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Meraviglie e leggende di Genova | 26 gennaio 2025, 08:00

Meraviglie e leggende di Genova - La sanguinosa rivolta al dominio dei Visconti e la tragica fine di Opizzino d’Alzate

Repressioni, malcontento e dominio straniero a cui si aggiunse la clamorosa scelta di liberare un importante prigioniero come Alfonso V d’Aragona fecero scoppiare un violento tumulto che costò la vita a Opizzino. Oggi una targa in via San Siro ne ricorda la storia

Chissà quante volte, passando per salita San Siro, è capitato di guardare distrattamente una piccola lapide che oggi appare poco più di un pezzetto di marmo di minimo valore.

Eppure, quella targa racconta di un periodo difficile per la storia di Genova e di una sanguinosa rivolta che costò la vita a Opizzino d’Alzate, l’allora governatore di Genova per conto del Duca di Milano Filippo Maria Visconti.

Opizzino d’Alzate Tiranno, per impeto di popolo, qui perdeva lo stato e la vita. 1436”.

Poche chiare parole che riassumono l’evento drammatico e significativo per la storia della città e che lo tramandano ai posteri.

Alla prima metà del Quattrocento, tensioni politiche e continue lotte spinsero la città a cercare riparo sotto il dominio dei Visconti.

Opizzino d’Alzate, nel 1434, venne nominato Governatore della città improntando un’amministrazione in cui il metodo repressivo era l’unico applicato mentre le tasche del governatore si gonfiavano a spese della città.

Tuttavia, il suo destino non fu determinato solo dalle sue violente azioni: la miccia della rivolta fu accesa da un episodio ben più grande, che coinvolse la città nella guerra per la successione al trono di Napoli.

Nel 1435, Genova si trovò coinvolta nel conflitto tra Renato d’Angiò e Alfonso V d’Aragona per il trono di Napoli. Fedeli a Renato, i genovesi inviarono due navi al comando di Francesco Spinola per supportare il re, asserragliato a Gaeta.

Ad agosto, nei pressi dell’isola di Ponza, i genovesi riportarono una clamorosa vittoria, catturando Alfonso V e alcuni dei suoi cortigiani. La città pregustava il prestigio e i vantaggi economici che sarebbero derivati da un riscatto regale. Ma l’euforia durò poco.

Filippo Maria Visconti, signore di Genova, tradì la città: alleandosi segretamente con Alfonso V, impose la liberazione del re e il suo accompagnamento in Spagna, scortato a spese dei genovesi. Questo voltafaccia inflisse a Genova una duplice ferita: morale, per l’umiliazione subita, ed economica, per la perdita del riscatto.

La rabbia accumulata nei confronti del dominio visconteo raggiunse il culmine il 15 gennaio 1436. Quel giorno era previsto l’avvicendamento di Opizzino d’Alzate con il nuovo Governatore, Erasmo Trivulzio.

Opizzino uscì dalla sua residenza, vicino alla cattedrale di San Lorenzo, in un corteo solenne per dirigersi verso la Porta di San Tommaso, dove avrebbe accolto il successore. Ma quando il corteo giunse nei pressi di Fossatello, esplose la rivolta.

Quella che sembrava una ribellione improvvisa era in realtà una trappola orchestrata con cura: il popolo, esasperato dalle angherie di Opizzino e dal tradimento del Visconti, si scagliò contro il Governatore.

Opizzino tentò disperatamente di fuggire verso il Castelletto, ma giunto in via San Siro fu disarcionato dal cavallo e rovinò a terra. Qui incontrò la sua fine: la folla lo aggredì e lo fece letteralmente a pezzi.

L’epilogo di Opizzino d’Alzate segnò la fine del dominio dei Visconti su Genova, che tornò a proclamarsi indipendente. La lapide che oggi si trova in via San Siro, a circa tre metri di altezza, è un muto testimone di quell’evento drammatico.

Quel piccolo pezzetto di marmo racconta anche la volontà della città di ribellarsi ritrovando un’unità perduta per salvaguardare la propria identità tramutando il malcontento in fatti concreti.

Una pagina di storia a portata di mano, o meglio, a portata di sguardo.


 

Isabella Rizzitano

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