Circa 300 bimbi ogni anno in Italia sono vittime della cosiddetta morte in culla, indicata con l'acronimo Sids (Sudden Infant Death Syndrome). Una sindrome di cui poco si conosce e che è complicata da ricostruire, dal momento che si ricava da una diagnosi presuntiva che implica l'intervento di più soggetti, dai pneumologi, ai medici legali, alle forze dell'ordine.
Si parla di "morte in culla" quando il decesso è improvviso e inaspettato e rimane inspiegabile anche dopo un'indagine post-mortem completa che comprende autopsia, esame circostanziato del decesso e revisione della storia clinica del caso. La Sids è tuttora la prima causa di morte tra l'età di un mese e un anno. Se ne è parlato nella conferenza odierna "Morte in culla: come abbattere il rischio. Con le famiglie, tra false notizie e verità scientifiche", promossa dall'ambasciatore d'Italia presso la Santa Sede, Pietro Sebastiani, con l'Associazione "Semi per la Sids".
L'ospedale Gaslini di Genova è da anni all'avanguardia anche nell'approfondimento scientifico delle morti improvvise dei lattanti. Proprio grazie al Gaslini la comunità scientifica ha potuto escludere alcune morti, individuando anche nuove malattie reali responsabili dei decessi, precedentemente attribuiti alla Sids.
Oggi si sa che una campagna di prevenzione e di informazione può fare molto per scongiurare queste tragedie. Studi recenti hanno confermato che in Usa, Francia, Nuova Zelanda, Australia, Paesi Bassi e Regno Unito si è registrata una diminuzione del 40-50% dei casi dopo la diffusione di poche, semplici raccomandazioni.
L'ospedale pediatrico genovese ricorda quattro buone norme che possono prevenire fatali eventualità: una nanna sicura (la posizione più idonea per dormire è quella sulla schiena); non tenere il bambino in ambienti dove si fuma; non coprire troppo il piccolo e tenerlo lontano da fonti di calore; l'impiego del ciuccio nel sonno può ridurre il rischio Sids.
Ecco la brochure diffusa dal Ministero della Salute con le raccomandazioni ai genitori: cliccare qui.