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Attualità | 22 gennaio 2025, 08:00

I mestieri di una volta - 'Debra', l'atelier sestrese dove l'arte del cucire è creatività e passione

Giovane attività della delegazione ponentina, oggi porta avanti una filosofia ben precisa: creare abiti sartoriali adatti alle esigenze di tutti. La proprietaria Debora Cinti: "La mia idea è di tornare a rivalutare i nostri vestiti, mettendoci del nostro e dando sfogo alla fantasia. Insegniamo ai nostri figli la bellezza della manualità e del creare un qualcosa fatto con le proprie mani"

Prosegue questo mercoledì ‘I mestieri di una volta’, un ciclo di servizi de ‘La Voce di Genova’ dedicato a chi ancora svolge quei mestieri antichi, con il medesimo impegno e la medesima passione. Ogni settimana vi racconteremo storie di ingegno, di orgogliosa resistenza, di rinascita, di ritorni alla moda: storie fatte di mani sapienti, di teste pensanti, di tantissimo amore e attaccamento alle proprie radici. Buona lettura!

Rammendare gli abiti è un lavoro che, probabilmente, tante volte ognuno di noi lo associa a tempi passati: tempi in cui le nostre nonne erano sempre pronte, rigorosamente con ago e filo in mano, a mettere una 'toppa' sui nostri vestiti. 

Tuttavia, seppur come passatempo o meno, parliamo di un mestiere, quello della sartoria, che una volta era molto presente tra le vie della città; un mestiere che, come altri, è una vera e propria forma d'arte.

Ogni abito, infatti, è un unicum, una creazione fatta su misura per la persona e che parte da un modello in mente, per poi concretizzarsi grazie alle sapienti mani di queste persone che, ancora oggi, portano avanti una tradizione fatta in primis di creatività e fantasia

'In quel dì Sestri Ponente', precisamente in via Vado, si nasconde una piccola bottega, nella quale questa arte vive ancora: parliamo di 'Debra', una giovane attività presente nel quartiere, avviata precisamente l'8 ottobre 2022, dove la proprietaria Debora Cinti realizza capi unici e inimitabili, nei quali trasmette tutta la sua fantasia e la sua passione per questo 'antico mestiere', che lei definisce una vera e propria "forma artistica".

"Io sono una creativa per passione - afferma Cinti - Tutto quanto è partito da un'esigenza personale: non trovavo capi in grado di soddisfarmi e, talvolta, i costi erano eccessivi per la qualità del prodotto reale. Non vedevo nulla di innovativo e quello innovativo era irraggiungibile. Così, ho iniziato dalle piccole cose, comprando tessuti e mettendo man mano insieme tutti i pezzi. Per me tutto quanto è partito davvero per pura casualità e senza nessun tipo di base professionale".

Una passione che scorre nelle vene della proprietaria e che, nel 2022, da 'semplice' impegno sporadico qua e là, si concretizza in un vero e proprio atelier a tempo pieno, dove nulla è inventato ma tutto guarda al passato, dove anche dagli errori nascono delle creazioni uniche e meravigliose: "Io prima facevo la cuoca: anche qui, ovviamente, serviva una buona base di creatività - afferma Cinti - Anche assembleare un piatto o una pietanza non era semplice. ll tutto non era inventato: esistono delle basi che si acquisiscono per studi o passione. Tante cose sono nate dall'inventiva, tante altre per errore: io, sbagliando, ho creato cose eccellenti. A me non piace definirmi sarta, personalmente odio le omologazioni; piuttosto, preferisco definirmi 'creativa'". 

"Avevo cinquantadue anni quando ho fatto questo salto nel vuoto - prosegue l'artista - Avevo idea di come sarebbe andata? Assolutamente no. Ammetto che, però, qualche precedente esperienza l'avevo perché con delle amiche collaboravo ma non cucivo mai da sola. Così, ad un certo punto, ho deciso di buttarmi. Devo dire che, oggettivamente, è dura perché in primis bisogna farsi conoscere e non è assolutamente facile, infatti ho dovuto obbligatoriamente appoggiarmi ai social e così tante mie attuali clienti mi hanno conosciuto intravedendo le foto delle mie realizzazioni. Quando entrano e sono nuove, mi dicono 'non trovo niente per me' ed io subito faccio vedere come i miei pantaloni che indosso sono versatili e si possono allargare o stringere in base al proprio fisico. Quando mi dicono 'mi piacerebbe quell'abito', io dico onestamente se sta male e piuttosto chiedo se posso apportare delle modifiche. A quel punto, escono con il sorriso ed è così che io faccio centro. Per me, sono meravigliose le persone che si sentono a proprio agio in un abito: questo è quello che cerco di valorizzare sempre". 

