“Com’è nata la passione per il calcio? Onestamente, è innata”: afferma così, con un sorriso, la pegliese Martina Carpi, coach più giovane d’Italia di una squadra di calcio professionistica, che tra tanti sacrifici, impegno e grande volontà, già all’età quattordici anni giocava in Serie B ed è stata convocata diverse volte nella squadra Nazionale tra 'Under 17' e 'Under 19', giocando partite importanti contro il Portogallo, la Norvegia e il Belgio.
“Aprire le persiane e vedere fin da piccola il campo del Centro Sportivo Gianluca Signorini, mi ha sempre affascinato. Poi, certamente la passione per il calcio in famiglia c’è sempre stata” continua Carpi, che non ha mai avuto dubbi su quale sport praticare nonostante “i tanti sport provati”.
E da piccolina quando usciva da scuola, durante le elementari, correva a casa come tutti i bimbi ‘incollandosi’ alla tv: “Tutti tendenzialmente appena arrivati si guardavano i cartoni animati, mentre io no: mi mettevo subito Sky Sport e cosa davano in onda? La Premier, ai tempi del Manchester delle meraviglie”.
A ventidue anni, dopo averne trascorsi quindici in campo, sopraggiunge un cambiamento: sempre in campo, rigorosamente presente, ma non più nei panni di calciatrice, bensì da allenatrice della squadra 'Under 12' femminile del Genoa:“Per me è sempre stata una passione nella passione, perché aiutare e supportare le bimbe mi è sempre piaciuto”.
Un passaggio, però, avvenuto a seguito di qualche infortunio ma che ha permesso all’allenatrice di comprendere quale strada intraprendere e guardando la sua passione da un’altra prospettiva: “Il periodo in cui sono dovuta rimanere ferma, anche se in realtà allenavo e giocavo perché il primo anno è stato un mix, mi è stato di grande aiuto - chiarisce -. In un momento difficile, come quello dell’infortunio, ho avuto modo di trascorrere dei bellissimi momento con le bimbe e questo, inoltre, mi ha permesso di attraversare il periodo lontana dal campo per quanto riguarda il calcio giocato. E poi, stare con le bimbe e i bimbi, mi ha arricchito umanamente e fatta crescere come persona. In breve, la mia fortuna è stata proprio quella di essere stata insieme alle piccole leve”.
‘Ma il calcio è solo uno sport per maschi, non è per le femmine’: una frase che Martina, come tantissime altre calciatrici, purtroppo spesso si è sentita dire (e, ancora oggi, capita): “Per me, all’inizio, non è stato davvero facile, perché comunque come tutte noi ragazze, abbiamo iniziato a giocare in squadre maschili perché, a differenza di oggi che di squadre femminili iniziano ad essercene tante, ai tempi essere una bimba in un contesto del genere, era complicato - ricorda -. Banalmente, faccio l’esempio dello spogliatoio: in caso di pioggia, ci si cambiava all’aperto perché lo spogliatoio per le bimbe non c’era e a me è successo spesso. Per non parlare dei commenti durante le partite dei genitori degli avversari: ’tira forte perché in porta c’è la femmine, è scarsa’. Fortunatamente, ho un carattere che mi ha permesso di farmi scivolare addosso sovente tutto questo, ma non mi hai mai fatto minimamente piacere”.
Oggi, però, qualche passo in avanti lo si sta facendo e, proprio con l’obiettivo di promuovere il calcio femminile, Martina ricopre la figura di coordinatrice di un progetto ambizioso e degno di nota: “Io attualmente all’interno del Genoa coordino anche le attività scolastiche in giro per le scuole primarie del ponente al fine di promuovere il calcio femminile - racconta -. E, proprio durante le occasioni, pongo subito la domanda ai bimbi ‘secondo voi, le femmine possono giocare a calcio’ e, nonostante il tempo sia passato e di cambiamenti ce ne sono stati, c’è sempre qualcuno che risponde no. Ovviamente, non è responsabilità dei piccoli, ma è dipeso dalle famiglie alle spalle. Quindi, dico che sicuramente sì, passi avanti ce ne sono stati, ma siamo ancora indietro”.
Nel dettaglio, si tratta di un progetto della Federazione: “Ho la fortuna di ricoprire questo ruolo per il Genoa grazie alla Direttrice Marta Carissimi - chiarisce -. Sono già un paio di anni che me ne occupo: dapprima come supporto a chi coordinava, mentre da due anni come coordinatrice. Viverlo in questi panni, apre certamente la mente, perché ti trovi a dover affrontare la realtà e a confrontarti non tanto con i bimbi tanto quanto, a volte, con gli insegnanti stessi”.
I numeri parlano chiaro e sono più che positivi: attraverso le attività ludiche, Martina ha avuto la possibilità di portare concretamente il progetto in cinque plessi, confrontandosi con circa quattrocento bambini: “Quest’anno stiamo registrando dei numeri davvero importanti - racconta -. Attualmente, copriamo il ponente, da Voltri a Sampierdarena, ma l’obiettivo è quello di espandersi, quindi riuscendo ad uscire un po’ dal ponente genovese arrivando innanzitutto al centro cittadino. Inoltre, l’altro obiettivo, è certamente quello di coinvolgere non soltanto i bimbi della scuola primaria, ma partendo dall’infanzia arrivando alla scuola secondaria, perché sicuramente più sono piccoli meglio è”.
Tra i tanti traguardi raggiunti, ultimo ma non ultimo il patentino 'Uefa B': “Questo mi permette di allenare sino in primavera femminile - chiarisce Martina -. Quindi, posso fino alla Serie B femminile e, come collaboratrice, fino alla Serie C maschile. E poi, ho anche il patentino Uefa B per i portieri”.
Ma, come mai solo per i portieri? Dietro a questa scelta, c’è una ragione ben evidente di Martina: “Perché quando ero in campo, giocavo come portiere e quindi questo è stato anche una sorta di auto regalo per quello che è stato il mio percorso - chiarisce -. E comunque, come dico sempre, una volta portiere, per sempre portiere. Il mio portiere preferito? Vabbè, ovviamente, Gigi Buffon”.