti bellici e politiche contro gravi recessioni sono sempre stati finanziati in questo modo, mettendo da parte le preoccupazioni per un aumento eccessivo del debito pubblico”.
“Il problema per lo Stato italiano - aggiunge Cardullo - è che non è affatto detto che i mercati finanziari siano disposti a dimenticarsi del nostro debito quando avremo bisogno di chiederne altro: dal 1999 al 2018 il reddito pro capite delle famiglie italiane è cresciuto appena dell’1%, in confronto la Francia è cresciuta del 17%, la Spagna del 21% e la Germania del 27%. Il rapporto debito pubblico/Pil nel nostro Paese è superiore al 130%, contro il 100% della Francia ed il 60% della Germania: è chiaro che il minimo che i nostri creditori possono chiedere è ricevere interessi più elevati per decidere di prestare a noi e non ad altri Paesi. Il peggio invece che può succedere è che il mercato si convinca che il nostro debito pubblico rischi di diventare insostenibile, cioè che prima o poi non avremo più la capacità di restituire quanto abbiamo chiesto a prestito: in tal caso gli interessi che ci verrebbero domandati diventerebbero talmente alti da rendere insostenibile il debito in prima battuta”.
“La soluzione è una qualche forma di mutualizzazione del debito – conclude Cardullo – con il concorso degli altri paesi appartenenti all’Unione europea: in questo periodo si discute a lungo sull’opportunità di utilizzare il Meccanismo europeo di stabilità (Mes) oppure ricorrere invece ai cosiddetti eurobond o coronabond; a volte sembra che la scelta di uno strumento invece di un altro sia questione di vita o di morte per il nostro Paese, in realtà, dopo gli accordi presi dai ministri delle finanze dei paesi europei all’inizio di aprile le distinzioni sono diventate più sfumate che in passato”.