- 29 febbraio 2012, 09:07

Sciopero del primo marzo: i lavoratori rilanciano. Nel pomeriggio assemblea autogestita nella Valle di Vado

Mentre SEL denuncia la pochezza della piattaforma di sciopero di CGIL, CISL e UIL, Uniti alla Base rilancia con un'assemblea pubblica

Sciopero del primo marzo: i lavoratori rilanciano. Nel pomeriggio assemblea autogestita  nella Valle di Vado

Che vada costruita l'unità tra i lavoratori dell'industria, per difendere il diritto al lavoro, soprattutto a fronte delle continue chiusure di stabilimenti e del progressivo (vertiginoso) aumento della disoccupazione nella provincia, è indiscutibile.

Ma che qualcuno se ne approfitti per strumentalizzare la disperazione dei lavoratori in favore di alcuni progetti, è vergognoso.

Per comprenderlo è sufficiente leggere il comunicato con cui le tre sigle confederali hanno indetto 8 ore di sciopero dei lavoratori dell'industria per domani, primo marzo.

Di fronte ad una crisi che coinvolge circa un'ottantina di aziende Savonesi, con migliaia di lavoratori in cassa integrazione, in mobilità o disoccupati (senza considerare i precari ovviamente, mai contati), un'emergenza nel sistema produttivo industriale nella provincia e a fronte dell'emergenza ambientale denunciata da anni dai cittadini della provincia, CGIL CISL e UIL per l'ennesima volta e senza ritegno non sanno far altro che premere sull'acceleratore di Maersk e Tirreno Power, sostenendo che "Coniugare LAVORO, SVILUPPO e SALUTE non solo si può, si deve", ma sapendo che in realtà salute pubblica  e ambiente verranndo irrimediabilmente compromesse.

Ora, tolto il fatto che ai cavalieri del carbone non entra proprio in testa che i cittadini hanno già detto di no ai due progetti, (progetti che non produrranno una occupazione significativa e che concorrono in primis ad un collasso ambientale della provincia), la cosa che più sconcerta è che delle politiche governative alla base di questa crisi (appoggiate dai confederali negli ultimi vent'anni e più) nella piattaforma dello sciopero non v'è traccia, come non v'è traccia di altre possibili soluzioni di lotta.

Eppure è abbastanza chiaro quello che sta avvenendo in provincia, ovvero l'applicazione del modello Mirafiori: le grandi aziende minacciano la chiusura e la delocalizzazione, i sindacati accettano di svendere diritti e salute dei lavoratori e dei cittadini in cambio di una manciata di posti di lavoro non garantiti e la chiusura (nella migliore delle ipotesi) viene solo rimandata per un po'. Il risultato non cambia.

Nel frattempo i governi che si succedono, con la complicità delle sigle confederali e dei partiti che si autodefiniscono di "sinistra" continuano ad abbattere il costo del lavoro, andando a cancellare i diritti conquistati dagli stessi lavoratori con anni di lotte (e, non dimentichiamo, spesso con la galera e anche col sangue).

Come asseriscono alcuni membri di Uniti alla Base, "in una situazione occupazionale economico-sociale al collasso, in modo provocatorio e arrogante all’insegna dell’equità, Monti e suoi sostenitori hanno già approvato l’aumento dell’età pensionabile e stanno approvando la precarizzazione, l'abolizione dell’articolo 18, la flessibilità in uscita, la scomparsa della cassa integrazione straordinaria e in deroga, l’accorciamento della copertura fornita dagli ammortizzatori sociali".

Portando tutto alla situazione locale, alcune domande dovrebbero essere ovvie:

- anche qualora (e non è così) Maersk e Tirreno Power garantissero centinaia di posti di lavoro, come possono pensare i sindacati confederali di garantire quei posti mentre, a livello nazionale, dichiarano di essere addirittura d'accordo a trattare sulla modifica (o cancellazione) dell'articolo 18, permettendo così alle aziende di licenziare dall'oggi al domani?

- come possono non accorgersi che il declino ambientale, nel quale i progetti Maersk e Tirreno Power concorrono, causerebbe un calo drastico anche nel settore turismo (purtroppo) unico traino rimasto per l'economia della provincia insieme ai servizi?

- come mai non c'è nessun richiamo alla lotta da parte dei lavoratori contro quelle aziende che di fatto, stanno affamando migliaia di famiglie

Sono domande che, invece, si pongono i Sindacati di Base, che assieme a SEL e a "Uniti alla Base" (laboratorio di lavoratori  e attivisti membri di diversi sindacati, anche di aree di minoranza degli stessi confederali) hanno deciso di sfruttare la giornata di mobilitazione di domani per rilanciare un percorso di crescita della presa di coscienza dei lavoratori.

In particolare Uniti alla Base promuove, assieme alla partecipazione alla manifestazione, un'assemblea pubblica alle ore 15.00 presso i locali della SOMS Pace & Lavoro Di Vado Via Piave n° 118 "per discutere modalità ed obiettivi per dare continuità alla mobilitazione dei lavoratori e delle lavoratrici".

Secondo i promotori dell'iniziativa sarebbe infatti possibile ottenere "riconversioni produttive delle aziende in crisi, investimenti nella tutela del territorio devastato, investimenti nella salute e nell'istruzione, recupero del potere d'acquisto dei salari e delle pensioni, salari minimi garantiti di cittadinanza ai disoccupati", mediante "la riduzioni/abolizione delle spese militari, introduzione della patrimoniale, lotta all'evasione ed elusione fiscale, tassazione delle rendite finanziarie, facendo pagare la crisi ai ricchi che l'hanno creata".

Matteo Loschi

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