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Attualità | 26 marzo 2025, 08:00

I mestieri di una volta - Una vita dedicata al mare, la storia del pescatore di Sestri Ponente: "Siamo i custodi delle acque"

"Noi siamo i primi ad aprire la giornata, a vedere il sole sorgere. Nonostante i tanti sacrifici necessari, personalmente non potrei mai abbandonare questo 'lavoro': è scritto nel mio DNA, mi scorre letteralmente nelle vene" racconta Roberto Arecchi

Prosegue questo mercoledì ‘I mestieri di una volta’, un ciclo di servizi de ‘La Voce di Genova’ dedicato a chi ancora svolge quei mestieri antichi, con il medesimo impegno e la medesima passione. Ogni settimana vi racconteremo storie di ingegno, di orgogliosa resistenza, di rinascita, di ritorni alla moda: storie fatte di mani sapienti, di teste pensanti, di tantissimo amore e attaccamento alle proprie radici. Buona lettura!

Spinto da una grande passione per il mare e per il pesce, chi sceglie la professione del pescatore si trova solitamente a dover da sempre 'sacrificare' buona parte del proprio tempo libero, 'colpa' delle tante ore trascorse in barca e della necessità di riposare nelle poche ore residue. Ed è proprio questo il mestiere del pescatore, che con la sua canna da pesca e le sue reti, ha da sempre portato avanti nel corso degli anni questa antichissima arte, fatta di attesa e rispetto per l'ambiente marino. Ma, come dice Roberto Arecchi, pescatore sestrese, cosa c'è "di più bello che ammirare, in silenzio, sorgere il sole in mezzo al mare sulla propria barca? Nient'altro". 

E a Sestri Ponente, c'è chi, quindi, ancora oggi, nonostante tutte le evoluzioni e i cambiamenti nel corso del tempo, continua a conservare le radici e soprattutto il significato culturale di questo mestiere, portando avanti una passione, quella per la pesca, tramandata di generazione in generazione

La storia di Roberto Arecchi, un pescatore di quarantanove anni, inizia circa negli anni '40, quando il padre calabrese decide di trasferirsi proprio a Sestri Ponente: "Era un periodo difficile, quello della seconda guerra mondiale, ma la mia famiglia si insediò in questo angolo di paradiso ligure, dove la comunità si conosce e si sostiene, perché ai tempi era un po' tutto in famiglia", racconta.

Arecchi ricorda che, sin da piccolo, suo padre lo portava a pescare ed è stato proprio lui, ma anche il fratello più piccolo, a trasmettergli l’amore per il mare:Da quando ho iniziato a camminare, sono sempre stato praticamente in mare. Mio papà, quando avevo cinque anni, mi portava sempre con lui a pescare. Con mio fratello, andavamo a pescare i tonni” racconta sorridendo. La perdita della madre, quando lui aveva solo nove anni, ha segnato profondamente la sua vita, ma "il legame con mio padre e il mare mi hanno sempre sostenuto". 

"Io però, da giovane avevo un'altra mentalità - afferma -, nel senso che mi piaceva di più la vita mondana a differenza di mio fratello, che ha sempre seguito questo mestiere. Così, ho lavora per una cooperativa di trasporti, per poi fare un'altra esperienza presso un'azienda ma, onestamente, mi sono subito reso conto che stare in un posto al chiuso, non faceva per me". Il 'ritorno alle origini', però, avviene nel 2013: "In quell'anno mio papà, purtroppo, ci ha lasciati - ricorda Roberto -. Ho deciso, considerando anche il fatto che come ho detto stare al chiuso per me è una sofferenza, di tornare a fare il pescatore, perché è un mestiere che hai nel sangue. Il mare, però, mi chiama sempre". 

Ogni uscita in mare, che sia di inverno o in estate, per il pescatore è sempre un momento indescrivibile: "Siamo i primi ad aprire la giornata, a vedere il sole sorgere sul mare: è un'emozione davvero unica - racconta -. Stare sulla barca, vedersi con il cielo limpido la punta di Portofino è veramente favoloso. Un mestiere del genere, non puoi abbandonarlo: lo hai nel DNA, scorre nelle vene letteralmente. Ti gratifica anche mentalmente, vai a lavorare con la gioia e non sei dipendente da nessuno: sei libero di vivere come preferisci". 

I sacrifici, però, sono tanti: "Non ci sono ferie e si lavora tutti i giorni. È un lavoro difficile e non molto remunerativo"; spiega, sottolineando le sfide economiche che il settore della pesca sta affrontando. “Oggi, il nostro guadagno dipende più da ciò che ci offre lo Stato che non dalla nostra pesca" e, inoltre, Roberto sottolinea come trovarsi presso il porto petroli "per noi è stato ed è uno svantaggio, perché non ci dà la possibilità di venderci direttamente il nostro pescato o di diversificare, banalmente, l'attività - chiarisce -. Ad esempio, la mia idea era quella di poter anche realizzare un ittiturismo direttamente sul mare ma non è fattibile in quest'area". 

Durante l'intervista, Arecchi afferma con preoccupazione come la pesca, al giorno d'oggi, sta perdendo sempre più 'appeal' tra i giovani: "Molti ragazzi, oggi come oggi, non si avvicinano più a questo mestiere perché vedono i sacrifici e, nonostante la maggioranza siano 'figli d'arte, non approcciano più - chiarisce -. Inoltre - prosegue -, le istituzioni pongono limiti sempre più stringenti e noi ci troviamo oggettivamente in difficoltà". 

E sull'ex mercato del pesce, il pescatore sottolinea come "dopo che è stato spostato, le cose sono radicalmente cambiate": "Una volta, sono andato a Marsala e loro, una volta chiuso il mercato del pesce, lo lavano e all'interno organizzano musica dal vivo - afferma -. Sarebbe davvero bellissimo poterlo fare anche qui da noi, magari al Porto Antico. Potremmo approfittarne di più aprendo gli ambienti, organizzando aperitivi, animando la sera tra musica e socialità".

Federico Antonopulo

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