La Liguria è l’unica regione italiana a poter vantare un reparto di altissima specializzazione che si occupa delle cosiddette morti in culla (Sids), il Centro di alta specialità Sids-Alte Regione Liguria dell’Ospedale Gaslini di Genova. Abbiamo parlato di chi coordina l’intera equipe del Centro: Antonella Palmieri.
Quanti casi di Sids registrate al Gaslini?
Per rispondere prima devo fare una precisazione: non esiste a oggi in Italia un registro, ma il codice Istat, che parla di morti in generale. Sulle morti improvvise del lattante non c’è un registro specifico, perché a oggi non esiste omogeneità della gestione in Italia. Se un bambino al di sotto di un anno di vita viene trovato morto, rientra nelle morti improvvise, come un uomo di 40 anni. Se poi attraverso l’indagine clinica, anatomopatologica e medicolegale, si arriva alla causa, possiamo dire che la creatura è morta per determinati motivi, se invece non si rileva nessuna causa, allora parliamo di vera e propria Sids. Soprattutto non esiste registro di morti improvvise non diagnosticate, quindi Sids, perché presupporrebbe un’indagine omogenea su tutto il territorio. E per quanto riguarda la Liguria, il nostro Centro, che è stato deliberato dalla Regione nel 2010, e che comprende da Ventimiglia a La Spezia, ha visto negli ultimi otto anni 11 casi di morti improvvise di lattanti. Si registra un caso su mille, prevalentemente dal secondo al quarto mese di vita. E di questi 11 solo uno è stato un vero caso di Sids.
Come arrivate a diagnosticare i casi di Sids?
In Regione Liguria abbiamo istituito un percorso con la Procura della Repubblica, che porta all’attivazione immediata delle Forze dell’ordine, del118, dell’equipe anatomopatologia del Gaslini e medicolegale dell’Ospedale San Martino, tutti coordinati da me, che intervengo sulla famiglia per quanto riguarda la parte clinica, con l’appoggio psicologico, per fornire tutte le informazioni possibili. Occorrono dai 5 ai 6 mesi per avere la diagnosi.
Quale percorso intraprendono i genitori che hanno subito questo trauma?
Sapere la causa della morte è molto importante per il futuro, perché questo consentirà ai bambini che questa coppia avrà successivamente, di avere un avvenire diverso. Infatti il dolore non cambia, ma avere una diagnosi serve ai genitori per la rielaborazione del lutto, per sapere che a un altro figlio non succederà più. Se invece la morte del bimbo è ammantata dal dubbio, il dopo è più difficile, per l’incertezza e l’ansia. Inoltre ho visto bambini andare dallo psicologo, perché, essendo i secondi, portavano su di sé ciò che i genitori si aspettavano dal primo: bisogna rispettare il bimbo che arriva dopo.
Si può prevenire la morte in culla?
Sì, seguendo alcune semplici regole. Dalla fine degli anni 80 e 90 ci si occupa di prevenzione a livello mondiale, e nel 2011, durante il primo convegno tenutosi a Genova, parlai del calo delle morti del 60%. Infatti la prevenzione è fondamentale e le regole sono quattro, insegnate anche nel nostro corso pre-parto. Prima regola: la nanna sicura. Il lattante deve dormire, soprattutto nel primo mese, sulla schiena, senza cuscino e non nel letto con i genitori. Seconda regola: il bambino non deve essere troppo coperto. Terza regola: non bisogna fumare né in gravidanza né nello stesso luogo in cui si trova il bimbo. E quarta regola: sì all’uso del ciuccio. Infatti una volta che la mamma ha iniziato ad abituarsi ad allattare il bambino, se questo gradisce, il ciuccio può essere usato, perché è un modo, succhiando, con cui respirare meglio. Inoltre il medico curante deve sapere cosa funziona nella propria Regione, e qui funzioniamo bene: per i Liguri è importante sapere che è siamo l’unica regione dove si trova una diagnostica completa.