- 24 luglio 2012, 16:46

Non chiamatela Legge Stadi, Legambiente lancia l’allarme

“Speculazioni edilizie in aree agricole e inedificabili, questo provvedimento non ha nulla a vedere con lo sport e il calcio”

Non chiamatela Legge Stadi, Legambiente lancia l’allarme

 Nuove case e alberghi, centri commerciali e uffici? Certo, basta un impianto da 4000 posti a sedere coperti per realizzare un nuovo quartiere!

 

La chiamano “legge stadi” perché fu presentata in occasione delle candidature delle città italiane ai Mondiali ma con lo sport, il tifo e il calcio ha pochissimo a che fare. E’ stata approvata alla Camera con un iter insolito, per mano della Commissione cultura aggirando l’aula. E si appresta a ricevere il medesimo trattamento al Senato, dove ancora senza passare per la discussione e il voto dell’aula, domani la Commissione cultura potrebbe approvarla.

 

Legambiente lancia l’allarme sul disegno di legge "Disposizioni per favorire la costruzione e la ristrutturazione di impianti sportivi anche a sostegno della candidatura dell'Italia a manifestazioni sportive di rilievo europeo o internazionale", e insieme all’Istituto nazionale urbanistica e all’Ordine nazionale degli architetti, ha presentato, nel corso di una conferenza stampa, un dossier che racconta tutti i rischi e le conseguenze legati alla possibile approvazione del Disegno di Legge.

 

Alla conferenza stampa che si è tenuta presso la sala Nassiriya del Senato hanno partecipato Edoardo Zanchini, vicepresidente Legambiente, Federico Oliva, presidente Inu, Leopoldo Freyre, presidente consiglio nazionale degli architetti e i parlamentari del Pd Roberto Della Seta, Francesco Ferrante, Roberto Morassut e Vincenzo Vita.

 

Chiamarla ‘legge stadi’ è una vera ipocrisia – ha dichiarato il vicepresidente di Legambiente Edoardo Zanchini -. Il calcio e gli stadi per gli Europei o i Mondiali non c’entrano nulla con il testo approdato in Senato dopo un iter quanto mai discutibile. Ma questa fretta ha una ragione ben precisa: se approvato, il Disegno di Legge, consegnerebbe nelle mani di chi vuole realizzare speculazioni edilizie uno straordinario strumento per costruire in aree non edificabili in ogni Comune italiano. Si potranno rendere edificabili aree che oggi non lo sono per i piani vigenti. E in queste operazioni prevedere ‘attività residenziali, direzionali, turistico-ricettive e commerciali’. Niente a che vedere con lo sport e le squadre di calcio: si tratta invece di un provvedimento speciale in grado di rendere edificabili terreni agricoli e persino, con alcune forzature, aree vincolate”.

 

Legambiente evidenzia inoltre una rilevante questione di democrazia e trasparenza, perché non è accettabile che un provvedimento di questa portata venga approvato senza che né l’Aula della Camera né quella del Senato possano discutere e votare un testo che non ha alcuna ragione di urgenza, ma che smonta completamente le normali procedure in materia urbanistica, edilizia e di vincoli ambientali. E poi perché escludere le commissioni Ambiente e Lavori pubblici di entrambi i rami del Parlamento e affidarlo alla Commissione cultura? Il provvedimento, che si era arenato durante il Governo Berlusconi per le polemiche sorte intorno ai suoi contenuti, è ripartito grazie alla spinta del Governo Monti e in particolare del Ministro dello Sport e Turismo Piero Gnudi che ha esercitato una pressione fortissima per rimetterlo in carreggiata. Alla Commissione cultura della Camera, il voto favorevole è stato di tutti i gruppi parlamentari.

 

Eppure, l’unico grande stadio realizzato in Italia in questi anni, lo Juventus Stadium di Torino, non ha avuto bisogno di procedure speciali, né di essere finanziato con la costruzione di case e alberghi.