Un capo, un unicum: tutte quelle che sono le creazioni di Debora Cinti sono uniche e inimitabili, e non possono essere riprodotte in modo seriale. A tal proposito, la proprietaria afferma fin da subito che non ne farà "mai due uguali", chiarendo che "posso fare un modello simile, certo, ma con tessuti diversi". "A volte mi dicono 'mi piace quel modello, me lo fa con quella stoffa' ed io rispondo che non è possibile farlo - prosegue -. Forse perché non ho le competenze, forse perché non mi piace vederlo realizzato con quel tipo di stoffa. A me la stoffa parla, mi dice delle cose e ho bisogno di toccarla. Poi, realizzo quello che la stoffa mi dice. Se l'abito indossato dalla persona sta bene ed esce soddisfatta, io sono felice".

Nessun disegno, nessun canovaccio, ma un'idea e tante prove. Proprio così realizza i suoi abiti l'artista: "Io mi immagino il modello e vado di tentativi fino a quando non sono convinta per poi realizzarlo - racconta - A volte uso un tessuto non nobile per fare le prove e vedere come viene. Poi, lo provo, lo testo, lo lavo e lo uso perfino io. Se la resa finale è come dico io, allora lo produco e lo vendo. Se non mi piace, non lo faccio nemmeno. Io non venderei mai un prodotto che non metterei: io prima devo provare. Se garantisco la qualità dei miei tessuti è perché so cosa offro. Alla fine, l'importante è che piaccia alla persona". 

Gli abiti realizzati non devono essere usati, secondo la filosofia di Cinti, solo per una volta: "Io non posso pensare che l'abito sia utilizzato solo per una determinata occasione - prosegue - Tu, persona, quell'abito devi usarlo tutti i giorni. Alla fin fine, di un capo ne ottieni più usi. Ad esempio, io ho una minigonna in negozio che può essere usata come top. Io inizio a mostrare come si può sistemare sul corpo e il corpo prende forma sul vestito". 

Le richieste sono state e sono tante, talvolta anche particolari: "Eccome, ce ne sono state diverse - afferma sorridendo Cinti - Quella che però mi ha fatto sorridere in particolare, perché tanto lontana da me, è di una signora che mi ha chiesto un vestito un po' spinto. Ricordo che le ho chiesto che cosa intendesse e, in poche parole, voleva un abito decisamente succinto. Alla fin fine, l'ho portata sulla mia via e le ho dato un tubino semplicissimo nero con diverse applicazioni. Devo dire che ne è rimasta contenta e mi ha detto 'mi sento una principessa'". 

Non tutti, però, proprio come Cinti, sono nati sarti: "Gianfranco Ferré era un architetto e di moda inizialmente non ne sapeva nulla, poi ha creato le camicie più belle del pianeta - racconta - Saint Laurent era un 'sartino' ma grazie alla sua capacità visionaria è stato in grado di creare abiti straordinari. La maggior parte dei creativi all'inizio non hanno mai preso un ago e filo in mano"

L'artista lancia un chiaro messaggio, rivolto a tutte quelle persone che, talvolta, buttano via tanti abiti senza dar loro l'occasione di poter 'riprendere forma e vita': "Non dobbiamo finire nell'omologazione e ognuno di noi è bello per com'è fatto. Torniamo a rivalutare quello che abbiamo. Ad esempio, abbiamo una vecchia giacca? Mettiamoci mano e diamo libero sfogo alla nostra fantasia, recuperiamo e non buttiamo via niente. Cerchiamo di tornare alla manualità, all'artigianalità e trasmettiamo tutti questi valori ai nostri figli. Questa società del consumismo, che produce talvolta utilizzando plastica, e che quindi inquina, non valorizzano nemmeno la persona". 

Federico Antonopulo

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