Cultura - 01 dicembre 2018, 08:00

"Frank Sinatra è mio figlio": Mauro Boccaccio racconta la mamma di The Voice e i liguri in cerca di fortuna

Da Rossi di Lumarzo e dalla Valfontanabuona sono partiti tanti genovesi in cerca di fortuna. Una era Natalina Garaventa, madre di Frank Sinatra. Dalla sua morte si snoda il racconto di altri liguri emigrati con successo e raccontati da Mauro Boccaccio in "Frank Sinatra è mio figlio". L'intervista

"Frank Sinatra è mio figlio": Mauro Boccaccio racconta la mamma di The Voice e i liguri in cerca di fortuna

La Valfontanabuona, con i suoi soli 15 abitanti in inverno, ha mantenuto, prossocché immutato, il proprio aspetto. E anche le difficoltà, quelle che tra la fine del 1800 e i primi del 1900, spinsero tanti genovesi a tentare la fortuna all’estero, in America. Molti sono coloro che ce l’hanno fatta, ma una sola poteva affermare con orgoglio, tutto materno, “Frank Sinatra è mio figlio!”. E lo ha fatto anche il giornalista Mauro Boccaccio, autore del libro “Frank Sinatra è mio figlio” (De Ferrari) ispirandosi a Natalina Garaventa, madre di The Voice, ma anche a tutti coloro, uomini e donne – come l’intrepida Suor Blandina - dalla Valfontanabuona sono partiti e sono diventati ricchi e famosi. 

 

 

Perché hai scelto la Valfontanabuona e Natalina Garaventa?

La Valfonatabuona perché è una valle simbolo dell’emigrazione ligure, ma anche nazionale. Da lì sono partiti personaggi come Amedeo Giannini, quando ancora era nella pancia della madre, ed è poi diventato il più grande banchiere del mondo; Suor Blandina, che è stata tra i cowboy e ha conosciuto tanti fuorilegge, tra cui Billy the Kid, e anche Cristoforo Colombo, anche se Taviani sostiene che le sue origini fossero di Terrarossa di Moconesi (Paolo Emilio Taviani fu un grandissimo studioso di Colombo ndr.), e altri ancora. La Fontanabuona era una valle poverissima all’epoca, che costrinse queste persone ad attraversare l’Oceano per tentare la fortuna. Come anche Natalina, che è stata riscoperta di recente: da una decina d’anni io e Guido Guelfo, sindaco di Lumarzo, abbiamo pensato che sarebbe stato utile ricordarla, dal momento che era nata lì nel 1896, ma ricordata solo dagli americani in America e mai dagli italiani. Per questo abbiamo creato un evento, “Hello Frank”, che negli anni ha visto la partecipazione d’artisti importanti, da Ermal Meta alla Fornaciari, a Nico di Palo e Vittorio de Scalzi. E poi bisogna ricorda che suo figlio, Frank Sinatra, diceva di essere genovese, non siciliano, rimarcando le origini legate appunto alla mamma, il cui matrimonio con un siciliano, all’epoca, forse non piacque molto ai parenti rimasti a Rossi di Lumarzo. Quindi ho fatto un racconto che inizia con la mamma di Sinistra, ma non sulla sua vita.

Come si snoda la narrazione?

Inizia a Palm Springs all’Epifania del 1977, in un pomeriggio di neve, quando l’aereo su cui viaggiava Natalina per andare a Los Angeles si schianta contro la montagna. Tra l’incidente e la sua morte, su cui ci sono forti dubbi, ho inserito le storie di migrazioni da Genova e dalla Fontanabuona, come quella di Rodolfo Valentino e dei proprietari dei Tre Merli, personaggi che da qui sono andati a conquistare l’America.

Come ti sei documentato su Natalina Sinatra?

Con l’atto di nascita a Lumarzo e parlando con i parenti rimasti, come Fulvio Gardella, della famiglia dei cugini, e Lilli Casagrande, unica cugina rimasta di discendenza della mamma di Sinatra. E poi con le persone che mi hanno raccontato il clima di quegli anni. Io ho immaginato che Natalina tornasse di nascosto a Rossi di Lumarzo, come forma riscatto. Aveva l’ossessione di vincere la povertà, che era la paura di tutti gli emigranti. Qualcuno infatti è tornato dall’America più povero di prima. Anche il titolo del libro rappresenta la voglia di riscatto.

Quali sono i misteri che circondano la morte della madre di Frank Sinatra?