 

Nello specifico, il dossier di Legambiente analizza la situazione nelle principali città italiane rispetto alla realizzazione di nuovi stadi, per dimostrare che non sono le società di calcio a essere interessate a questo disegno di Legge. Saranno gli immobiliaristi a proporre alle società calcistiche la costruzione di impianti da connettere a ben più voluminose operazioni immobiliari  rendendo edificabili aree che oggi non lo sono. L’autentico regalo agli speculatori è nella formula “complessi multifunzionali” definiti come “complesso di opere comprendente ogni altro insediamento edilizio ritenuto necessario e inscindibile purché congruo e proporzionato ai fini del complessivo equilibrio economico e finanziario”. Tanto a proporre gli interventi sono operatori privati e a valutare è il Comune, senza nessun ruolo di verifica da parte del Ministero dello Sport o di altri Enti. I tempi per l’approvazione e l’inizio lavori sono davvero “speciali” e con qualche attenzione alle procedure e forzatura si potrebbe persino arrivare ad aggirare vincoli ambientali.

“Del resto – ha continuato Zanchini - le polemiche stanno già esplodendo: A Napoli i giornali hanno riportato quelle tra il Presidente del Napoli De Laurentis e il Sindaco De Magistris, a Roma la vicenda degli stadi delle due società calcistiche che continuano a volare di area in area, potrebbe prendere una direzione impensabile fino ad ora, con la realizzazione di entrambi gli impianti anche in aree agricole oggi non edificabili. E la cosa potrebbe non fermarsi qui, visto che questa procedura speciale potrebbe essere utilizzata dalle società sportive di tutti i Comuni dell’area romana, e perfino da altre società sportive romane, per realizzare nuovi stadi e quartieri”.

 

Basta, infatti, un progetto di 7.500 posti all’aperto o di 4.000 coperti per dare il via libera alle speculazioni. Il che vuol dire rendere possibile in almeno 500 Comuni italiani operazioni immobiliari pienamente giustificate dal provvedimento. E non vi sarebbero neanche più limiti di tempo per presentare i progetti, perché la Legge non è più legata a una manifestazione sportiva. Per gli stadi esistenti, magari posti in aree centrali l’occasione è ghiotta. Per chi volesse ristrutturarli o trasformarli in complessi multifunzionali, vi è la possibilità di cambiare le destinazioni d’uso per le aree intorno e di prevedere “un ampliamento edificatorio delle cubature che già insistono sull’area interessata”. Se poi lo stadio è di proprietà del Comune è prevista la cessione “con affidamento diretto” degli impianti e delle aree limitrofe, con qualche evidente problema di rispetto della normativa in materia di cessione dei beni demaniali e delle procedure di gara. Se non bastasse poi, il provvedimento ignora un tema che è centrale in tutti gli impianti realizzati in Europa: l’accessibilità tramite trasporto pubblico e in particolare metropolitane in modo da consentire il deflusso di decine di migliaia di persone. Questo tema è totalmente ignorato dal disegno di Legge che nei criteri a cui i progetti devono attenersi (articolo 4) stabilisce solo le migliori condizioni di visibilità, locali da adibire a palestre e servizi commerciali, la massima sicurezza, la previsione di Box o palchi per seguire le manifestazioni da posizione privilegiata, l’adattabilità alle riprese televisive, un sistema di telecamere a circuito chiuso, l’uso di tecnologie innovative di produzione di energie alternative. Nessuna certezza di accessibilità tramite mezzi pubblici, con evidenti conseguenze in termini di traffico e inquinamento per le aree urbane in cui sono previsti e totale disinteresse per le esigenze dei tifosi italiani.

 

“L’obiettivo è ben altro da quello di migliorare la funzionalità degli stadi italiani  - ha concluso Zanchini -. Ci auguriamo che il Senato fermi questo provvedimento, per tornare a una procedura ordinaria e a prendere in considerazione finalmente i problemi degli impianti sportivi lasciando da parte gli interessi degli speculatori”.

 

com.

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