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Attualità | 20 febbraio 2025, 08:00

Il caso dei pitbull in famiglia, la veterinaria: "Vanno educati sin dai primi mesi di vita"

Margherita Marchese: "Se questo non avviene, ci si ritrova con delle 'bombe a orologeria'. Il problema è anche che non esiste in Italia un controllo degli allevamenti"

Il caso dei pitbull in famiglia, la veterinaria: "Vanno educati sin dai primi mesi di vita"

L'aggressività ha un'origine sempre multifattoriale, cioè che può dipendere da vari fattori. Ma prima di decidere di adottare un cane, serve consapevolezza della vita che si può offrire all'animale e di una sua eventuale aggressività. 

Nei giorni in cui le cronache sono occupate nel senso più tragico da episodi di aggressioni di cani ai padroni o alle parti più indifese delle loro famiglie, abbiamo ragionato con gli esperti del settore per capire di più di un dibattito che va dalle richieste di eliminare specie in vendita, all'eterna tesi del patentino per proprietari, fino all'imposizione di divieti di allevare o vendere razze canine specifiche. Come, per esempio, quella dei pitbull.

Considerarli un rischio e sconsigliarne in assoluto l'adozione non renderebbe giustizia ad una realtà che risulta in ogni caso variegata. Secondo gli esperti ogni considerazione deve partire dalla consapevolezza. 
Nel caso dei pitbull, razza particolarmente diffusa in Gran Bretagna e ormai anche per moda comune e frequente ovunque, si tratta di esemplari particolarmente consigliati per persone con esperienza sul fronte della gestione canina, in un dibattito che non vede vie di mezzo tra chi li ritiene pericolosi e chi imputa la pericolosità all'incompetenza dei padroni.

Ma "se parliamo di esperienza clinica personale - racconta la veterinaria Margherita Marchese - tutti i cani pitbull o simili con cui mi sono trovata a lavorare si sono dimostrati molto pazienti, collaborativi. Forse per conformazione e tipo di cane sono in cima alla lista tra i più collaborativi. Quelli almeno che non manifestano aggressività ma questo è un tema che vale per pitbull come per pastori tedeschi: ce n'è per tutti".

Ad esempio quando si tratta di animali che provengono da avventure di vita non semplici.
"Il problema - prosegue la veterinaria con studio a Pegli - è che il pitbull non è una razza riconosciuta dall'Enci, ci sono regolamentazioni ma c'è un'altra faccia della medaglia costituita dagli allevamenti, casalinghi o improvvisati, che possono essere pericolosi. Non conoscendo la genealogia di un cane il rischio è di fare accoppiare animali con discendenze aggressive, che possano trasmetterle ai cuccioli". Una caratteristica che è legata anche a fattori genetici o neurologici del cane. 

"Quando si verificano atti di aggressione - prosegue Margherita Marchese - bisognerebbe prenderli tutti in considerazione per capire cosa avrebbe potuto influire di più. Sono cani che sanno essere molto docili e buoni in famiglia. Ma se dovessi, consiglierei di affidarsi fin da subito, dai primi mesi di vita del cane, ad educatori cinofili professionisti, facendolo abituare da subito all'iterazione sia con l'uomo che con i propri simili. Il problema ulteriore è che spesso questi cani vengono presi un po' per moda, un po' per leggerezza, e ci si rivolge a figure professionali quando ormai si sono già verificati problemi comportamentali".

L'educatore cinofilo in questo contesto ha un ruolo fondamentale. "Sono cani di cui si parla tanto - sottolinea la veterinaria - perché hanno un carattere particolare, sangue Terrier, forte istinto predatorio, molta reattività ed emotività. E hanno bisogno di scaricare energia, giocando o con le passeggiate o socializzando. E questo un educatore lo sa e sa come trattare l'animale".  

"Non affidandosi a persone competenti - conclude - il rischio è di mettere questi cani in famiglia, trattandoli come un po' essere umani, un po' come animali da compagnia, e si rischia di trovarsi in casa una specie di 'bomba a orologeria' che non riesce a scaricare la sua energia ed emotività in un contesto che può essere esplosivo". 

Valentina Carosini

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