Ci consiglia un cerotto per il mal di schiena, un medicinale per il mal di testa, ma anche la migliore assicurazione da sottoscrivere; eppure prima è stato un Cardinale. Chi è? Naturalmente Fabrizio Matteini, attore genovese, noto protagonista di recenti spot televisivi, ma soprattutto attore teatrale, regista e interprete, nel colossal americano I Medici, del Cardinal Mosca. Ci racconta cosa vuol dire vivere a Londra, capitale dello showbiz, in attesa di vederlo al cinema film diretto da Johanna Hogg e prodotto da Martin Scorsese, The Souvenir, in uscita al cinema quest’anno.
Vent’anni di carriera tra teatro e tv: qual è il bilancio di questi anni?
Mi sembra che siano volati. Eppure ci sono tantissime esperienze, tutte preziose e significative. Riguardando adesso indietro vedo la fortuna di aver potuto fare un marea di esperienze diverse, che sicuramente mi hanno arricchito. Ho cercato varie volte di dare una direzione precisa alla mia carriera, anche se spesso questa ha preso svolte inaspettate, e cosi mi sono aperto a nuovi incontri. In fondo il teatro è l’arte dell’incontro. Il lavoro dell’attore è quasi sempre precario, e magari alcune scelte forse le ho fatte senza molta convinzione, o per necessità, ma alla fine tutto è servito. Quindi tanto, tantissimo teatro, di ogni tipo. Dai teatri stabili, a quelli di ricerca, diretto da registi molto diversi tra loro: Greenaway, Binasco, De Capitani, Bruni, Sciaccaluga, Gallione, Castri, Michieletto, Liberovici, Lavia, Longhi, J. J. Martinelli, Sicignano, Carpentieri, Scaramuzzino, Conte, Pipino, e molti altri; dal teatro per ragazzi, al teatro d’ombre, al musical, cabaret, persino la lirica. Ho incontrato tantissimi artisti e maestri da cui ho imparato davvero molto. Quello che è stempre stato vivo dentro di me era il mio sogno, il mio desiderio di fare l’attore, sin da quando ero un bimbo di 4 anni e facevo i miei spettacoli in famiglia. Quel sogno si è poi trasfromato più avanti: essere un artista internazionale. Era poco piu di un sogno vent’anni fa, quando mi sono doplomato alla scuola del Teatro Stabile di Genova, dove ho studiato con Anna Laura Messeri, Massimo Meshulam, Rachele Ghersi, Enrico Bonavera e Alessandra Manari. Da lì mi sono mosso nel difficile mondo dello spettacolo. Per fortuna I miei genori mi hanno sempre incoraggiato e sostenuto in qualunque direzione volessi andare. Mi ricordo che in un periodo di disocupazione durato quasi un anno, mentre consegnavo il giornale di notte per vivere, e per darmi coraggio, sognavo di vedere un giorno il mio nome sul giornale. Inoltre sono sempre stato appassionato di lingue straniere , inglese e francese, persino olandese a un certo punto. Tutto per passione e per mettere le basi per una carriera anche all’estero. Nel 2001 l’Ecoles des maitres, un Master Europeo per giovani attori, con il regista francese Jean Louis Martinelli, mi ha fatto capire quanto il confrontarmi anche altri paesi fosse importante per me. Poi più tardi ho avuto anche la fortuna di lavorare con Peter Greenway e con la regista olandese Saskia Boddeke, grazie ad Andrea Liberovici. Mi sono poi accostato alla regia diverse volte, prima come assisente e poi ho avuto la fortuna di dirigere quattro spettacoli. Ho fondato a Genova una compagnia teatrale, Tam Tam Teatro, attiva per circa 6 anni, insieme ad un attrice straordinaria Viviana Mattei, con la quale abbiamo fatto tre spettacoli, due dei quali hanno anche vinto dei premi nazionali e sono andati in tourne in Italia. Ho diretto il Festival estivo di Valle Christi a Rapallo per 5 anni. Ho scritto uno speattacolo sulla Mafia in Liguria su invito di Nando dalla Chiesa e del Comune di Genova. Inoltre insegno teatro da almeno 15 anni, a giovani, adulti, professionisti . Mi sono trovato persino a insegnare Teatro all’Univesità IUAV di Venezia in un corso di Regia. Tanto teatro e poca Tv, solo qualche film al cinema. Per ragioni ignote, ma anche perchè, sopratutto in passato, cinema e teatro sembravano due mondi paralleli e distanti, che nel mio caso si sono incontrati poco, spesso perché ero troppo impegnato in scena.
