A che punto sono le indagini della Procura sul crollo di ponte Morandi, che il 14 agosto scorso ha provocato la morte di 43 persone e costretto più di 500 abitanti ad abbandonare le proprie case?
Non ci sono ancora nomi ufficiali sul registro degli indagati, anche se si attende un elenco piuttosto lungo, ma quello che è certo è che la temuta manomissione di una delle telecamere di Autostrade non c’è stata. Il blackout è stato determinato dalla pioggia fortissima, che ha fatto scattare la centralina salvavita, che al momento del crollo, alle ore 11.37, non ha riattivato la telecamera, impedendo le riprese del momento del collasso del ponte.
L’altra telecamera, invece, controllata dal tecnico, è stata rivolta troppo tardi verso il punto del ponte in cui auto e camion stavano facendo retromarcia per evitare il precipizio.
Gli inquirenti, intanto, stanno esaminando i moltissimi documenti sequestrati dalla Guardia di Finanza. Tra questi di particolare importanza sono le relazioni di Cesi e del Politecnico di Milano. Cesi è uno studio che si occupa di verifiche strutturali e che nel 2015 aveva fatto per conto di Autostrade un’analisi del ponte, suggerendo un “monitoraggio dinamico, ossia continuo", che, però, non c’è stato.
Del 2017, invece, è lo studio del Politecnico di Milano, che suggeriva di installare un sistema di monitoraggio con sensori: l’installazione sarebbe dovuta partire con i lavori di retrofitting programmati per l’autunno 2018.
Acquisite anche le relazioni e i video in cui lo stesso progettista, Riccardo Morandi, negli anni ’80 indicava la fragilità della struttura, ammalorata prima dei tempi previsti.
Intanto i pezzi di ponte crollato, tagliati con un filo di diamante, saranno custoditi in un hangar per essere esaminati.