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Gen Z - il mondo dei giovani | 16 marzo 2025, 09:30

Gen Z - Il mondo dei giovani - La lotta di Francesco contro i disturbi alimentari, tra binge eating e anoressia

Bullismo, solitudine e desiderio di riempire il vuoto con il cibo hanno accompagnato per anni la vita di un ventottenne genovese, fino a quando ha trovato il coraggio di chiedere aiuto: "È il primo passo per riprendersi la propria vita"

Foto Pexels (Zacharias Korsalka)

Foto Pexels (Zacharias Korsalka)

Ogni domenica 'La Voce di Genova', grazie alla rubrica ‘Gen Z - Il mondo dei giovani’, offre uno sguardo sul mondo dei ragazzi e delle ragazze di oggi. L'autrice è Martina Colladon, laureata in Scienze della Comunicazione, che cercherà, settimana dopo settimana, di raccontare le mode, le difficoltà, le speranze e i progetti di chi è nato a cavallo del nuovo millennio.

Il 15 marzo è stata la Giornata nazionale del fiocchetto lilla, dedicata ai disturbi della nutrizione e dell'alimentazione. Per dare un segno di speranza racconterò la storia di Francesco, un ragazzo genovese di 28 anni che ha voluto raccontare il percorso che ha fatto per riuscire a trovare il coraggio di chiedere aiuto. Quando si parla di questi problemi, spesso si pensa a ragazze e donne, perché sono loro ad essere maggiormente rappresentate nei racconti e nelle statistiche. Ma i disturbi alimentari non hanno genere: anche i ragazzi ne soffrono, spesso nel silenzio e nell'incomprensione generale.

Quando Francesco ripensa alla sua adolescenza, il primo ricordo che affiora non è quello di spensierate giornate con gli amici, ma il suono di risate crudeli nei corridoi della scuola. Dopo diversi anni riesce a parlarne con lucidità, ma per molto tempo il cibo è stato la sua unica via di fuga, prima nemico e poi ancora alleato in un ciclo difficile da spezzare.

Tutto è iniziato alle scuole medie, quando i commenti sul suo aspetto fisico si sono fatti sempre più insistenti. Il cibo diventava un rifugio, un conforto immediato contro il dolore di sentirsi fuori posto. Così, le abbuffate sono diventate una costante. Il binge eating lo ha accompagnato per anni, un'ombra silenziosa che lo portava a mangiare fino a star male, fino a sentirsi soffocare dalla vergogna.

"Era un meccanismo che non riuscivo a fermare" , racconta. "Più mangiavo, più mi odiavo, e più mi odiavo, più mangiavo" . Non c’era un momento preciso per le abbuffate: accadevano all’improvviso, spesso in solitudine, con tutto ciò che trovava in casa. Merendine, pane e Nutella, insaccati, formaggi, pacchetti di biscotti divorati senza accorgersene. Non c’era piacere nel farlo, solo un bisogno incontrollabile di riempire un vuoto. Poi, subito dopo, arrivava il senso di colpa, il disgusto verso se stesso, la promessa che sarebbe stata l’ultima volta. Ma non lo era mai.

Quando è arrivato al liceo, la situazione è peggiorata. Il bullismo era diventato insostenibile, le parole erano sempre più taglienti e gli sguardi sempre più pesanti. Francesco si sentiva costantemente fuori posto, inadeguato. Così, ha iniziato a voler diventare invisibile, a sparire nel vero senso della parola. Se il cibo fino a quel momento era stato un rifugio, ora era diventato il nemico. Ogni giorno mangiava sempre meno, si convinceva che il controllo assoluto sul suo corpo fosse l’unico modo per riprendere in mano la sua vita.

In poco tempo, il binge eating lasciò spazio all’anoressia. Prima quella nervosa, fatta di regole rigide, calorie contate ossessivamente e paura di ogni alimento. Poi quella più profonda, in cui il corpo sembrava non appartenere più a lui. Dimagriva sempre di più, eppure non si vedeva mai abbastanza magro. La fame era diventata un’abitudine, la debolezza una compagna costante.

Eppure, in tutto questo, Francesco provava una strana soddisfazione. Il controllo assoluto che esercitava su se stesso lo faceva sentire forte. Ogni giorno in cui riusciva a mangiare meno del precedente, ogni chilo perso, era una vittoria. Perché così era sicuro che non sarebbe mai più tornato a essere quel ragazzo di prima, quello di cui ridevano, quello che si abbuffava di nascosto per colmare il vuoto.

Nel frattempo, i rapporti con gli altri si erano incrinati. Era sempre più nervoso, irritabile. Parlare con qualcuno lo infastidiva, stare in compagnia lo faceva sentire fuori posto. Preferiva isolarsi, evitare conversazioni che inevitabilmente finivano con domande sul suo aspetto, sul perché mangiasse così poco. Eppure, allo stesso tempo, si sentiva in colpa. Sapeva che la sua famiglia si stava preoccupando, vedeva la paura negli occhi di chi gli voleva bene. Ma l’idea di fermarsi lo terrorizzava più di qualsiasi altra cosa.

Il cambiamento è arrivato solo quando ha trovato il coraggio di chiedere aiuto. "Se oggi sto meglio, lo devo ai miei medici, alla mia psicologa e alla nutrizionista che hanno saputo guidarmi senza mai farmi sentire sbagliato". Francesco sa che il percorso non è lineare, che le ricadute sono parte della guarigione, ma ora ha gli strumenti per affrontarle.

E in questi giorni, dedicati alla consapevolezza sui disturbi alimentari, il suo messaggio è uno solo: "Non siete soli. Chiedere aiuto non è una debolezza, è il primo passo per riprendersi la propria vita".

Martina Colladon

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