"Accogliamo con favore la pronuncia della Corte Costituzionale che, attraverso la declaratoria di incostituzionalità dell’art. 580 c.p. nella parte in cui equipara l’istigazione al suicidio all’aiuto meramente materiale al suicidio di una persona gravemente malata, che patisce sofferenze che non gli consentono secondo la propria autodeterminazione, di continuare a vivere, di fatto introduce una nuova ipotesi di applicabilità della legge sul fine vita n. 219 del 2017". Lo affermano in una nota congiunta Alessio Pascucci, Cristina Bicceri e Antonella Sassone, rispettivamente coordinatore nazionale e dirigenti di Italia in Comune.
"Nel ripercorrere gli eventi che, a partire dall’incriminazione di Marco Cappato hanno condotto alla sentenza della Corte Costituzionale, di cui attendiamo le motivazioni, non si può non riflettere sulla inettitudine e sull’ignavia del Parlamento che era stato investito dalla stessa Corte Costituzionale (con ordinanza n. 207/2018) di legiferare in materia al fine di rimuovere le evidenti incongruenze normative. Il silenzio del Parlamento si è consumato mentre lo Stato, di fatto, assicura le cure palliative sulla carta, mentre si consumava sullo sfondo una lotta tra le componenti cattoliche delle istituzioni e la società civile che, come spesso accade deve pretendere che un legislatore troppo distratto si interessi della vita di chi soffre".
"E’ altresì importante ricordare come la questione di legittimità costituzionale sollevata nel caso Cappato dalla Corte di Assise di Milano, abbia investito profili ben più ampi di quelli presi in considerazione dalla Corte Costituzionale, su cui il Parlamento dovrà intervenire in maniera organica. Il diritto all’autodeterminazione del singolo costituisce per noi il punto di partenza imprescindibile di una discussione che dovrà essere scevra da condizionamenti ideologici o religiosi e siamo pronti a portare avanti tutte le azioni necessarie perché ciò possa avvenire", conclude la nota.