Per esempio ho conosciuto un misterioso avvocato di South Lake, che a Lumarzo cercava dei documenti su di lei: forse legati all’eredità, che valeva centinaia di milioni di dollari o forse ad altro? Un altro episodio curioso e misterioso, che sarà una coincidenza, è il fatto che 10 anni dopo la morte di Natalina, il figlio di Dean Martin, grande amico e compagno d’affari di Sinatra, pilotando un aereo partito da Palm Spring, si schianti contro la stessa montagna e muoia anche lui. Sinatra fa sempre scoprire cose nuove.

Quali sono gli aneddoti più curiosi legati alla Valfontanabuona?

Per esempio il biliardo di Tom Cruise e Paul Newman de “Il colore dei soldi”: quando la Warner Bros. nel 1986 girò il film, che fece vincere l’Oscar a Newman, chiese alla Fontanabuona di realizzare i biliardi: da lì arrivò l’ardesia per realizzarne 34. Franca Garbarino, titolare di un’azienda d’ardesia, chiese alla casa di produzione americana se potevano regalare alla Fontanabuona un biliardo del film: mandarono direttamente quello usato da Newman e Cruise, che ora è conservato al Museo dell’Ardesia di Cicagna.

Com’era e com’è diventata la Fontanabuona?

Sono andato nelle case dei suoi abitanti, che in inverno sono solo 15, e il ricordo che hanno, e che dipende dai racconti orali dei nonni, è quello di un‘epoca pionieristica e avventuriera. Da allora ad oggi non è cambiato niente, purtroppo, la valle è isolata a causa dei politici: da vent’anni aspetta un tunnel per il collegamento con Chiavari. La Valfontanabuona grida aiuto, economicamente sta rischiando di saltare, le aziende presenti stanno pensando di andare via non essendoci i collegamenti viari adeguati. Qualcuno dice che ci vorrebbe un Piano Marshall, che potrebbero fare i fontanini emigrati e diventati ricchi in America. Il tunnel costerebbe 200 milioni: basterebbero 40 o 50 persone per mettere insieme la cifra , se facessero come Leonardo Saturno.

Che cosa fece?

Era un trovatello adottato da una famiglia di San Marco d’Urri, frazione di Neirone; a 18 anni decide di andare in America, dove diventa ricchissimo, e apre ristoranti e diverse attività. Prima di morire, però, lascia detto ai figli che avrebbero dovuto ricompensare gli abitanti di San Marco d‘Urri e così fecero: nel 1958, attraverso il parroco, mandarono a ogni abitante 800 mila lire: una cifra incredibile per 60 anni fa, con cui le persone hanno perfino comprato delle case.

A che punto sono il progetto del museo dell’emigrazione e la casa della musica a Rossi di Lumarzo?

C’è già il rustico, regalato al sindaco da Fulvio Gardella, lontano parente di Natalina, ma ancora mancano i fondi, nonostante ci vogliano solo 50 mila euro circa. Da anni il sindaco chiede aiuto alla Regione: spero ce la faccia, sarebbe un modo per riuscire a fare diventare Rossi di Lumarzo un punto di riferimento anche per il turismo internazionale, che ama molto andare in luoghi dove i personaggi famosi hanno avuto i natali. Per esempio tra gli Americani delle crociere qualcuno avrebbe sicuramente interesse a sapere delle origini della mamma di Sinatra.

A scuola cosa si dovrebbe raccontare di questi luoghi poco conosciuti?

A parte l’iniziativa singola di qualche maestra, a scuola non se ne sa niente. Lo dico con rammarico: costituisce il patrimonio dell’immigrazione, ma le istituzioni se ne son sempre occupate a spot, perché Genova c’è già il Museo del Mare, ma forse si potrebbe andare più sul territorio, quello da dove la gente è partita. Nella Riviera di Levante è più sentito questo aspetto, specialmente nel chiavarese, da cui sono partiti in molti per il Sud America, il Cile, l’Argentina. Invece dalla Fontanabuona si partiva per gli Stati Uniti perché il viaggio costava meno.

Chi è tornato senza fare fortuna?

Gattorna, frazione di Moconesi, è nota soprattutto per i giocattolai, che generalmente partivano per andare in Germania, per vendere, appunto, giocattoli. Un ramo della famiglia dei Basso, cognome notissimo là, sbagliò destinazione e decise di migrare in Ucraina: con l’avvento del regime comunista persero tutto. Quindi hanno sbagliato meta. Bisognerebbe scrivere di tutti quegli emigranti, appunto sconosciuti, che non sono riusciti a fare fortuna e diventare famosi.

Medea Garrone

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