Cultura - 03 dicembre 2018, 17:00

"Abbandonare la scrittura a mano significa non usare il cervello". Parola di grafologa

Ha preso il via a Palazzo Ducale il suo corso "L'osservazione grafologica: uno strumento per conoscere gli allievi" per meglio comprendere gli adolescenti attraverso la loro grafia. Intervista alla grafologa Maria Teresa Morasso, che ci ha fatto un'analisi grafologica (VIDEO)

"Abbandonare la scrittura a mano significa non usare il cervello". Parola di grafologa

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È come il Dna o le impronte digitali: indicano la nostra unicità, nessuno li ha uguali a noi né può imitarli (anche se la scienza ormai è in grado di “ritoccare” il Dna). In questo caso, però, non si parla di genetica, ma di scrittura. Rigorosamente manuale, sia chiaro. La grafia, infatti, termine che deriva dal greco e che significa anche “disegno”, “descrizione”, “studio”, “trattato”, richiama il nostro carattere, quello interiore - non il font usato per digitare su pc e smartphone – e la nostra emotività. Perché è da come tracciamo il segno grafico, qualsiasi sia la lettera, che facciamo comprendere, a chi ha studiato la materia, che tipo di persone siamo. Insomma, potremmo affermare: dimmi come scrivi e ti dirò chi sei.

Ed è quello che fa effettivamente Maria Teresa Morasso, grafologa, che da anni tiene a Palazzo Ducale corsi - che registrano sempre il tutto esaurito - a insegnanti che vogliono comprendere meglio chi hanno davanti, cioè i proprio studenti, grandi e piccoli. Infatti dopo il corso sull’Educazione al Segno Grafico, dedicato alle maestre della scuola primaria, è la volta dei corsi “L’osservazione grafologica: uno strumento per conoscere gli allievi" (4 lezioni per gli insegnanti di medie inferiori e superiori, ma anche per educatori e genitori: 28 novembre, 5, 12 e 19 dicembre) e “Adolescenti e scrittura a mano: un problema o un'opportunità?”.

“Per aiutarli nella comprensione delle loro caratteristiche, ma anche dei loro disagi – spiega - L’analisi della scrittura consente anche di mettere a fuoco il loro potenziale, che per loro può essere ancora sconosciuto e inconsapevole. Anche per poterli orientare nelle scelte di vita e scolastiche”. Maria Teresa, infatti, è specializzata in Educazione del gesto grafico e svolge attività formativa per il personale della scuola. La scrittura manuale è da più di trent’anni suo oggetto di interesse e di indagine – si è laureata alla facoltà di Urbino -, finalizzata alla consulenza professionale e, in ambito culturale più ampio, all’approfondimento conoscitivo di personalità in campo letterario, storico, artistico, musicale, scientifico.

“La scrittura ci rappresenta in tutte le nostre caratteristiche: intellettive, emozionali, affettive. Attraverso la lettura approfondita del segno grafico, possiamo individuare per esempio la qualità dell’intelligenza: come la usa e verso cosa è orientata, se verso il piano più pratico o più speculativo, e se la persona tende più ad analizzare gli elementi che osserva o se ha un atteggiamento più intuitivo e impulsivo”.

Non a caso, infatti, a Gennaio condurrà un incontro sul genio: “Paganini e Hendrix: il linguaggio nelle mani”. È fondamentale, infatti, ricordare che la scrittura manuale comporta un uso specifico del nostro cervello: “Abbandonare la scrittura a mano significa non usare il cervello. È più in linea col nostro pensiero e quindi favorisce lo sviluppo del pensiero critico, la capacità di concentrazione, di memoria e di sintesi. In particolare il corsivo meglio rappresenta la coesione col nostro pensiero”.

L’importanza del segno grafico, della scrittura a mano nei diversi caratteri, del resto, era ed è ben nota anche a chi ha rivoluzionato il mondo digitale. Modello e maestro per Steve Jobs, infatti, è stato un sacerdote calligrafo di origine italiana: Robert Palladino. Si sa, infatti, che Jobs aveva compreso bene il valore della calli-grafia: lui stesso aveva seguito un corso – senza finire l’Università - sulla bella grafia, che gli sarebbe servito per realizzare per il primo MacIntosh i caratteri tipografici che tutti conosciamo e usiamo.

Insomma la scrittura non solo è la nostra “impronta”, ma anche è un importantissimo strumento, perché per esercitare l'intelligenza non è sufficiente digitare su una testiera o col touch screen. Come, scrive Jonathan Coopersmith, docente di Storia alla Texas A&M University, “Storicamente, la tecnologia ci ha resi o singolarmente più stupidi o singolarmente più intelligenti e collettivamente più intelligenti”.

 

 

 

Medea Garrone

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