Dal teatro a Genova alla fiction internazionale: cosa ha rappresentato per te?
La serie tv dei Medici ha coinciso con un grande cambiamento personale. I miei 40 anni, la morte di mio padre, il mio matrimonio, la decisione di vivere a Londra. In pochi anni ho dato una svolta decisiva alla mia vita, ho ricominciato da capo in Uk. E ne sono felice. In realtà la fiction internazionale mi ha dato maggiore visibilità solo per un attimo, ma di fatto non ha portato a un grande cambiamento nella mia carriera. Spero arrivi presto un’altra occasione sullo schermo.
Il teatro a Genova e a Londra: quali sono le differenze e gli aspetti comuni?
Prima di tutto vorrei chiarire il mio punto di vista su Genova. Premesso che sono nato e cresciuto a Genova e che quindi mi baso sulla mia esperienza. Genova mi ha dato tantissimo e ho un forte senso di gratitudine, per la città e per i genovesi. Ma ne conosco anche i punti deboli. Quando sono partito per Londra, erano diversi anni che non lavoravo più nei teatri genovesi e non per mia scelta. Principalmente lavoravo con il teatro dell’Elfo a Milano e con lo Stabile del Veneto. Purtroppo non lavoro con lo Stabile di Genova ormai da molti anni. Ho pensato più volte nel corso del tempo di andare a vivere altrove, in fondo noi attori siamo anche un po’ zingari, e così a 40 anni ho sprovato a realizzare quel sogno che sembrava quasi impossibile: provare a fare l’attore a Londra. Tutto sommato è proprio perché non mi sentivo valorizzato a Genova, che ho potuto prendere la decisione di partire. Nello stesso momento è arrivato un ruolo nella serie TV Rai I Medici con Dustin Hoffmann, su Netflix e in 22 paesi del mondo, e lo spot di Thermacare, in 4 paesi paesi EU, che mi hanno dato un po’ di visibilità e hanno portato altro lavoro. Genova è davvero piena di talenti e di artisti, ma concentrati in un spazio limitato e chiuso tra mare e monti, forse per questo la città non riesce a dar spazio a tutti. Ed ecco che ho cercato il mio spazio altrove. Londra oltre ad essere una metropoli di 8 milioni di abitanti è anche il centro mondiale dello show business. Qui c’è il meglio del teatro, del cinema e della TV a livello globale. Non potrei essere in un posto migliore, per crescere e imparare. Curiosamente, appena mi sono trasferito in U.K. ho avuto nuove proposte di lavoro dall’Italia e da Genova. Partire è servito. Qui a Londra in due anni, pur con difficoltà, ho fatto teatro, con due prime nazionali: Tarantella di Elisabeth Bowe e La Strada di Fellini, diretto da Sally Cookson, regista del National Theatre. Sono nel cast del nuovo film diretto da Johanna Hogg e prodotto da Martin Scorsese, The Souvenir, in uscita al cinema quest’anno. Londra mi sta dando molte più possibilità e mi permette di avere una visione internazionale che vivendo a Genova, ovviamente, non avrei avuto.
Il premio Oscar Helen Mirren è venuta a vedere il vostro spettacolo “La strada”, complimentandosi: che momento è stato per te?
