«Oggi, a meno di cinque anni dalla scadenza del cronoprogramma indicato dal commissario straordinario Anna Cancellieri per la bonifica, restano ancora troppi punti interrogativi. In primis sul destino degli 11 ex lavoratori a tempo determinato, da quattro mesi a casa e per cui chiediamo che sia istituito un tavolo tecnico dalla Regione. Ancora troppo vaghi i tempi e le modalità dei lavori di prosecuzione della messa in sicurezza del sito, condizione sufficiente e necessaria per la progettazione del piano di bonifica».
Così Maruska Piredda, presidente della commissione regionale Pari Opportunità e responsabile Lavoro Welfare dell’Idv in Liguria, fa il punto sulla situazione dell’ex Stoppani.
«Vorremmo iniziare ad avere risposte chiare da parte del commissario Cancellieri, ora ministro degli Interni del nuovo governo Monti e in primo luogo se intende mantenere questo incarico alla luce dei suoi nuovi impegni istituzionali. Purtroppo quello che abbiamo riscontrato durante la sua gestione commissariale è stato, almeno sul piano dell’occupazione, un muro contro muro che ha escluso la via della conciliazione nel reintegro degli 11 ex dipendenti, proposta dal giudice all’inizio della causa in tribunale e che ripercorreva un ordine del giorno approvato all’unanimità dal consiglio regionale a luglio sulla parità di trattamento di tutti i lavoratori dell’ex industria chimica».
Oltre 40 i milioni di euro spesi dal 2006 a oggi per avviare la messa in sicurezza del sito dell’ex industria chimica di Cogoleto che fino al 2003 ha prodotto acido cromico, contaminando 500 mila metri cubi di terreno, le acque di falda (con una concentrazione di cromo esavalente 50mila volte il limite di legge), provocando l’estinzione della flora e della fauna del torrente Lerone, inquinando il mare e le spiagge.
«Neppure la malattia e la morte di decine di ex operai sono servite a disinnescare questa bomba chimica. Secondo le stime della gestione commissariale, ci vogliono ancora 25 milioni di euro per la messa in sicurezza e si parla di 820 milioni per la successiva bonifica».
Il quadro occupazionale è legato a filo doppio con la garanzia di sicurezza del sito.
«Gli ex operai che lavorano all’impianto di trattamento sono solo quattro e sono insufficienti a garantire la sicurezza dell’area 24 su 24, 7 giorni su 7.
Per questo la gestione dell’impianto è stata data in appalto a un’azienda esterna, andando a gravare sui costi aggiuntiv».
Gli 11 ex dipendenti, lasciati a casa a luglio dalla gestione commissariale, hanno presentato ricorso in tribunale, poi respinto, e hanno fatto ricorso in appello.