Dopo circa sei ore in aula, con un paio di interruzioni, si è conclusa l'udienza fiume che ha visto in aula l'ex ad di Aspi e Atlantia, Giovanni Castellucci, che ha reso dichiarazioni spontanee nel processo sul crollo del ponte Morandi di Genova.
Dalla storia del ponte, alla gestione delle società e al suo ruolo ai vertici dal 2005 al 2019, Castellucci ha ripercorso i temi legati alle manutenzioni, rigettato le accuse di aver ristretto i costi di gestione per fare utili, parlato dei rapporti tra Aspi e Spea, ribadendo le posizioni tenute fin qui dalla difesa legate alla non conoscenza dello stato del viadotto Polcevera.
In uscita dall'aula ha risposto brevemente ai cronisti che chiedevano un commento alla frase con cui questa mattina ha esordito in aula, parlando di sensazione di "responsabilità" per il bene crollato che era in gestione, ma non di colpa.
"Ho parlato tanto, penso di aver detto tutto - ha puntualizzato - ci siamo sentiti responsabili perché avevamo la custodia di quel bene, ma la colpa è un'altra cosa, è quello che dovrà decidere il tribunale. Io ho dato il mio contributo alla ricostruzione degli eventi".
Verso il termine dell'udienza, che si è tenuta alla presenza in aula del Comitato in ricordo delle vittime e di alcuni familiari, alle parole di Catellucci sul "sollievo perché penso di avere fatto quello che dovevo e potevo sulla base di quello che sapevo, per mettere i tecnici, che sapevano, nelle condizione di operare al meglio", è esplosa la contrarietà di alcuni dei parenti.
"Meno male che è sollevato, il peso ce l'abbiamo noi - si è sfogata la madre di una delle vittime, Mirco Vicini - Tutti si dovrebbero vergognare di questa storia".
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