L’esperienza con La strada è stata davvero importante! Abbiamo girato i teatri del Regno Unito per 5 mesi in tour e poi 2 mesi a Londra West End, presso The Other Palace Theatre, il nuovo teatro di Andrew Lloyd Webber, otto repliche alla settimana. Lo spettacolo era bellissimo e il pubblico usciva ogni volta commosso e felice. Anche la compagnia di attori era di altissimo livello, anche umanamente. Gran merito è anche della regista Sally Cookson e del suo staff creativo. Io avevo un doppio ruolo: ero il Signor Giraffa e understudy, cioè sostituto ufficiale del protagonista, Zampanò. Ottime anche le recensioni e il feedback, così come anche la visibilità. Molti i casting directors e anche artisti famosi che sono venuti a vederci. Tra questi anche Hellen Mirren, che, visibilmente commossa, dopo lo show, ha voluto conoscerci personalmente e ringraziarci per il nostro lavoro. Non dimenticherò mai la gioia e l’emozione di quella sera.
Hai recitato in diversi spot televisivi, anche a Genova: ce ne sarà un altro? E quale sarà il prossimo lavoro londinese?
L’ultimo spot girato a Camogli era molto divertente. Mi ha fatto piacere poter tornare a casa per qualche giorno; dar sfogo alla “cocina” genovese è stata una vera liberazione. E poi è stato bello lavorare di nuovo con il regista Alessandro Genovesi, con cui avevo già girato il film Soap Opera alcuni anni fa. A parte gli spot, ci sono alcune importanti novità. Sarò a breve in Italia nel cast di Afghanistan, regia di Ferdinando Bruni e Elio de Capitani, prodotto dal Teatro dell’Elfo e ERT- Teatro Nazionale, con debutto a luglio al Festival Internazionale di Napoli. A questo seguiranno altre date in autunno a Roma, Milano, Bologna e Modena. A Londra sarò Tiresia in una versione moderna di Antigone, regia di Sanja Gregorcic, che, insieme a un cast internazionale, debutterà in anteprima mondiale in Slovenia alla fine dell’estate e poi sarà in scena a Londra. Infine altre cose che bollono in pentola tra Londra e l’Italia.
Consigli per i giovani colleghi liguri?
L’unico consiglio è di non mollare mai, di non darsi mai per vinti.
So che sei buddista: la pratica ti ha aiutato in questo difficile percorso?
Pratico il Buddhismo di Nichiren Daishonin e sono membro della Soka Gakkia dal 1997. È stata la più grande fortuna per me poter trovare questo insegnamento e avere un grande maestro di vita come Daisaku Ikeda. La pratica mi ha aiutato tantissimo ed è il pilastro della mia vita. Ogni giorno, ogni istante posso attingere a un infinito potenziale che esiste dentro di me e manifestarlo nel mio ambiente: la Buddità. La pratica mi dà la forza vitale e il coraggio di sperare, di sognare e di lottare con tutte le mie forze per far emergere il meglio di me, e per vedere il meglio negli altri, soprattutto quando incontro ostacoli e sofferenze. Rispetto al lavoro ho sempre ricevuto incoraggiamenti e tanto sostegno, e questo aspetto nei momenti difficili è stata spinta ad andare avanti, a non mollare e a credere fermamente nel valore della mia vita, a prescindere dalle difficoltà che stavo affrontando. La cosa che spaventa di più un attore quando non lavora, è il pensiero che nessuno lo chiamerà più e che quel momento di stasi durerà per sempre. Si inizia a dubitare di sé e si mette tutto in discussione. Ma quella crisi può portare anche ad una grande rivoluzione e, se usata per creare valore, può addirittura farci diventare ancora più felici. Per me ogni momento di crisi, grazie alla pratica, è diventato un trampolino per crescere, come uomo e come artista, e così contribuire anche al benessere della società. Come dice Daisaku Ikeda nell’incipit del suo romanzo “La nuova rivoluzione umana”: La rivoluzione umana di un singolo individuo contribuirà al cambiamento nel destino di una nazione e condurrà infine nel destino di tutta l’umanità.