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Attualità | 20 marzo 2025, 12:59

Preoccupazioni e nuove speranze, apre Casa Maddalena, il nuovo spazio per detenuti in centro storico

In vico Cannoni la nuova struttura, confiscata alla criminalità organizzata, prevede l’accoglienza di persone detenute in misura alternativa al carcere. Ma i residenti sono perplessi: “Inserire queste persone in un contesto del genere, senza un programma di reinserimento ben strutturato e senza il supporto attivo della comunità, rischia di esporli nuovamente a dinamiche malavitose”

Un nuovo spazio dedicato all'accoglienza di persone detenute in misura alternativa al carcere ha aperto i battenti in vico Cannoni, nel cuore del quartiere Maddalena. Casa Maddalena, questo il nome della struttura, è il frutto di un’iniziativa che vede la sinergia tra la Veneranda Compagnia della Misericordia, enti del terzo settore e istituzioni. L'immobile, confiscato alla criminalità organizzata e ristrutturato grazie a fondi della Regione Liguria, è composto da un salottino, tre camere da letto, una cucina e un bagno, e potrà ospitare fino a tre persone.

All'inaugurazione erano presenti, tra gli altri, il facente funzioni sindaco Pietro Piciocchi e l’assessore alle Politiche sociali del Comune di Genova Enrico Costa. Piciocchi ha espresso soddisfazione per l'iniziativa, sottolineando come il Comune abbia destinato molti locali confiscati nel centro storico ad attività sociali, rappresentando un messaggio concreto di rigenerazione urbana e sociale e dando una risposta ai più fragili. L'immobile è stato assegnato alla Veneranda Compagnia di Misericordia tramite un bando dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati (Anbsc).

Tuttavia, l'apertura di Casa Maddalena non è stata accolta senza riserve da parte dell'AMA, l'Associazione degli abitanti della Maddalena. In una nota, l'associazione ha espresso il proprio disappunto per non essere stata informata precedentemente dell'iniziativa, soprattutto considerando la fragilità del quartiere e delle persone che verranno accolte.

"Veniamo a conoscenza dell’inaugurazione di un bene confiscato in Vico Cannoni di uno spazio che darà accoglienza a tre persone detenute in misura alternativa al carcere - si legge nella loro dichiarazione -. Il bene è stato direttamente affidato da ANBSC ma dobbiamo sottolineare che l'inaugurazione prevederà la presenza del Facente Funzione Pietro Piciocchi e che nessuna delle Associazioni che fanno parte dell’Osservatorio comunale sui beni confiscati, di cui facciamo parte, sia stata precedentemente informata soprattutto quando la scelta prevede persone fragili in un quartiere fragilissimo. Non entriamo nei meriti del progetto che non conosciamo ma proprio per la disponibilità data in questi anni ci aspettavamo maggiore condivisione. Per la dedizione e fatica che ogni giorno facciamo per curare e sensibilizzare una partecipazione attiva, questo episodio mette noi e gli abitanti in zona in seria difficoltà perché i prevenuti già da tempo continuano a “ronzare” attorno a beni a loro confiscati e il timore che possano fare prevaricazioni nei confronti di queste tre persone già così in difficoltà è dietro l’angolo. Siamo preoccupati che quello che abbiamo già vissuto sulle confische Caci e Canfarotta, possa ripetersi ancora e ancora e che come già in passato siamo noi a doverne far le spese”. 

A gettare ulteriori ombre sull'iniziativa è Andrea Piccardo, figura attiva nel tessuto sociale del quartiere. Piccardo esprime un forte scetticismo riguardo alle modalità con cui è stata gestita l'apertura di Casa Maddalena. La preoccupazione maggiore riguarda la potenziale esposizione dei detenuti accolti a dinamiche criminali presenti nel quartiere: “L’apertura della struttura in un quartiere con una forte presenza di famiglie legate alla criminalità organizzata appare quantomeno discutibile. Inserire detenuti in un contesto del genere, senza un programma di reinserimento ben strutturato e senza il supporto attivo della comunità, rischia di esporli nuovamente alle dinamiche malavitose, vanificando qualsiasi intento rieducativo” spiega alla Voce di Genova. Un'altra criticità riguarda la modalità con cui è stato realizzato il progetto: “L’impressione diffusa è che sia stato portato avanti senza una reale considerazione delle esigenze dei destinatari e delle peculiarità del contesto. Anche piccoli dettagli, come la simbologia religiosa all'interno degli alloggi, denotano una visione dell'accoglienza che non tiene conto della dignità e della diversità culturale delle persone coinvolte”.

Il problema di fondo è, per Piccardo, sempre lo stesso: “Senza un dialogo con le associazioni locali, le parrocchie, le attività commerciali e gli stessi abitanti, qualsiasi iniziativa di questo tipo è destinata a fallire o, peggio ancora, a essere strumentalizzata dalla criminalità organizzata”. L'esperienza passata con l'assegnazione di immobili confiscati alla criminalità ha già dimostrato i rischi di interventi privi di un'adeguata pianificazione: “senza un controllo adeguato e senza il coinvolgimento delle realtà locali, gli spazi destinati a fini sociali finiscono spesso per ricadere nelle mani delle stesse organizzazioni mafiose da cui erano stati sottratti”. “Siamo sempre aperti, accoglienti e disponibili - conclude Piccardo - però dobbiamo coordinarci ed essere coinvolti: se tre detenuti, che magari non parlano neanche la nostra lingua, vengono portati qui senza che noi abbiamo gli strumenti per fare reale inserimento e accoglienza, non sappiamo davvero come comportarci”.

Anche il consigliere regionale (Lista Orlando) e rappresentante di Linea Condivisa Gianni Pastorino rimarca il concetto: “Ogni bene confiscato alla criminalità organizzata che viene restituito alla collettività è una vittoria ma la gestione di questi spazi deve essere trasparente e condivisa con le realtà del territorio. L’inaugurazione di Casa Maddalena è senza dubbio un segnale positivo ma restano delle domande senza risposta: perché non c’è stato alcun coinvolgimento dell’Osservatorio sui Beni Confiscati? Perché le istituzioni competenti non hanno informato le realtà del terzo settore che lavorano quotidianamente su questi temi? E soprattutto, è stato fatto un monitoraggio serio per garantire che questi spazi non rischino di diventare zone grigie di sfruttamento e marginalità?”.

“La storia recente ci ha insegnato che non possiamo permetterci zone d’ombra nella gestione dei beni confiscati. Non è la prima volta che assistiamo a casi in cui gli immobili sottratti alla criminalità organizzata non vengono utilizzati in maniera coerente con la funzione di rigenerazione del territorio. Se lo Stato e le istituzioni vogliono davvero restituire questi spazi alle comunità, devono farlo garantendo un percorso di chiarezza, condiviso e monitorato”, continua Pastorino.

“Il mancato coinvolgimento delle associazioni che si occupano di beni confiscati, così come l’assenza di interlocuzione con l’Osservatorio e con le realtà del terzo settore, è un problema serio. Serve una gestione più aperta, non bastano le inaugurazioni in pompa magna: la lotta alla criminalità organizzata non si fa solo con i tagli del nastro ma con un lavoro quotidiano di trasparenza, controllo, partecipazione e condivisione con chi vive quel territorio”, conclude il consigliere regionale.

Chiara Orsetti

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